Corea del Sud. Il mercato immobiliare in mano ai “re” che scompaiono nel nulla

di Giorgio Buro

In Corea del Sud una parte fondamentale della costruzione identitaria individuale è legata al possesso di beni materiali. È una peculiarità che dipende in larga parte dalla rapida crescita economica, culturale e tecnologica che ha attraversato il Paese dopo la fine della crisi asiatica del 1997.
Per un giovane coreano la proprietà e l’ostentazione sono il lasciapassare per un futuro ai vertici della società, laddove il potere e la reputazione si basano sulla capacità di convertire gli oggetti in simboli.
Nel solco tracciato da questa particolare inclinazione riposano le abitazioni, che rappresentano lo strumento principale del processo creativo dello status symbol coreano.
In questo Paese infatti il legame culturale con il “mattone” si manifesta nelle modalità attraverso cui un giovane cittadino può disporre di un immobile. Oltre ai tradizionali contratti di acquisto o di affitto con canone mensile, infatti, qui esiste anche una terza opzione: il “Jeonse”.
Traducibile come “deposito chiave”, il “Jeonse” è un sistema ibrido di accesso al mercato immobiliare. Sebbene alcuni studi collochino l’origine di questa pratica già nel Diciannovesimo secolo, il “Jeonse” diventa popolare negli anni Sessanta, quando fa il suo primo ingresso ufficiale nell’universo legislativo del Paese.
In termini pratici, il sistema funziona così: anziché pagare un canone mensile, l’affittuario deposita una grossa somma (di solito fra il 50 e l’80 per cento del valore di mercato della proprietà) a beneficio del proprietario dello stabile, dopodiché si insedia per l’intera durata dell’affitto senza più alcun esborso. Quando il contratto di affitto scade (in genere dopo due anni), il proprietario restituisce l’intero deposito; di fatto l’affittuario, invece di pagare una mensilmente una rata, ha elargito al proprietario un prestito senza interessi.
Sulla carta il “Jeonse” conviene a tutti: gli affittuari, frequentemente giovani e ambiziosi, effettuano il deposito avvalendosi di un prestito bancario, e nei due anni di affitto senza spese possono concentrarsi sulla propria carriera senza rinunciare al sogno di una casa; dall’altra parte i proprietari ottengono a titolo gratuito consistenti somme di denaro che possono reinvestire immediatamente in altri edifici.
La garanzia di funzionamento del sistema si basa sull’assunto che il valore degli immobili tenda a crescere costantemente. Qualora non accadesse, il valore dei depositi scenderebbe, e di conseguenza i proprietari si ritroverebbero sovraesposti, con il rischio di non essere in grado di ripagare tutti gli inquilini alla scadenza del contratto.
Per molti anni l’assunto è stato rispettato: il mercato immobiliare si è mosso verso l’alto, raggiungendo il suo apice tra il 2020 e il 2021, quando le misure adottate per assorbire lo shock della pandemia hanno creato condizioni favorevoli per il “Jeonse”. Poi, tuttavia, l’ingranaggio si è fermato: le condizioni creditizie si sono fatte più restrittive, l’inflazione incalzante ha spinto il governo ad alzare i tassi di interesse e l’equilibrio tra domanda e offerta si è rotto. A proiettare il Paese in uno scenario potenzialmente disastroso, inoltre, si è aggiunto lo scandalo dei “Villa Kings”, i multiproprietari morti o fuggiti senza restituire i depositi ai propri coinquilini.
I prezzi degli immobili hanno iniziato una discesa durata tredici mesi e interrotta solo a luglio di quest’anno, quando il Korea Real Estate Board, l’agenzia pubblica che risponde al ministero del Territorio, delle infrastrutture e dei trasporti, ha comunicato la prima, lieve ripresa dell’indice che traccia il prezzo delle transazioni immobiliari.
Oggi, complice la fine del ciclo di rialzi dei tassi di interesse decisa dalla Banca di Corea (BOK), i prezzi degli appartamenti a Seoul mostrano timidi segnali di ripresa, ma il timore che il mercato immobiliare coreano si appoggi su un castello di carte è ancora concreto. Ora che il velo di Maya è stato squarciato, la stabilità della quarta economia asiatica si gioca anche sotto il profilo psicologico: il rischio è che un’ulteriore flessione getti nel panico i proprietari sovraesposti, innescando una reazione a catena che sarebbe virtualmente impossibile da fermare.