di Marco Pugliese –
La Turchia invase Cipro sabato 20 luglio 1974. Truppe di terra possentemente armate sbarcarono rapidamente poco sotto sulla costa settentrionale cipriota, incontrando una certa resistenza da parte delle truppe greche e greco-cipriote. Ankara invocò il suo presunto diritto d’intervento, in base al Trattato di garanzia, per proteggere la comunità turco-cipriota e garantire l’indipendenza di Cipro, una posizione contestata da Atene.
L’operazione portò alla divisione amministrativa dell’isola, ma da quel momento fu assai complesso sedersi ai tavoli e trattare un qualsiasi tipo d’accordo equilibrato. L’isola di Cipro divenne una sorta di pomo della discordia tra Turchia e Grecia, ma non solo.
Dopo la Brexit la Gran Bretagna intende agire in solitudine su svariati scenari geopolitici, Cipro uno di questi, e la premier britannica Theresa May si è sentita al telefono con il collega turco Recep Tayyp Erdogan per discutere di Siria, Somalia e cooperazione economica bilaterale, ma anche di Cipro.
A conclusione del colloquio May ha fatto sapere che “Esiste la possibilità di arrivare ad un accordo storico su Cipro, ma occorrono passi audaci”.
La premier britannica è stata poi aggiornata da Erdogan sui colloqui intrasiriani di Astana e sul contributo di Ankara alla risoluzione della crisi in Somalia.
Appare così evidente che Londra consideri la Somalia e Cipro come realtà in cui intende porsi come “stazione d’equilibrio”, libera di muoversi senza più i vincoli dell’Ue.
Un eventuale accordo su Cipro rappresenterebbe un segnale fortissimo in termini di peso specifico internazionale per il Regno Unito, strategicamente interessato a misurare la propria forza diplomatica in diversi ambiti, prima preclusi per l’appartenenza all’Ue.
La Somalia invece rappresenta un teatro tutt’altro che secondario non solo per il perpetuarsi della crisi interna: la Turchia è diventata uno dei paesi che ha una propria base in Africa, per l’appunto in Somalia.