G20. Amburgo messa a ferro e fuoco dai manifestanti

di C. Alessandro Mauceri –

Non ci si aspettavano scontri sì cruenti al G20 di Amburgo, dove la città è stata messa a ferro e fuoco: sulla rete girano immagini di decine di auto distrutte e alte colonne di fumo che si sono levate alte in cielo; molti degli abitanti della ridente cittadina tedesca hanno preferito abbandonare temporaneamente le proprie case per andare altrove.
Un inferno di ferro e fuoco che gli organizzatori delle proteste avevano cercato di evitare con il ricorso ad un massiccio uso di personale: 20mila addetti alla sicurezza, fra cui 15mila agenti locali, 3.800 federali e 2.500 unità dell’anticrimine non sono riusciti a fronteggiare i manifestanti e hanno dovuto richiedere l’invio di altri uomini da Berlino per controllare gli scontri che sono proseguiti anche dopo gli organizzatori “hanno annullato il corteo”.
La presenza massiccia di forze dell’ordine non è stata sufficiente a contenere gli scontri. Lo slogan delle oltre 12mila persone scese in piazza era “Welcome to hell”. Tra loro anche alcuni black bloc con il volto coperto. Proprio a loro la polizia ha ripetutamente chiesto di togliersi le maschere senza però riuscirci. Da qui sarebbero iniziati gli scontri che hanno fatto registrare nella prima giornata centinaia di feriti, oltre 250 di cui 159 tra le forze dell’ordine e 100 tra i manifestanti; numerose le vetrine infrante e i negozi saccheggiati, una trentina le auto incendiate.
Le proteste erano già iniziate una settimana fa, quando la polizia aveva deciso di sgomberare i campeggi allestiti nei parchi e autorizzati dal tribunale del Land. “Vogliamo essere lì quando i grandi arriveranno e disturberemo questo summit”, si legge sui siti dell’organizzazione internazionale “Block G-20” (Colour the red zone), movimenti che arrivano da tutta Europa e che resteranno ad Amburgo fino alla conclusione del summit, prevista sabato. Manifestazioni e proteste erano state progettate con largo anticipo: i movimenti europei preparano da mesi questo controevento e hanno scelto di puntare su Amburgo più che sul vertice in Italia. 
Oggetto delle proteste Trump (in piazza perfino messicani contro il muro) e Putin (per la “violenza contro i movimenti Glbtq”), ma anche “Erdogan in Turchia e la destra populista in Europa…”, si legge nei comunicati che annunciano le contestazioni, e gli Stati europei per la politica sull’immigrazione.
Proprio Trump, ad Amburgo, si è reso protagonista di una vicenda alquanto buffa: la presenza di un numero spropositato di partecipanti ufficiali al summit e del loro entourage ha fatto sì che (anche a causa del ritardo del suo staff nella prenotazione), il suo cerimoniale non abbia trovato posto negli alberghi di lusso della città. Il Four Seasons ha dovuto riservare tutte le stanze al re Salman di Arabia Saudita, il Reichshof Hotel è stato occupato dalla delegazione vietnamita, il presidente russo Vladimir Putin ha occupato il Park Hyatt, l’Atlantic ospita la cancelliera tedesca Angela Merkel e il presidente cinese Xi Jinping ha dovuto suo malgrado dividere le oltre 500 camere del Grand Elysée con il premier italiano Paolo Gentiloni.
Alla fine Trump è stato ospitato nella foresteria del Senato di Amburgo e il suo personale presso il Consolato americano.
Complessivamente sono 6.500 i rappresentanti di 36 delegazioni al summit e 4.800 sono i giornalisti presenti ad Amburgo per questo evento.
Un movimento di persone e mezzi ingiustificato specie considerando i risultati che ormai vengono raggiunti durante questi incontri (e i costi e i pericoli che comportano). Tanto più che gli strumenti informatici oggi a disposizione potrebbero facilmente evitare tutto ciò. Riducendo al tempo stesso i rischi di scontri durante le proteste con le conseguenze che comportano in termini di costi e danni a persone e cose.