Hong Kong. Alta affluenza alle urne, il 90% dei seggi va alle forze democratiche

di Enrico Oliari

Nel giorno delle elezioni a Hong Kong non vi sono stati, come invece è stato da sei mesi a questa parte, incidenti di rilievo. Le proteste sono arrivate dai molti elettori che si sono trovati in fila in interminabili code, tanto che si è continuato a votare ben oltre la chiusura dei seggi: l’affluenza alle urne nell’ex colonia britannica ed oggi autonomia in seno alla Cina è stata infatti di oltre il 71%, cioè di quasi tre milioni di elettori, ed il risultato è stato del90% dei voti andati alle forze democratiche, 396 seggi sui 452 in palio.
Un voto che, più dei manifestanti asserragliati da giorni nel Politecnico, vuole denunciare l’evidente erosione in atto dell’autonomia di Hong Kong e di quel “un paese, due sistemi” promesso nel 1997, anno del passaggio del territorio dalla Gran Bretagna alla Cina. Già nel 2017 il Comitato permanente del Congresso del Popolo nazionale (Npc) aveva introdotto un sistema elettorale che prevede per l’elezione del capo del governo locale la scelta fra due o tre candidati ricavati da una rosa di nomi approvati da Pechino, ovvero “patriottici”, nonostante la “protesta degli ombrelli” del 2014.
Barnabas Fung, presidente della Commissione per gli affari elettorali, ha fatto notare nel corso di una conferenza stampa che l’affluenza è stata nettamente superiore a quella del 2015 (47%) e a quella del 2016 (58%).
I media locali riferiscono che un po’ ovunque i democratici hanno vinto strappando seggi ai candidati filo-Pechino, compresi baluardi come Wah Fu South e quello del controverso deputato Junius Ho, che passa al democratico Lo Chun-yu.
Un vittoria che è andata oltre le aspettative e che mette a disagio Pechino e la “sua” governatrice Carrie Lam, alla quale altro non è restato che dire che “ascolteremo certamente con umiltà le opinioni dei cittadini e rifletteremo con serietà”.
La vera incognita è il governo centrale, dove si sa benissimo che sotto le richieste del rispetto dell’autonomia cova la voglia di indipendenza. Il ministro degli Esteri Wang Yi è intervenuto per ribadire che “Hong Kong è parte integrante della Cina, a prescindere dal risultato elettorale”, ed ha ammonito che “Qualsiasi tentativo di danneggiare il livello di prosperità e stabilità della città, non avrà successo”.
Intervistato per l’Agi il 23enne attivista Joshua Wong, che non è potuto partire per l’Italia dov’era atteso dalla della Fondazione Feltrinelli in quanto gli è stato negato il passaporto, ha ricordato che “La libertà non è qualcosa che si possa dare per scontato”, ed ha affermato che “Quando il vostro ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, dice ‘noi non vogliamo interferire nelle questioni di altri Paesi’, io rispondo che forse si dovrebbe mettere nei panni degli altri per comprendere la perdurante brutalità della polizia sin dal giugno scorso, quando i manifestanti si sono trovati di fronte a pallottole vere. Senza contare il fatto che un’azienda automobilistica fornisce i veicoli alla polizia di Hong Kong. Credo che uno Stato responsabile prenderebbe in considerazione la consapevolezza della dignità umana”. Riferendosi all’Unione Europe ha ha parlato di “atteggiamento ben lungi dall’essere sufficiente”.
Wong è anche intervenuto sul Papa, che in un messaggio ha chiesto la pace sia per la Cina che per Hong Kong: “Dal Santo Padre – ha spiegato all’Agi – non mi aspetto una retorica diplomatica, ma visto che lui prega per la pace a Hong Kong e in Cina, spero capisca che la libertà religiosa a Hong Kong sta affrontando proprio in questo momento una sfida enorme. Proprio di recente, la polizia ha fatto irruzione in una chiesa dove ha operato arresti in modo del tutto arbitrario. Un giorno o l’altro la nostra polizia diventerà come le forze di sicurezza della Repubblica Popolare Cinese? Avrà il suo stesso atteggiamento verso i missionari stranieri?”.
Divenuta colonia britannica dopo la Prima Guerra dell’Oppio (1839-1842), Hong Kong si espanse nel 1898 fino a comprendere il perimetro della penisola di Kowloon. In base ai trattati sarebbe rimasta britannica per 99 anni, com’è stato. In base agli accordi con la Gran Bretagna la Basic Law dovrebbe garantire, tra l’altro, libertà d’espressione e democrazia piena fino al 2047, ma i movimenti democratici continuano a protestare per quello che loro ritengono essere un graduale ridimensionamento dei diritti e delle libertà civili.
Amministrata come provincia speciale, è sede di uno dei principali centri finanziari internazionali. Conta 7 mln e mezzo di abitanti.

Joshua Wong.