Hong Kong. Manifestazioni contro la Cina, invaso il parlamento

Notizie Geopolitiche

E’ ancora tensione ad Hong Kong, dove la manifestazione contro il governo centrale di Pechino nel 22mo anniversario del passaggio dell’ex colonia britannica alla Cina ha visto momenti di violenza: un gruppo di manifestanti è infatti riuscito ad entrare in un secondo tentativo in Parlamento rompendo finestre, devastando uffici ed esponendo fra gli slogan striscioni con “Nessuna violenta rivolta, solo un violento regime”. I muri sono stati imbrattati con scritte contro la governatrice Carrie Lam, “Dimettiti, ci hai portato alla rivolta”.
Gli agenti della polizia hanno caricato i manifestanti con manganelli, spray urticanti e gas lacrimogeni, ed i media parlano di almeno 13 poliziotti feriti.
Gruppi di giovani manifestanti hanno bloccato tre delle principali arterie della città, creando il caos fra gli automobilisti.
Parte dei manifestanti hanno poi rispettato l’ultimatum per le ore 17.00 delle forze dell’ordine, ma in diversi hanno resistito e non hanno lasciato i sit-in.
La manifestazione arriva dopo quelle corpose dei giorni scorsi, con cortei di due milioni di persone, indette contro il disegno di legge per le estradizioni, poi sospeso. Intervenendo pubblicamente Carrie Lam, la cui figura si sta indebolendo agli occhi del governo centrale, ha ammesso che “sono stati commessi errori nel lavoro, cosa che ha portato a molti conflitti e dispute nella società di Hong Kong e hanno deluso e afflitto molti cittadini”. Si è quindi scusata promettendo di “accettare le critiche con l’atteggiamento più sincero e umile”.
Divenuta colonia britannica dopo la Prima Guerra dell’Oppio (1839-1842), Hong Kong si espanse nel 1898 fino a comprendere il perimetro della penisola di Kowloon. In base ai trattati sarebbe rimasta britannica per 99 anni, com’è stato.
Amministrata come provincia speciale, è sede di uno dei principali centri finanziari internazionali. Conta 7 mln e mezzo di abitanti.
Nel 2017 è stata introdotto un sistema elettorale da parte del Comitato permanente del Congresso del Popolo nazionale (Npc) che prevede per l’elezione del capo del governo locale la scelta fra due o tre candidati ricavati da una rosa di nomi approvati da Pechino, ovvero “patriottici”. Cosa che è successa con l’attuale premier di Hong Kong Carrie Lam, alias anglofono di Cheng Yuet-ngor, considerata per l’appunto la longa manus delle autorità centrali e comunque al governo grazie alla forte di una maggioranza di partiti filo cinesi. Una realtà che allora portò alla protesta degli Ombrelli e a “Occupy central”.