Brexit. Juncker congela May sul backstop. Ma la premier non ha altra via che trattare

di Elisabetta Corsi –

Un’altra doccia fredda per la premier britannica Theresa May dopo che il capo della Commissione, Jean-Claude Juncher, ha respinto l’ipotesi di nuove trattative, che a questo punto sarebbero frenetiche visto il poco tempo che rimane per il divorzio effettivo di Londra dall’Ue. Juncker ha infatti comunicato che “L’accordo di revoca rimane il migliore e il solo accordo possibile, l’Unione Europea lo ha annunciato a novembre, lo abbiamo ripetuto a dicembre e l’accordo di ritiro non sarà rinegoziato”.
Idem il capo negoziatore europeo Michel Barnier, il quale ha rimarcato he “Francamente nessuno da entrambe le parti è in grado di dire con precisione, in modo chiaro, quale sarebbe la natura di questi accordi alternativi, se sarebbero realizzabili ed effettivamente raggiungere gli obiettivi del backstop”.
Tutto ruota, insomma, su quel confine nord-irlandese che May vorrebbe tutelare con garanzie di sicurezza, il backstop appunto, uno scoglio tutt’altro che insormontabile soprattutto per le pressioni contrarie interne. Il tema che rimane caldo, rovente, se si pensa che da un lato la partecipazione dell’Irlanda e della Gran Bretagna al contesto unitario europeo ha sopito il conflitto dell’Ulster, dall’altro l’idea presentata da May di un confine “senza infrastrutture di frontiera fisiche né posti di frontiera” rappresenterebbe una valvola attraverso la quale passerebbero persone (già oggi 30mila al giorno) e merci senza controlli e quindi senza dazi: che senso avrebbe la Brexit nel momento in cui agli esportatori diretti da e all’Ue basterebbe recarsi in Irlanda per portare le merci in e dalla Gran Bretagna?
Per May tuttavia è necessario insistere per trovare un accordo e l’unica via rimane quella di ripresentarsi a Bruxelles per rinegoziare il piano, compreso quel backstop che la maggior parte del parlamento vorrebbe eliminare per poi ritornare alla Camera dei Comuni, il più presto possibile, con il piano riformato per la votazione definitiva. Questa decisione parte anche da uno dei due emendamenti approvati, quello di Sir Graham Brady, che ha conferito più potere alla May per tornare a Bruxelles e chiedere maggiori concessioni. L’emendamento prevede di creare una soluzione alternativa al controverso backstop e quindi cancellare la misura.
Nel frattempo in parlamento sono stati discussi sette emendamenti per tentare di cambiare rotta al processo di uscita dall’Unione Europea, scongiurando un non piano, la cosa più temuta è oggi tutt’altro che improbabile, ma sono stati tutti rigettati a parte due, e in ogni singola votazione ha vinto il governo. Il primo proposto dai laburisti nella persona del leader Jeremy Corbyn, cioè un’idea per scongiurare un’uscita senza accordo. L’idea era quella di dar vita ad un’unione doganale con l’Unione Europea dopo l’uscita dalla stessa con la possibilità per il Regno Unito di dire la sua riguardo ogni trattato, in poche parole creare una sorta di mercato unico.
L’emendamento di Ian Blackford, leader del Partito Nazionale Scozzese, consisteva in una proroga dei tempi dell’articolo 50 del Trattato di Lisbona. Un’ emendamento simile è stato presentato da Rachel Reeves, laburista, che prevedeva l’estensione dell’articolo 50 in caso di approvazione di un’uscita senza accordo ai Comuni. Sì, perché per May è ora una corsa contro il tempo: l’uscita ufficiale sarà il 29 marzo.
L’emendamento del conservatore Dominic Grieve dava la possibilità di discutere nell’arco di sei giorni su diverse alternative prima di marzo, ad esempio un secondo referendum, un non accordo oppure una relazione con l’Unione Europea su modello norvegese.
L’emendamento di Yvette Cooper prevedeva la possibilità di prolungare l’uscita dall’Unione Europea fino a dicembre per permettere alla May di stilare un piano adeguato nel momento in cui non vi sia un accordo euro il 26 febbraio.
Il secondo emendamento approvato dopo quello di Brady è quello di Caroline Spelman, in cui si afferma semplicemente che il Regno Unito non può uscire dall’Ue senza un accordo e senza la dichiarazione per una futura relazione.
La premier Theresa May ha confermato l’impegno per ottenere garanzie e ha ribadito che Londra vuole assicurare che il confine tra Irlanda e Irlanda del Nord rimanga senza barriere. Questo per ribadire che non è sufficiente opporsi ad un “no deal”, bensì è necessario trovare un accordo. Ha quindi rilanciato l’invito a Jeremy Corbyn ad insistere con la discussione della questione.