Haftar è a Roma per vedere Conte. Prossima l’entrata in Tripolitania

di Ali Ahmed –

TRIPOLI. Mentre il presidente del Consiglio del Governo di Accordo Nazionale, Fayez al-Serraj, è volato in Kuwait dopo essere stato in Giordania e Bruxelles, il capo del Libyan National Army (LNA), Khalifa Haftar, è arrivato ieri in serata a Roma per una serie di incontri di alto livello. Il generale sarà ricevuto domani dal presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, e fonti vicine all’esercito sostengono che la missione, che in molti credono serva soltanto a bilanciare i meeting di al-Serraj a Bruxelles con l’Unione europea e la Nato, dovrebbe servire a facilitare l’ingresso dell’LNA in Tripolitania. In particolare ad essere interessata sarebbe la zona occidentale che va da Tripoli alla Tunisia e soprattutto la Libia meridionale, il cui controllo è fondamentale per arginare il fenomeno dell’immigrazione illegale e clandestina. Se in Tripolitania Haftar può contare sul supporto da parte della città di Zintan, a destare preoccupazioni sarebbero in primis le possibili reazioni di Misurata e poi nella capitale.
A tal proposito è opportuno ricordare che negli ultimi mesi Parigi, che ha sempre sostenuto il Libyan National Army, ha avviato una serie di trattative con esponenti misuratini che avrebbero accettato il ritorno di una presenza militare francese in città. A confermare questa ipotesi vi sarebbe il ravvicinamento tra Palazzo Chigi e l’Eliseo in seguito al vertice di Palermo del 12 e 13 novembre.
Il comando generale dell’esercito aveva già parlato di un ingresso nella capitale durante l’esplosione delle violenze a Tripoli il 27 agosto scorso, quando gruppi armati erano scesi in strada schierando armi e mezzi pesanti. In quell’occasione si era detto che l’esercito sarebbe entrato a Tripoli nei tempi e nelle modalità opportune e non con la violenza.
Se le nostre fonti dovessero trovare conferma, il primo ad essere preoccupato sarebbe proprio il generale Haftar che in questo momento si trova tra l’incudine e il martello, ossia tra la pressione di Francia, Emirati Arabi ed Egitto e le paure che l’arrivo delle sue forze nella parte occidentale del Paese possa trasformarsi nell’ennesima carneficina. Più disteso invece il presidente al-Serraj, il cui ruolo non sarebbe messo in discussione. Almeno non dal maresciallo Haftar.