Il piano Ryanair per il traffico commerciale aereo in Ucraina: investimenti per 3 mld

di Lorenzo Pallavicini

Il conflitto russo ucraino da un anno e mezzo ha avuto forti ripercussioni anche sulle linee aeree, con la chiusura per le compagnie occidentali dell’immenso spazio aereo russo, un tempo rotta designata per molte mete asiatiche, con i risultati di un aumento dei tempi di percorrenza dei voli verso l’estremo oriente e dei costi per il carburante e l’energia, aumentati notevolmente e ancora oggi soggetti anche a fluttuazioni a causa dei tagli alla produzione di petrolio voluta dai paesi OPEC e dalla Russia medesima.
Pur a conflitto in pieno corso, c’è già chi pensa al dopoguerra e al periodo di ricostruzione, nonostante ad oggi non si abbia alcuna certezza riguardo le tempistiche di un piano di pace.
Accaparrarsi il futuro dei voli commerciali ucraini in un paese che, al netto delle tante vittime della guerra, rimane pur sempre tra i primi sei paesi europei per popolazione, appare molto interessante finanziariamente, anche per il grande flusso di capitali e aziende occidentali che saranno impegnate nella ricostruzione del paese, in cui si prevede un forte incremento dei viaggiatori e delle aziende occidentali verso l’Ucraina.
Gli amministratori della compagnia low cost Ryanair non sono nuovi a fare incursioni nel mondo delle istituzioni come dimostrano, ad esempio, la petizione lanciata contro lo sciopero dei controllori di volo francesi e diretta alla Commissione europea, o i tagli all’offerta commerciale dei voli in Italia verso le isole, in una evidente risposta al decreto varato dal governo italiano sulla calmieratura delle tariffe per Sicilia e Sardegna.
Il rapporto tra tale compagnia e i governi nazionali e regionali è stato costellato da contenziosi anche aspri. La linea aerea ha permesso di sviluppare aeroporti un tempo periferici, come i casi di Orio al Serio in Italia, di Weese in Germania o Charleroi in Belgio, un indotto economico significativo, ma in cambio tali realtà hanno consegnato quasi in toto i loro spazi commerciali ad una singola compagnia tramite forti incentivi economici, col risultato che Ryanair può condizionare assai le politiche in materia di aviazione commerciale con in mano un potere contrattuale assai forte nei confronti delle istituzioni.
La compagnia irlandese si appresta quindi ad un ambizioso progetto di investimenti da tre miliardi di dollari in Ucraina, impegnandosi a collegare il paese con oltre venti capitali europee, offrendo tariffe competitive e una flotta operativa pari a trenta aeromobili Boeing Max. Ryanair ha in previsione di effettuare circa seicento voli settimanali attraverso gli aeroporti di Kiev, Leopoli e Odessa, oltre ai voli interni, consentendo ai cittadini di spostarsi agevolmente nell’Ucraina.
Ryanair, va ricordato, era la seconda compagnia aerea dell’Ucraina prima dell’illegittima invasione russa a febbraio 2022, e con questa mossa punta ad ottenere il primo posto nell’ambito della ripresa del traffico aereo commerciale in Ucraina nel dopoguerra.
Il governo ucraino, che a luglio ha incontrato i vertici della compagnia, pare appoggiare questa soluzione, che rappresenta un ulteriore modo per Kiev per avvicinarsi ancora di più alla assimilazione verso l’Europa occidentale, che passa anche tramite i collegamenti aerei, oltre a reperire un futuro a prezzi contenuti per i collegamenti aerei verso le capitali europee più importanti, con le tariffe più economiche come elemento di forza per la compagnia low cost guidata dal vulcanico ceo Michael O’Leary.
Per Ryanair garantirsi il primo posto nel futuro aeronautico commerciale dell’Ucraina può generare ricavi enormi, proprio per la posizione che, in un modo o nell’altro, Kiev assumerà, ovvero un avamposto dell’occidente in contrapposizione al mondo formato dai paesi BRICS e in primis dall’asse russo-cinese, in cui Kiev può avere un ruolo non così diverso da quello di Berlino durante la Guerra fredda, ovvero un crocevia fondamentale per le relazioni tra paesi occidentali e simbolo dell’occidente in opposizione ai paesi anti occidentali.
Il vero punto interrogativo rimane quando tutto questo sarà possibile. Più passa il tempo, più il rischio è che la ricostruzione dell’Ucraina diventi sempre più onerosa per le spalle dei paesi occidentali, e lo stesso traffico aereo civile potrà risentirne.
Se le strutture aeroportuali civili, ad esempio il principale aeroporto del paese, il Boryspil di Kiev, non appaiono ancora così rovinate e lo stato di piste e aree di servizio non troppo compromesso, la stessa cosa non si può dire delle strutture aeroportuali militari ucraine, essenziali per garantire la sicurezza dei voli dell’aviazione civile.
Tali infrastrutture strategiche infatti sono state distrutte durante le prime fasi del conflitto russo-ucraino, a partire dal principale aeroporto militare, Hostomel, e servirà molto tempo per il loro completo ripristino, dove sarà evidentemente cruciale il supporto della NATO, elemento sul quale non sarà facile trovare un punto di caduta nell’ambito di eventuali trattative di negoziati con i russi, i quali vedono l’allargamento dell’influenza militare della NATO sull’Ucraina come una minaccia alla propria sicurezza.