Brexit. Una trentina di giovani, anche italiani, fermati e messi nei centri per migranti in attesa di espulsione

di Elisabetta Corsi

Man mano che passano le settimane e nonostante l’accordo entrato in vigore il 1 gennaio la Brexit, voluta dai cittadini britannici nel giungo 2016, si sta traducendo in continue tensioni con l’Unione Europea destinate con tutta probabilità a peggiorare.
Con il caso delle navi da guerra di Francia e Gran Bretagna schierate nella bagarre dei pescherecci, è di oggi la notizia di una trentina di cittadini comunitari trattenuti nei pochi mesi del 2021 nei centri per immigrati per poi essere rimpatriati. Tra loro italiani, greci, tedeschi, rumeni e bulgari. Quest’ultimo fatto, denunciato da Politico.eu, ha interessato giovani che si erano recati in Gran Bretagna per lavorare come camerieri e ragazze alla pari, ma una volta giunti nel Regno Unito sono stati fermato e condotti nei centri per l’immigrazione, trattenuti anche una settimana.
Alla base del fermo e del respingimento vi è il quadro legislativo britannico, che permette l’entrata per motivi di lavoro solo per coloro che già lavoravano e risiedevano in Gran Bretagna (“EU Settlement Scheme”, revocabile se sussistono dubbi circa l’intenzione reale dell’interessato di lavorare), oppure per turismo, fino ad un massimo di 90 giorni.
Le rappresentanze diplomatiche sono ora impegnate per fornire assistenza legale ai clandestini europei, italiani compresi, mentre il ministero dell’Interno britannico non ha ancora fornito dati ufficiali.
Alta tensione invece in questi giorni al porto di St Helier, sull’isola di Jersey nel canale della Manica, al momento rientrata dolo i contatti fra le autorità europee e quelle britanniche: quello sulla pesca era, insieme alla questione delle frontiere nord irlandesi uno degli scogli dati per appianati con la conclusione dell’accordo sulla Brexit, ma a quanto pare non del tutto. I pescatori francesi hanno protestato con 60 navi per i loro diritti post-Brexit. A presidiare la situazione due navi da guerra inviate da Macron e due della marina britannica dal premier Boris Johnson. Per il Regno Unito la Hms Severn, utilizzata per seguire le navi da guerra russe al largo della costa inglese, e la Hms Tamar, mentre la prefettura francese ha inviato due navi di pattuglia in servizio pubblico per garantire la sicurezza. E’ stato specificato comunque che le navi francesi non erano state inviate nel quadro di missione militare.
I pescatori hanno contestato l’ingiusta limitazione dei loro diritti dalle licenze rilasciate dall’isola secondo un nuovo sistema. In base agli accordi siglati tra Regno Unito e Unione Europea viene oggi richiesto alle navi da pesca francesi di mostrare un documento che attesti di aver già pescato in passato nelle acque di Jersey. Ma altri requisiti sono stati aggiunti da Londra senza preavviso, secondo le autorità francesi non comunicate all’Unione Europea e quindi nulle. Inoltre i pescatori francesi si sono trovati in seria difficoltà a ottenere le licenze.
La Francia ha anche minacciato di tagliare l’elettricità a Jersey, la più grande isola del canale e dipendenza della corona britannica, situata a 22 km al largo della Francia. Non è parte del Regno Unito ma è difesa e rappresentata a livello internazionale dal Regno Unito.
A tal proposito il senatore Ian Gorst, ministro per le Relazioni esterne con Jersey, ha dichiarato che “E’ veramente importate poter lavorare con quei pescatori per aiutarli a fornire le prove necessarie in modo che, se richiesto, le loro licenze possono essere modificate, ed è importante risolvere la questione continuando a parlare attraverso la diplomazia”. Dall’Eliseo invece è stato detto che “vogliamo poter tornare a negoziare, che possiamo ottenere le licenze di pesca previste dall’accordo”.
I pescherecci francesi in protesta si sono ritirati anche se con un nulla di fatto, e al momento la questione rimane in sospeso. Il portavoce della Commissione europea ha dichiarato che le condizioni aggiuntive richieste dalla Gran Bretagna rappresentano una violazione del trattato commerciale post Brexit.
In Irlanda del Nord, specialmente a Belfast, si susseguono gli scontri tra gruppi di giovani unionisti e nazionalisti, e poi di tutti contro la polizia. Si tratta di un possibile preludio alla ripresa dell’annoso conflitto anestetizzato per 23 anni con la partecipazione di Irlanda e Regno Unito all’Unione Europea, ma gli unionisti temono oggi che quel confine immateriale tra l’isola d’Irlanda e il Regno Unito, stabilito nell’accordo per evitare la libera circolazione delle merci (il “Backstop”), possa un giorno diventare fisico.