Epurazione dei palestinesi: coloni israeliani bruciano uliveto e sabotano acquedotti

di Guido Keller –

I continui tentativi di cacciare i palestinesi dalle loro terre per prenderne il posto si sono tradotti in forme di epurazione studiata e discriminante: basti pensare che se un palestinese di Gerusalemme est nasce, per i diversi motivi, in un’altra zona dei Territori occupati, esso perde il diritto di rientrare a vivere in Gerusalemme e che se questi nasce al di fuori dei confini di Israele, perde addirittura la cittadinanza. Quasi ogni mese si hanno notizie di case di Gerusalemme est sequestrate ai palestinesi  per far posto agli israeliani (pochi giorni fa 1100 unità immobiliari, nonostante il disappunto persino di Washington), i quali, in barba alle Risoluzioni dell’ONU, continuano a cacciare gli oriundi per prenderne il posto.
Accanto alle mosse studiate di Tel Aviv, sono molti gli screzi fra i due popoli che si odiano, nonostante il coltello dalla parte del manico continui a rimanere in mano ai portatori della Stella di David e a subire per via di embarghi, discriminazione e quant’altro siano gli antichi abitanti di quelle terre: è notizia di oggi di un violento incendio, di cui sono accusati coloni ebrei, che ha devastato un importante uliveto (oltre 200 piante) nel villaggio palestinese di Huwara, presso Nablus, in Cisgiordania, a pochi passi dal vicino insediamento ebraico di Yitzhar, mentre solo due giorni fa gli abitanti del vicino villaggio palestinese di Madama avevano accusato gli stessi coloni di aver sabotato le loro infrastrutture idriche. La tecnica di sabotaggio delle risorse primarie alla vita non è nuova da parte dei coloni, basti pensare che non molto tempo fa erano state rinvenute carcasse di animale nelle cisterne degli acquedotti e che tutt’ora acqua ed energia arrivano in modo razionato a Gaza, città di oltre 400.000 abitanti che si trova nello stato che si definisce ‘il più moderno del Medioriente’.

Nella foto: l’insediamento israeliano di Yitzhar