Depistaggi per la morte di Regeni. Ma al-Sisi assicura ‘ogni sforzo per togliere ogni ambiguità’

di Enrico Oliari –

regeni giulioDifficilmente, visti i rapporti commerciali specie nell’energia, la morte di Giulio Regeni comporterà il gelo delle relazioni diplomatiche fra l’Italia e l’Egitto.
La tragica uccisione – perché di questo si è trattato – del giovane studente friulano, collaboratore del Manifesto, getta tuttavia un’ulteriore ombra se non sull’intero Egitto, sulle autorità di polizia e di sicurezza su cui si fonda il governo dell’ex maresciallo Abdel Fatah al-Sisi.
Regeni, iscritto all’Università di Cambridge, dipartimento di studi politici internazionali, era specializzato in conflitti e processi di democratizzazione. Si trovava in Egitto per un dottorato di ricerca, ed è scomparso al Cairo la notte del 25 gennaio, quinto anniversario dei moti di piazza Tahrir, che hanno portato al governo dei Fratelli Musulmani poi rovesciato dai militari.
Il corpo del giovane italiano è stato ritrovato solo il 3 febbraio in un fosso situato lungo la strada che dalla capitale egiziana arriva ad Alessandria: riporta evidenti segni di tortura, tagli, bruciature di sigarette, ed era nudo dalla cintola in giù, forse un tentativo di depistaggio verso un’aggressione sessuale. Al momento il corpo si trova presso l’Ospedale italiano Umberto I del Cairo.
Ma sono i depistaggi ad infierire ancora come una lama rovente sul corpo del povero giovane, il quale nella sua ultima corrispondenza per il Manifesto aveva chiesto di pubblicare l’articolo con uno pseudonimo perché aveva paura: da subito il direttore dell’Amministrazione generale delle indagini di Giza, il generale Khaled Shalabi, aveva detto che “le indagini preliminari parlano di un incidente stradale”, ed aveva smentito che Regeni “sia stato raggiunto da colpi di arma da fuoco o sia stato accoltellato”.
I fatti, l’evidenza, hanno poi dimostrato il contrario. In una realtà, quella egiziana, dove non in pochi sono scomparsi allo stesso modo di Giulio Regeni dopo essere stati stati fermati e interrogato dagli apparati di sicurezza.
Quello che sta emergendo è che l’universitario era attenzionato dalla polizia egiziana in quanto frequentava attivisti ed aveva preso parte agli scioperi del 25 gennaio.
Gentiloni, che ha convocato l’ambasciatore egiziano Amr Mostafa Kamal Helmy, ha chiesto che “si persegua ogni sforzo per togliere le ambiguità” e che “si svelino tutte le circostanze” della morte di Giulio Regeni.
Il presidente egiziano al-Sisi ha chiamato il premier Matteo Renzi per fargli sapere di aver ordinato al ministero dell’Interno e alla Procura generale di “perseguire ogni sforzo per togliere ogni ambiguità” e “svelare tutte le circostanze”, garantendo che “le autorità egiziane attribuiscono un’estrema importanza”. Ha poi aggiunto che l’Italia “troverà una cooperazione costruttiva da parte delle autorità egiziane”.
Il pezzo per il Manifesto, “In Egitto, la seconda vita dei sindacati indipendenti”, è stato pubblicato oggi, nonostante il parere contrario dei famigliari.