Gli interrogativi sull’”autonomia strategica” dell’Ue declinata da Macron

di Maurizio Delli Santi * –

Nelle analisi dei media e negli ambienti diplomatici è destinata ancora a suscitare molti interrogativi la nuova declinazione dell’”autonomia strategica” dell’Europa presentata da Macron nel corso della visita in Cina e nell’intervista concessa durante il viaggio di ritorno alle testate Les Echos e Politico.eu. A parte il quadro generale della guerra in Ucraina e della crisi di Taiwan, sullo sfondo vanno considerati alcuni aspetti specifici da prendere a riferimento per valutare la portata dell’iniziativa del presidente francese.
Il primo concerne il ruolo dimesso che il protocollo cinese ha attribuito a chi in quel momento rappresentava l’Europa, la presidente della Commissione Ursula von der Leyen. Questo si spiega con la posizione da tempo assunta dalla stessa per la tutela dello status quo su Taiwan che invece Xi Jinping intende risolvere con una definitiva annessione. Ma certamente un peso hanno avuto anche i recenti caveat posti in ambito europeo a proposito della cooperazione economica con la Cina. La presidente della Commissione aveva evidenziato che l’Ue ha una relazione complessa con la Cina: l’Unione è la prima destinazione delle sue esportazioni, mentre Pechino è la terza destinazione dell’export europeo, ma i rapporti commerciali non sono equilibrati. Il deficit commerciale dell’Ue si è più che triplicato negli ultimi 10 anni, e lo scorso anno ha raggiunto quasi 400 miliardi di euro. Da qui la puntualizzazione della von der Leyen di valutare l’approccio nei rapporti economici con la Cina in termini di de-risking, tenendo conto in qualche misura della posizione maturata dagli Stati Uniti sul c.d. decoupling, una linea rigorosa mirata a limitare la dipendenza dalla economia cinese, almeno con riferimento alle filiere delle materie prime e tecnologicamente rilevanti.
Per tutta risposta Macron, che pure in patria ha seri problemi di legittimazione per la sua vicinanza alle lobbies industriali, ha sì sollecitato la presenza della von der Leyen, ma si è presentato in Cina con al seguito 50 leader aziendali tra cui quelli del settore aereonautico, ferroviario ed elettrico di Airbus, Alstom e EDF: un segnale dunque di apertura ad una intensificazione degli scambi, peraltro senza apparenti condizioni che richiamassero la linea del de- risking europeo.
Un altro aspetto investe invece il tema di rapporti tra Unione Europea e Stati Uniti che, sebbene siano sostanzialmente coesi finora sugli aiuti all’Ucraina aggredita, hanno evidenziato recenti criticità sul piano della cooperazione economica. Gli Stati Uniti infatti, principalmente in funzione anti-cinese ma non solo, hanno inaugurato una nuova linea protezionista dell’economia con l’Ira, l’Inflaction Reduction Act, la legge che introduce un massiccio pacchetto di sussidi pubblici che potrebbe dirottare oltreoceano gli investimenti delle aziende in Europa, attratte da vantaggi competitivi e da costi inferiori dell’energia: questo è dunque un dato su cui sarà necessario riaprire il dialogo con gli Stati Uniti.
Più controversa è invece l’evoluzione che ha assunto il rapporto tra Stati Uniti e Francia, entrambi membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’Onu e interessati direttamente all’area dell’ Indo-Pacifico, dove vive una importante comunità francese d’oltremare. Proprio in questo scacchiere, che in atto vede la crisi di Taiwan, Parigi si è vista esclusa nelle più recenti iniziative promosse dagli Usa nell’ambito dell’Aukus (Australia, Regno Unito e Stati Uniti) e del Quad (Australia, India, Giappone e Stati Uniti), specie con riferimento al programma delle commesse per i sommergibili destinati all’Australia da cui l’industria militare francese è stata estromessa.
In ogni caso fondamentalmente la propagandata “autonomia strategica” di Macron è stata promossa nell’intento di rassicurare la Cina sulla condivisione di comuni interessi, e affinché Xi Jinping convincesse Putin a fare cessare la guerra in Ucraina. Il corso degli eventi sembra però orientarsi in tutt’altra direzione. Si è dovuto assistere all’ennesima dimostrazione di forza di un blocco navale che ha minacciato Taiwan, per la questione ucraina Xi non ha riparlato né con Zelensky né con Putin, e quest’ultimo ha respinto ogni ipotesi di mediazione della Francia perché comunque ritenuta schierata da parte dell’Ucraina.
Di contro in Europa e negli Stati Uniti sono state criticate da più parti, in particolare dalla Polonia e dalla Germania, le dichiarazioni rese da Macron che ha invitato gli europei a non considerarsi più “vassalli degli Stati Uniti” e a far assumere invece all’Europa la dimensione di un “terzo polo” definitivamente emancipato dagli Stati Uniti e dalla “extraterritorialità del dollaro”. Dagli Stati Uniti in particolare il senatore repubblicano Marco Rubio è stato caustico: “Stiamo spendendo molti soldi dei nostri contribuenti per la guerra europea… Forse dovremmo dire che ci concentreremo su Taiwan e sulle minacce che arrivano dalla Cina, mentre voi, signori, occupatevi dell’Ucraina e dell’Europa”.
Le polemiche suscitate hanno perciò indotto l’Eliseo ad intervenire con una nota ufficiale per precisare le posizioni di Macron, correggendo il tiro: è stata richiamata l’”alleanza tra Francia e Stati Uniti” che non ammette alcuna “equidistanza” su valori comuni, si è richiamata la volontà di preservare lo status quo di Taiwan, di perseguire la pace e il non coinvolgimento della Cina nella guerra in Ucraina, e di affrontare le criticità dei rapporti internazionali sulla base dei principi del diritto internazionale e con il dialogo.
In sostanza la Francia di Macron, che pure sta vivendo seri problemi sul piano interno per le rivolte sulla riforma delle pensioni, sembra che ora si stia interrogando se la sua idea di “autonomia strategica” possa avere arrecato un serio pregiudizio a quella coesione dell’Occidente che ha rappresentato la forza su cui si sono sinora rette le speranze di libertà dell’Ucraina e di Taiwan. Basta poi rifarsi alla accoglienza che il presidente Biden ha ricevuto in particolare in Polonia per rendersi conto di cosa significhi il legame che unisce una parte sempre più emergente dell’Europa agli Stati Uniti in questa fase in cui specie le popolazioni e gli Stati dell’est europeo (a parte il caso controverso dell’Ungheria del filoputinaino Orbàn) sentono viva sulla pelle la minaccia incombente del disegno imperiale di Putin. E non va dimenticato che altri Paesi europei come la Finlandia e la Svezia hanno abbandonato la loro storica neutralità per aderire alla NATO, unica organizzazione di difesa in grado di esprimere concreta deterrenza di fronte alle attuali minacce all’integrità dell’Europa. Probabilmente anche l’Italia potrebbe indurre Macron a riconsiderare che occorre perseguire l’idea di un occidente più coeso, pure per dare forza e credibilità alla via dei negoziati per la pace.

* Membro dell’International Law Association.