BULGARIA. Strage Burgas, attribuzione a Hezbollah imbarazza Ue

TMNews, 6 feb 13 –

E’ davvero una patata bollente per la Bulgaria, ma anche per l’Unione europea (Ue), di cui la Bulgaria è parte. L’attribuzione a Hezbollah dell’attentato kamikaze del 18 luglio a Burgas, in cui morirono cinque turisti israeliani e un autista locale, pone problemi seri perché, mentre Israele e Stati uniti considerano il movimento sciita libanese un’organizzazione terroristica, diversi Paesi della comunità lo considerano un interlocutore e l’Ue non l’ha mai inserito nella sua “blacklist”. Dopo che ieri il ministro dell’Interno bulgaro Tsvetan Tsvetanov ha parlato di un coinvolgimento come finanziatore dell’attentato di Hezbollah, la reazione immediata del primo ministro israeliano Benyamin Netanyahu è stata quella di tirare in ballo l’Ue: “L’attacco di Burgas è stato un attacco sul suolo europeo contro uno Stato membro dell’Unione europea. Speriamo che gli europei vogliano tirare le dovute conclusioni”, ha dichiarato. E, a ruota, gli Usa hanno espresso, attraverso il nuovo segretario di Stato John Kerry, i complimenti per “l’inchiesta completa e professionale”. Il capo della diplomazia americana ha invitato i governi nel mondo, “e in particolare i nostri partner in Europa”, a mettere in campo le strategie per colpire Hezbollah. Sofia, in realtà, ci è andata coi piedi di piombo. Da tempo sono emerse indiscrezioni sul fatto che l’inchiesta sull’attentato portava al movimento libanese, che Israele e Washington avevano additato dal primo momento come responsabile. Ma il governo aveva buttato acqua sul fuoco. In realtà anche ieri la dichiarazione di Tsvetanov non manca di vaghezza. “Prima di tutto è essenziale sottolineare che non c’è una posizione ufficiale della presidenza bulgara, che è l’istituzione ufficiale della Repubblica di Bulgaria su questo tema”, ha commentato l’esperto bulgaro di Medio Oriente Vladimir Chukov all’agenzia di stampa Novinite. In secondo luogo, Tsvetanov nella sua dichiarazione di ieri ha parlato di una responsabilità dell'”ala militare di Hezbollah”, non di Hezbollah nel suo complesso.
Estrema prudenza da Ashton, ma anche Sofia resta vaga Roma, 6 feb. (TMNews) – Non sono questioni di lana caprina, ma precise indicazioni del fatto che Sofia si muove su un terreno scivolosissimo. Hezbollah è il movimento più forte nella maggioranza di governo libanese e una sua criminalizzazione rischia di essere destabilizzante. Ieri il primo ministro di Beirut Najib Mikati ha promesso “cooperazione”. Bruxelles è chiaramente in imbarazzo. L’alto rappresentante per la politica estera della Commissione europea Catherine Ashton ha affermato ieri che “le implicazioni dell’inchiesta devono essere valutate seriamente dal momento che si parla di un attentato terroristico nel territorio Ue, che ha portato all’uccisione e al ferimento di civili innocenti”. Nella sua dichiarazione, Hezbollah non è esplicitamente citato. Una dichiarazione che chiaramente sconta le incertezze sul tema in sede europea. L’Olanda è l’unico Paese dell’Ue oggi che considera, senza se e senza ma, Hezbollah come un gruppo terroristico. La Gran Bretagna, inoltre, ha preso a fare pressione perché anche l’Ue imprima sul movimento sciita il marchio del terrorismo. All’estremo opposto la Francia e Cipro, che chiedono prove tangibili. In mezzo tutti gli altri.
Tra questi anche la stessa Bulgaria. “Per sei mesi non abbiamo detto nulla, ma ora abbiamo prove fortissime che coloro che hanno programmato e realizzato l’attentato sono dell’ala militare di Hezbollah”, ha detto ad al Arabiya il ministro degli Esteri Nikolay Mladenov, ripetendo la stessa formula – “ala militare di Hezbollah” – di Tsvatenov. “Noi – ha continuato – informeremo i nostri colleghi nell’Ue e discuteremo quale debba essere la posizione da prendere per essere certi che non accada ancora”. E, ancora, Mladenov ha affermato che la designazione di Hezbollah come gruppo terroristico è stata sul tavolo Ue per un po’, ma Sofia non assumerà sul tema una posizione ufficiale finché non avrà mostrato prove tangibili. Sono distinzioni sottili che permettono ancora un margine di discussione in sede Ue, mentre dal punto di vista di Israele e degli Stati uniti la posizione di Sofia viene letta come una precisa dichiarazione di responsabilità nei confronti del movimento guidato da Hassan Nasrallah. E, indirettamente, dell’Iran, che è considerato dietro al movimento libanese. Per inciso, anche Teheran ha negato ogni coinvolgimento. Mladenov, dal canto suo, ha dovuto smentire l’accusa, arrivata da più parti al governo di Sofia, di aver ceduto alle pressioni israelo-americane. “Nessuno ha mai esercitato alcuna pressione sulla Bulgaria perché tirasse fuori i risultati dell’inchiesta. Noi dovremmo avere un maggiore rispetto per il nostro Paese e per le istituzioni riguardo al loro processo decisionale. Noi abbiamo una responsabilità condivisa con i nostri alleati”, ha detto il ministro. “D’altronde – ha continuato – mantenere il silenzio sulla verità non ci farà più forti, ma più deboli”.