Cile. Il governo Piñera intensifica il contrasto all’illegalità lungo i suoi confini

di Alberto Galvi –

Il governo del presidente cileno Sebastián Piñera ha firmato nei giorni scorsi un decreto che consente alle Forze Armate di collaborare con la polizia. Questo accordo tra militari e poliziotti verrà effettuato nei seguenti termini: sorveglianza, logistica, trasporti, tecnologia, in supporto alle indagini dei Carabineros, dei doganieri e della polizia civile nella lotta contro il traffico di droga soprattutto nella zona settentrionale del confine, che collega la regione di Tarapacá con il Perù e la Bolivia, attraverso il deserto di Atacama.
Il Cile ha innumerevoli valichi di frontiera che si collegano con il Perù, la Bolivia e l’Argentina, insieme ad altre città costiere come Iquique, Antofagasta e Mejillones dove i narcotrafficanti importano droga. In 17 anni il governo cileno ha erogato circa 200 miliardi di dollari in interventi dediti a combattere il narcotraffico ma senza ottenere risultati apprezzabili.
Il ministro della Difesa, Alberto Espina, sarà incaricato di dirigere e controllare il supporto militare, insieme al comandante in capo dell’esercito, Ricardo Martinez, attraverso il rafforzamento di squadre specializzate di Carabineros e di PDI (Policía de Investigaciones) in 33 quartieri di cui 11 situati nella regione metropolitana di Santiago e 22 situate in differenti città del paese come Antofagasta, Copiapó, Valparaiso, Rancagua, Talca e Concepción con una forte presenza di bande di narcotrafficanti locali come i Los Cochinos, Los Gálvez, Los Cara de Pelota e i Los Come Perro.
A rafforzare i valichi di frontiera con personale militare se ne occuperà invece il ministro degli Interni Andrés Chadwick. Negli ultimi 6 anni il paese sudamericano ha occupato uno spazio strategico importante nelle rotte del traffico di sostanze stupefacenti verso gli Stati Uniti, l’Australia, i Paesi Bassi, la Spagna, il Canada, la Giordania e Cipro, in quanto viene sfruttata dai narcotrafficanti la buona reputazione del Cile nel commercio internazionale.
Lungo la frontiera tra Cile Bolivia e Perù si commettono altri reati come il contrabbando di biciclette, auto, roulotte, telefonini e vestiti. Tre gruppi di contrabbandieri originari di La Paz, Oruro e Potosino, operano al confine con il Cile. La merce viene introdotta illegalmente nella zona nord del paese dalla zona franca di Iquique. Anche il traffico internazionale di armi per mano dei narcos fa arrivare nel paese sudamericano fucili d’assalto, mirini laser, fucili mitragliatori e scudi antibalistici.
Lo scorso anno l’agenzia statunitense DEA (Drug Enforcement Administration) ha informato la polizia cilena, che il paese non è più soltanto adibito al passaggio delle sostanze stupefacenti. Nel paese sudamericano c’è la possibilità di reperire i precursori chimici come il permanganato di potassio e l’acetone necessari alla lavorazione della coca e di altre sostanze stupefacenti sintetiche, per questa ragione bande di narcotrafficanti provenienti soprattutto dalla Colombia hanno aperto i loro laboratori per la raffinazione della droga in Cile.
La rotta della droga dalla Colombia verso il Cile è iniziata grazie ad una forte migrazione soprattutto dalla Valle del Cauca verso alcune città cilene. L’aumento negli ultimi 2 anni del traffico di droga in Cile proveniente dalla Colombia è dovuto al processo di pacificazione delle FARC-EP (Fuerzas Armadas Revolucionarias de Colombia – Ejército del Pueblo) con il proprio Governo. Secondo l’agenzia UNODC (United Nations Office on Drugs and Crime) la Colombia nel 2018 ha prodotto un terzo di droga in più rispetto al 2017 in quanto c’è stata una escalation di violenza tra bande rivali per il controllo del mercato degli stupefacenti.
Il decreto Piñera è stato messo in discussione a causa delle sue implicazioni proprio sulla questione dell’immigrazione. Un’ondata di migranti ha alimentato l’ingresso illegale nel territorio cileno provenienti da paesi come il Venezuela, la Colombia, Haiti e la Repubblica Dominicana. Piñera, tuttavia, ha sottolineato che le Forze Armate non avranno poteri nel controllo dell’immigrazione. Per i migranti i pericoli non vengono solo dai controlli alla frontiera. Lungo il confine ci sono mine antiuomo disseminate nel terreno ancora funzionanti dai tempi della dittatura di Augusto Pinochet.
Inoltre ci sono stati gruppi di migranti venezuelani che nelle ultime settimane sono voluti entrare in Cile attraverso il confine settentrionale, ma sono stati bloccati per non aver soddisfatto i nuovi requisiti imposti dalle autorità cilene. A questo proposito il governo cileno ha stabilito il requisito di un visto turistico consolare per i migranti venezuelani che entrano nel paese sul confine settentrionale. Questo stesso visto turistico è stato istituito lo scorso anno per gli haitiani, che sono immigrati verso il paese sudamericano.
La soluzione di coinvolgere le Forze Armate per combattere il narcotraffico decisa dal governo Piñera non credo sarà molto efficace visto l’escalation di violenze che questo ha portato in altri paesi come è successo in Messico. Una delle soluzioni potrebbe essere un maggior utilizzo dei servizi di intelligence per affrontare il problema con operazioni mirate che decapitino i vertici delle organizzazioni criminali, piuttosto che vaste operazioni di contrasto al narcotraffico che porterebbero solo ad ulteriori vittime tra la popolazione civile.