Gb. Johnson verso Downing Street. Ma fioccano le proteste e le dimissioni

di Elisabetta Corsi –

La scorsa settimana in Parlamento è stato approvato un emendamento che non permette al futuro primo ministro di obbligare i Comuni a votare per un’uscita senza accordo dall’Ue, o meglio, che l’inquilino di Downing Street non possa fare di testa sua senza consultare prima il Parlamento. Non a tutti è piaciuta questa proposta, considerata come una forzatura, ma è stata approvata con 315 voti ed è quindi divenuta legge. Tra i sostenitori è stato il leader dei laburisti Jeremy Corbyn, per il quale “il voto è stato un’importante vittoria per prevenire che i Tory sospendano il Parlamento per forzare una disastrosa uscita senza accordo”.
Il problema si pone in caso domani venisse eletto come nuovo premier Boris Johnson, notoriamente sostenitore di un’Hard Brexit, ed il cancelliere dello scacchiere Philip Hammond ha già fatto sapere che in tal caso si dimetterà per incompatibilità con la politica del possibile (ma quasi certo) nuovo premier. Infatti Hammond è contrario all’idea di uscire dall’Ue il 31 ottobre con un No Deal.
Domani si faranno i giochi e si saprà chi sarà il nuovo premier tra Boris Johnson e Jeremy Hunt. Tuttavia oltre a Hammond un altro ministro ha fatto sapere che si dimetterà in caso vincesse Johnson: Il Times ha reso noto che David Gauke, ministro della Giustizia, lascerebbe giustificando il suo gesto con l’impossibilità di collaborare con una persona che intende umiliare il paese con la sua idea di uscire senza accordo. Sir Alan Duncan, sottosegretario per gli Affari esteri, si è addirittura portato avanti rassegnando le dimissioni poiché ha fatto sapere di non voler servire il suo paese sotto il governo di Johnson.
Nel frattempo Johnson è sempre più ottimista e dalle colonne del Telegraph ha comunicato di poter risolvere il problema del Backstop (confine nordirlandese con l’Ue) senza troppi problemi e attuare pienamente la Brexit. Ed ha dichiarato che “E’ tempo che questo paese recuperi un pò del suo spirito. Possiamo uscire dall’Unione Europea il 31 ottobre ed abbiamo certamente la tecnologia per farlo. Ciò di cui abbiamo bisogno ora sono la volontà e l’impulso”. Il suo proposito rimane sempre la stesso, la Brexit si farà in ogni caso, con o senza accordo.
Tante le proteste di piazza a Londra contro Boris Johnson, con migliaia di persone unite in una marcia al grido di “No a Boris, sì all’Europa”, e con un pupazzo gonfiabile a sventolare davanti al Parlamento con le fattezze del futuro premier, molto simile a quello comparso di Trump in occasione della sua recente visita a Londra. Quello che i dimostranti chiedono è la possibilità di un secondo referendum che possa bloccare la Brexit, come pure tutele e fondi per la sanità e la scuola.
Anche l’ambasciatore britannico presso l’Unione Europea, che si è visto escludere da un incontro su questioni di standard e sicurezza per le telecomunicazioni e il digitale avvenuta il 25 giugno e di cui se ne ha notizia ora, ha voluto esprimere il proprio disagio. Tra gli argomenti trattati vi era quello della protezione dei network 5G ala luce dei rischi e delle problematiche che si presentano per la collaborazione con il colosso cinese Huawei.