Hong Kong. Le proteste bloccano (per ora) la legge sulle estradizioni. L’Ue per il dialogo

di Guido Keller

A seguito delle corpose proteste, è stata al momento rinviata la discussione della proposta di legge che consentirebbe alle autorità di Hong Kong di estradare nella Cina continentale oppositori e dissidenti.
I manifestanti temono che la cosa rappresenti un ulteriore indebolimento dell’autonomia dell’ex colonia britannica, dopo che già ne 2017, tra la protesta degli Ombrelli, è stata adottata la decisione presa dal Comitato permanente del Congresso del Popolo nazionale (Npc) secondo cui sarebbero stati i cittadini a scegliere il responsabile dell’Esecutivo locale, però fra due o tre candidati ricavati da una rosa di nomi approvati da Pechino, ovvero “patriottici”.
E’ il caso della premier Cheng Yuet-ngor (conosciuta con l’alias inglese di Carrie Lam), considerata la longa manus delle autorità centrali e comunque forte di una maggioranza di partiti filo cinesi.
In un primo momento Carrie Lam ha tentato di andare avanti con il disegno di legge sull’estradizione, ma domenica scorsa sono scese in strada ad Hong Kong oltre un milione di persone per manifestare in modo del tutto pacifico. Da allora sono in corso sit-in di migliaia di persone, molti giovanissimi, attorno ai palazzi del potere, scene come quelle del 2014 di “Occupy central”, la Rivolta degli ombrelli guidata da Joshua Wong.
Fin dalle prime luci i luoghi della protesta si sono ingrossati, i giovani hanno spinto avanti transenne per costringere la polizia ad arretrare, ma gli agenti sono ricorsi a spray al peperoncino e a gas lacrimogeni, senza tuttavia caricare i manifestanti. Anche in quest’occasione erano molti gli ombrelli per proteggersi dai gas della polizia.
La legge sarebbe dovuta essere sottoposta al voto oggi, ma al momento si parla appunto di un rinvio. Per quanto? Carrie Lam difficilmente sarà disposta a cedere, sia per non perdere la faccia davanti al Comitato centrale, sia per riaffermare l’irremovibilità sua e di Pechino.
Il timore delle opposizioni di Hong Kong è che si vada verso una graduale perdita dell’autonomia territoriale e che venga mento quel “un paese, due sistemi” annunciato alla vigilia della consegna alla Cina dell’ex colonia britannica, avvenuta il 1 luglio 1997.
Intanto l’Unione Europea è intervenuta invitando le autorità di Hong Kong a “rispettare i diritti dei manifestanti”, nella fattispecie il diritto di espressione e di riunione, e affermando che “le violenze e le risposte che causano un’escalation devono essere evitate”. Lo si apprende da una nota del Seae (Servizio europeo per l’azione esterna), in cui si legge anche che l’Ue raccomanda una consultazione pubblica inclusiva al fine di individuare una via costruttiva, “Guardiamo al governo perché si impegni in un tale dialogo con i suoi cittadini”.
Divenuta colonia britannica dopo la Prima Guerra dell’Oppio (1839-1842), Hong Kong si espanse nel 1898 fino a comprendere il perimetro della penisola di Kowloon. In base ai trattati sarebbe rimasta britannica per 99 anni, com’è stato.
Amministrata come provincia speciale, è sede di uno dei principali centri finanziari internazionali. Conta 7 mln e mezzo di abitanti.