Ecuador. Al ballottaggio vince la destra di Guillermo Lasso

di Paolo Menchi

La grande rimonta alla fine è riuscita: Guillermo Lasso ha vinto il ballottaggio ed è il nuovo presidente dell’Ecuador.
Se si pensa che nel primo turno aveva rischiato seriamente di essere superato dal candidato indigeno Yaku Peres (entrambi avevano ottenuto poco meno del 20% contro il 32% di Arauz), il risultato è davvero sorprendente, forse influenzato da ben il 16% di voti nulli, in gran parte degli elettori di Perez, il quale per protesta per la mancata riconta dei voti del primo turno secondo lui inficiato da brogli aveva invitato ad annullare la scheda elettorale.
I sondaggi, che qualcuno riteneva fossero poco attendibili, si sono rivelati invece esatti e la tendenza graduale al recupero che veniva indicata fino all’ultimo giorno in cui era possibile effettuare rilevazioni evidentemente è continuata ed ha permesso la vittoria di Lasso in volata con il 52,5% dei voti, già riconosciuta dall’avversario.
Dunque al terzo tentativo Lasso, ex banchiere con una breve esperienza anche alla Coca Cola, è riuscito nell’intento di diventare presidente dell’Ecuador, dopo la larga sconfitta contro Correa nel 2013 e per pochi punti percentuali nel 2017 contro l’attuale presidente Lenin Moreno.
Nonostante l’attuale presidente fosse stato eletto nella lista di sinistra, dopo pochi mesi sconfessò la sua scelta e iniziò la classica politica della destra, dando ampio spazio alle privatizzazioni, alla riduzione della spesa sociale e al ricorso ai prestiti del FMI, ma i suoi consensi sono scesi progressivamente e nettamente tanto che il candidato da lui appoggiato nel primo turno aveva preso solo le briciole.
E’ quindi probabile che non ci siano grossi cambiamenti rispetto alla politica del governo attuale, a cominciare dal mantenimento dell’accordo per un nuovo prestito con il FMI, che Arauz aveva promesso di far saltare per avere la possibilità di aumentare la spesa in campo sociale, e con la conferma del processo di liberismo ritenuto da Lasso la panacea per risolvere i problemi del debito e del deficit fiscale dell’Ecuador, secondo lui creati dalle politiche di Correa e dei suoi seguaci che perdono le elezioni dopo 14 anni.
Il nuovo presidente si insidierà il 24 maggio e troverà un paese in forte crisi sia per la caduta del prezzo del petrolio sia, soprattutto, per gli effetti della pandemia che ha portato alla perdita di centinaia di migliaia di posti di lavoro. La parola austerità sarà all’ordine del giorno anche perché condizione capestro per ricevere l’ingente prestito del FMI.