Ebola. Quando ad essere endemica è la paura. E gli interessi

di C. Alessandro Mauceri –

ebolaOrmai non passa giorno senza che i media mettano in guardia contro i rischi connessi con una potenziale diffusione del virus Ebola. in Europa o persino in Italia.
In realtà in Africa di epidemie di Ebola negli ultimi quarant’anni ce ne sono state decine. E ogni volta queste epidemie sono state tenute sotto controllo. Sì perché una delle cose più terribili, ma, al tempo stesso, uno dei vantaggi di questo virus, è il fatto che il suo periodo di incubazione è abbastanza breve. Quindi è possibile adottare tecniche di prevenzione e di limitazione della diffusione dell’agente patogeno abbastanza efficaci. Un tempo, chiunque mostrasse sintomi dell’infezione veniva messo in quarantena. Nonostante non esistesse una cura o un vaccino per l’Ebola, queste semplici pratiche fino ad oggi hanno funzionato, limitando i rischi di contagio ad aree geografiche ben delimitate e ristrette.
L’epidemia che è in corso, invece, pare essere diversa da quelle degli anni scorsi. E per diversi motivi. Innanzitutto il fatto che gli abitanti dei Paesi colpiti (Guinea, Sierra Leone e Liberia) viaggiano molto di più e, quindi, hanno più contatti con altre persone di quanto non avveniva qualche anno fa. Inoltre, pare che si sta diffondendo il bush-meat, cioè l’utilizzo di carne ricavata da animali selvatici come antilopi o scimpanzé per l’alimentazione, fenomeno che è aumentato enormemente da quando compagnie occidentali e cinesi sono penetrate nella giungla per il disboscamento e la ricerca di minerali.
Ciò che sorprende è che negli ultimi anni le popolazioni locali pare siano diventate sempre meno propense a cooperare con il personale medico e gli operatori sanitari, poiché vi è la tendenza diffusa a credere che siano loro stessi a diffondere il virus. Ciò ha fatto sì che sia diventato più difficile identificare e isolare i nuovi casi e quindi impedire o almeno arginare il contagio.
Alcuni hanno detto che la responsabilità del contagio sarebbe dovuta ai minori fondi a disposizione dei governi locali e delle istituzioni internazionali, ma forse la causa della diffusione potrebbe non essere questa.
Ma perché si teme tanto l’Ebola? Altre epidemie, come quelle dell’HIV (il virus che causa l’AIDS comporta un milione e 600mila morti all’anno), della malaria (800.000 morti ogni anno) e della tubercolosi provocano un numero di morti ben maggiore, eppure i giornali non ne parlano quasi mai. L’OMS ha già comunicato di non disporre di “risorse” per fermare l’epidemia da sola e ha invitato Stati Uniti, Canada, Germania, Gran Bretagna, Francia, Italia e Giappone ad inviare esperti epidemiologi e attrezzature mediche per fronteggiare la diffusione dell’epidemia. Centinaia di medici ed esperti in più saranno necessari per attrezzare i centri di cura e per aiutare le persone a capire come ostacolare la diffusione del virus.
Forse, però, la grande attenzione che sta attirando questo virus è dovuta alla sua origine. Sebbene l’Ebola si sia diffuso quasi esclusivamente in Africa, in realtà, alcuni ceppi del virus sono stati brevettati e sviluppati negli Stati Uniti d’America. “Invenzioni” di enti governativi statunitensi, come il CDC Centers for Disease Control (Centro per il controllo delle malattie) che ha registrato il brevetto di un ceppo di Ebola, l’”EboBun” (brevetto Nr. CA2741523A1). Il riassunto della scheda del brevetto parla di un’invenzione “che riguarda i virus dell’Ebola umano isolato (hEbola )” e prosegue: “L’attuale invenzione si basa sull’aver isolato ed identificato una nuova specie di virus Ebola umano, l’ EboBun. L’ EboBun è stato isolato sui pazienti affetti da febbre emorragica in una recente epidemia in Uganda.”
Ma se il virus era già presente da tempo in Africa come mai il governo degli Stati Uniti ne rivendica il monopolio quasi esclusivo? Nella sezione “Riassunto dell’Invenzione” del documento del brevetto, si riporta chiaramente che il governo USA rivendica la “proprietà” su tutti i virus Ebola che abbiamo almeno il 70% di similitudine con l’Ebola che “ha inventato”. Quindi, per assurdo, anche l’epidemia che si sta diffondendo in Africa potrebbe essere proprietà degli Stati Uniti. Eppure secondo molti studiosi non c’era alcun motivo di portare il virus negli USA, come ha affermato Bob Arnot, specialista di malattie infettive.
Ma perché brevettare un virus? Qualche anno fa venne creata ad arte la notizia che il ceppo influenzale che si sarebbe diffuso da li a poco, il famoso H1N1, avrebbe avuto effetti devastanti sulla popolazione. Immediatamente e inspiegabilmente venne autorizzato l’acquisto dei vaccini, prima ancora che questi venissero testati e che venissero seguite le procedure usuali in questi casi. Poi si vide che H1N1 non era affatto così mortale come era stato detto e milioni e milioni di dosi di vaccini rimasero inutilizzate. Non prima però di aver permesso a Big Pharma (il cartello delle maggiori case farmaceutiche) incassi valutati in 20 miliardi di dollari.
Ebola, si diceva, esiste da molti anni, ma, fino ad ora, in parte per il numero ristretto di casi in parte per la loro concentrazione geografica, nessuno aveva mai parlato di vaccini.
La novità di queste settimane, invece, è proprio la diffusione su più ampia scala del “problema”. E, appunto, si è cominciato a parlare di un possibile vaccino. Tuttvia un nuovo farmaco per poter essere adoperato sull’uomo deve seguire un iter lungo e complesso (oltre che costoso). E quale modo migliore per bypassare tutto questo se non il rischio di una pandemia devastante? I vaccini sono ancora in fase sperimentale, questo pone problemi etici e logistici. In circostanze normali, per lo sviluppo e la valutazione clinica delle terapie e dei vaccini occorrerebbero fino a dieci anni. Ma nel frattempo il virus si sta diffondendo con una rapidità mai vista fino ad ora: sono già oltre 1.900 le persone vittime dell’epidemia e 3.500 i casi confermati.
Non a caso nei giorni scorsi l’Organizzazione mondiale della Sanità si è riunita per autorizzare l’utilizzo di otto trattamenti “sperimentali” e di due vaccini, farmaci “ancora in via di sperimentazione” per contrastare l’attuale epidemia di Ebola. “L’alto numero di persone contagiate dall’Ebola in Africa occidentale e l’elevato tasso di mortalità hanno spinto a considerare l’impiego di farmaci non omologati per salvare i pazienti e limitare la diffusione del virus”, ha dichiarato l’OMS. Lo stesso giorno, il governo liberiano ha annunciato che la Food and drug administration, l’ente governativo statunitense per la regolamentazione dei prodotti alimentari e farmaceutici, ha concesso al Paese di accedere al farmaco sperimentale ZMapp, prodotto dalla Mapp Biopharmaceutical di San Diego, per trattare alcuni soggetti infettati dal virus. Anche il Canada si è impegnato a fornire fino a mille dosi di un vaccino sperimentale, il VSV-EBOV, anche questo mai stato testato sugli esseri umani.
Ormai la sperimentazione dei vaccini costa molto (tanto che sono state create delle multinazionali solo a questo scopo, che operano in Paesi dove pochi si lamentano, come l’India). E allora, niente di più facile che “creare” le emergenze e la necessità di intervenire senza fare i necessari controlli. Sarà sufficiente il nulla osta da parte dei 200 esperti della comunità scientifica mondiale, riuniti a Ginevra, che analizzeranno le possibilità di produzione e di utilizzo di questi trattamenti (come non si sa in assenza di ogni sperimentazione).
E se poi il vaccino non dovesse funzionare, si potrà sempre creare una nuova epidemia.