Gb. Brexit: i “ribelli” tentano una legge per il rinvio, ma Johnson ricorre alle minacce

di Elisabetta Corsi –

Nel caso dovesse essere sfiduciato il governo nel voto di oggi, c’è già pronta una mozione per indire elezioni generali il 14 ottobre. Boris Johnson ha comunque precisato di non volere nuove elezioni e che, con l’appoggio dei parlamentari, sarebbe in grado di apportare modifiche all’attuale accordo Brexit, respinto tre volte ai Comuni. Il premier ha ribadito che in nessuna circostanza richiederà un nuovo rinvio della Brexit e ha detto che ai negoziatori britannici deve essere permesso di continuare il loro lavoro senza interferenze da parte di Westminster. Ha anche dichiarato che “Non voglio un’elezione, se tu non vuoi un’elezione”, aggiungendo che “andiamo avanti con l’agenda popolare, combattendo la criminalità, migliorando il sistema sanitario, aumentando le scuole, tagliando il costo della vita e sbloccando talenti e opportunità in tutto il Regno Unito”. I deputati Tory che voteranno per cercare di ritardare l’uscita senza accordo, secondo Johnson, taglieranno le gambe alla posizione negoziale del Regno Unito, per cui ha invitato a sostenere l’iniziativa del governo non l’inutile ritardo del leader laburista Jeremy Corbyn. per il premier la mossa dei suoi avversari rappresenta un danno per il negoziato, che potrebbe portare l’Ue a non concedere la modifica dall’accordo sul Backstop.
I Tory ribelli si sono uniti ai laburisti per presentare una legge, pubblicata dal deputato Hilary Bene, che blocchi la Brexit il 31 ottobre, anche se sarà senza accordo, una mossa per forzare il premier a chiedere una proroga fino al 31 gennaio 2020.
Il leader dei laburisti, Jeremy Corbyn si è detto pronto per nuove elezioni e di non vedere l’ora che ciò avvenga. Ha anche accusato Johnson di usare la Brexit senza accordo come una minaccia, viste le difficoltà in Parlamento. Che, lo ricordiamo, preso verrà sospeso fino al 14 ottobre, come chiesto dal premier ed ottenuto dalla regina propri.
Ciò che sta succedendo in queste ore è che se Westminster dovesse votare contro Johnson, il premier potrebbe considerarsi sfiduciato e quindi spingere per andare a elezioni anticipate, in cui però conterebbe di trionfare come vero interprete del volere del popolo, cioè della Brexit ad ogni costo. Ha quindi minacciato i Tory ribelli di sospensione dal partito e quindi dell’impossibilità di presentarsi a future elezioni.