Haiti. “Violenza estrema”, a rischio il voto di novembre

di Francesco Giappichini

Secondo le Nazioni Unite, Haiti vive una “nuova ondata di violenza estrema”, che secondo i servizi segreti statunitensi (è intervenuta la stessa direttrice dell’Intelligence nazionale, Avril Haines) metterà in dubbio anche le elezioni generali di novembre ’23. L’accordo politico di dicembre ’22 prevede una road map per riportare un barlume di ordine costituzionale: un primo turno presidenziale è previsto a novembre con l’elezione dei due rami del Parlamento, quindi si fissa l’eventuale ballottaggio nel gennaio ’24, e l’investitura del neo eletto il 7 febbraio. Infine s’istituisce un Haut Conseil de la transition, che guiderà il Paese durante il periodo elettorale, e un organo di controllo dell’azione governativa.
Il voto è stato più volte rimandato, anche per via dell’assassinio, nel luglio ’21, dell’ex capo dello Stato Jovenel Moïse. Cosicché l’assetto istituzionale dello Stato caraibico è stravolto. Ariel Henry è sia presidente sia primo ministro, mentre da gennaio ’20 non esiste più un potere legislativo: la Chambre des députés e il Sénat de la République non sono più funzionanti, a causa della decadenza dei loro membri. Intanto gli eventi degli ultimi mesi stanno conducendo Haiti nel baratro: in aprile la violenza ha provocato la morte nella sola Port-au-Prince, la Capitale di oltre 600 persone. Inevitabile l’intervento dell’Alto commissario per i diritti umani Volker Türk, secondo cui il “ciclo infinito di violenze a Haiti”, o meglio l'”emergenza dei diritti umani richiede urgentemente una risposta forte”.
Uno scenario brutale, descritto da un comunicato dell’United Nations high commissioner for human rights: “Questo segue l’uccisione di almeno 846 persone nei primi tre mesi del 2023, cui si aggiungono in questo periodo oltre 393 feriti e 395 rapiti, per un aumento della violenza del 28% rispetto al trimestre precedente”. Si fa notare che la violenza è sempre più brutale, frequente e diffusa, mentre le bande estendono il loro controllo. Tanto che sono coinvolte anche aree della Capitale considerate più tranquille, come Pétion-Ville. Si rileva poi che i rapimenti sono in aumento del 12% rispetto al trimestre precedente, mentre le bande, per infliggere altro terrore, usano l’arma dello stupro.
Il rapporto cita poi gli spari indiscriminati dei cecchini contro i passanti o le abitazioni, le persone bruciate vive sui mezzi pubblici, e i linciaggi di massa eseguiti dalle brigades de vigilance. Del resto, importanti esponenti della società civile hanno istigato la cittadinanza alla creazione di questi gruppi di autodifesa, per combattere la violenza delle gang. Türk ha così incoraggiato la comunità internazionale a sostenere il rafforzamento della Polizia nazionale, e a dispiegare urgentemente una forza di supporto militare, per un periodo limitato. Come richiesto peraltro da Henry. L’appello è stato fatto proprio anche dal segretario generale della Nazioni unite, mentre lo stesso Consiglio di sicurezza si è detto «molto preoccupato» del caos locale. Nessun Paese pare però intenzionato a comporre la forza d’intervento: la popolazione non ha un buon ricordo dei Caschi blu, per aver trasmesso l’epidemia di colera nel ’10. E se Washington si limitata a sondare il Brasile, che nicchia nonostante sia lusingato per la proposta, il premier canadese Justin Trudeau ha giudicato l’operazione troppo rischiosa. Mentre in Repubblica Dominicana si fa affidamento sul muro di 200 chilometri, che passerà lungo la frontiera tra i due Paesi.