Il Venezuela come modello alternativo per uno sviluppo economico-sociale equo. Intervista all’ambasciatore Rodríguez Díaz

di Giuliano Bifolchi

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maduro rodriguez diaz grandeStato dell’America Latina di sovente identificato con la figura del presidente Hugo Chávez Frías, il Venezuela guidato da Nicolás Maduro ha dovuto affrontare all’inizio di quest’anno una protesta da parte dell’opposizione salita alla ribalta sui giornali e media internazionali e messa in relazione da alcuni esperti con la crisi ucraina. Recentemente, dopo l’apertura degli Stati Uniti a Cuba, il Venezuela è stato identificato come il “nuovo nemico” (o presumibilmente è tornato ad essere il nemico storico) della Casa Bianca grazie alla firma del presidente statunitense Barack Obama della legge che sospende il visto e congela i beni di quei funzionari venezuelani considerati responsabili delle violazioni dei diritti umani durante le proteste di inizio anno.
Tali sanzioni sono state criticate duramente da Maduro, il quale ha definito tale legge, approvata dal Congresso e firmata da Obama, “(es) una insolencia pensar que el Congreso de un país puede amenazar, sancionar y exigir buena conducta a otro país y a un pueblo soberano como es Venezuela”; ha quindi aggiunto che la stessa Europa è governata dal grande capitale finanziario degli Stati Uniti e della Germania e che i cittadini europei stanno soffrendo di tali decisioni prese in un periodo così difficile, quindi ha puntato l’indice sull’avanzamento della Nato nella sua visione egemonica militare in grado di minacciare sotto la bandiera della Guerra Fredda paesi come la Russia, l’Ucraina e l’Ossezia del Sud, oppure di utilizzare la guerra del petrolio per destabilizzare i governi.

Notizie Geopolitiche ha intervistato l’Ambasciatore della Repubblica bolivariana del Venezuela in Italia, Julián Isaías Rodríguez Díaz, con l’intento di comprendere quale sia stato l’operato ed il lascito di Hugo Chávez, l’attuale situazione economica e politica del paese e quali siano le relazioni esistenti tra lo Stato italiano e quello venezuelano.
– Parlando di Venezuela la mente di ognuno di noi ci riporta alla figura amata da alcuni e contestata da altri di Hugo Chávez, morto lo scorso anno. Spesso il Governo di Chávez è stato accusato nei dei salotti occidentali di essere dittatoriale e di colpire principalmente la popolazione non contribuendo allo sviluppo economico interno e minando la posizione internazionale del vostro paese. Chiedo a Lei quale è stata l’attività politica e l’operato economico di Chávez e quale eredità ha lasciato l’ex presidente al suo paese?
“In primis vorrei sottolineare il fatto che Hugo Chávez voleva fondamentalmente realizzare una democrazia più diretta nel paese, cioè sostituire una democrazia rappresentativa con una partecipativa. La nostra Costituzione ha un insieme di disposizioni mediante le quali il popolo in piccola scala ha la possibilità di richiedere un referendum e di prendere decisioni di carattere vincolante ed obbligatorie. Grazie alla nostra Costituzione il popolo sia a livello municipale sia a livello nazionale gioca un ruolo da protagonista che gli permette attraverso i referendum di modificare la legge del Parlamento e di destituire i funzionari del Governo, compreso anche il presidente della Repubblica. Questo grande traguardo raggiunto dal Venezuela è il lascito più importante di Hugo Chávez, il quale si è adoperato durante il suo Governo con il fine di restituire al paese una democrazia maggiormente reale, che potremmo definire una “democrazia perfetta” in cui è il cittadino a detenere realmente il potere politico.
Per poter comprendere bene l’operato di Chávez occorre contestualizzare il Venezuela nel del panorama politico sudamericano ed occorre tenere a mente che prima dell’avvento del chavismo il paese era caratterizzato da una profonda disuguaglianza sociale: infatti circa il 30% della popolazione era esclusa dallo sviluppo nazionale e non usufruiva dei servizi relativi all’istruzione, all’alimentazione, all’impiego lavorativo, alla sanità, ed era quindi estranea al processo produttivo del paese. Il primo obiettivo del presidente è stato quindi quello di includere questo 30% della popolazione nella della vita dello Stato producendo risultati notevoli e significativi come:
· L’eliminazione dell’analfabetismo: attualmente il Venezuela ha la maggior quantità di studenti attivi in America Latina ed è il quinto paese al mondo in materia di istruzione scolastica.
· Il miglioramento della sanità nazionale: grazie a Chávez è stata istituita la figura del medico locale (paragonabile al medico di base in Italia) e sono stati creati una serie di centri medici, diagnostici, sale chirurgiche ed istituti per l’infermità immediata con l’intento di combattere il problema delle malattie e favorire la salute dei venezuelani.
· Il decremento della disoccupazione e miglioramento del mercato del lavoro nazionale: il Venezuela ereditato da Chávez proveniva da un periodo che potremmo definire nero con livelli di disoccupazione elevati pari al 18.5% ed attualmente invece registra un significativo decremento raggiungendo un valore pari al 7.1% che si qualifica tra i più bassi in América Latina.
· La gestione delle risorse naturali, in particolare quella del petrolio, che deve essere vista in rapporto alla realizzazione di nuovi posti di lavoro e all’ottenimento di guadagni utili per essere redistribuiti per opere sociali: ovviamente il petrolio rappresenta una delle risorse principali venezuelane e prima dell’avvento di Chávez il suo costo estremamente basso, pari a 7 dollari al barile, non permetteva al paese di registrare dei benefici avvantaggiando invece soltanto i compratori. Per contrastare tale fenomeno negativo a livello economico il Governo di Chávez ha pensato di non privatizzare il settore petrolifero con l’obiettivo di favorire lo sviluppo nazionale, riscuotendo grazie a questa manovra economica notevoli vantaggi e benefici. In primis il prezzo del petrolio salì significativamente fino al giorno d’oggi quando, grazie al frackin, gli Stati Uniti sono riusciti ad abbassare notevolmente il prezzo del barile riuscendo a produrre importanti effetti su alcune economie dei paesi dell’Opec (ad esempio la Federazione Russa). Nel caso venezuelano, però, l’abbassamento considerevole dei prezzi non comporta una crisi economica diretta visto che il nostro paese ha la possibilità di guadagnare anche con un costo del barile pari a 40 dollari, valore impensabile per il petrolio prodotto tramite il fracking il quale comporterebbe più spese che guadagni.
· La riduzione della povertà: grazie a Chávez la povertà generale è stata ridotta dal 51% al 23% mentre la povertà critica è scesa fino al 7%.
Guardando i punti appena citati è possibile riscontrare come il Venezuela sia divenuto grazie al Governo di Hugo Chávez un paese migliore, maggiormente conscio delle proprie potenzialità e del proprio equilibrio, maggiormente sano e con un livello di conoscenza del popolo in grado di non permettere un ritorno al passato indipendentemente da qualsiasi leader politico sia alla guida del paese.
Ci sono altri elementi da analizzare in merito al Governo di Chávez e tra questo spicca il posizionamento internazionale del Venezuela. L’apertura internazionale venezuelana è stata dovuta principalmente da motivazioni economiche: il nostro Paese aveva bisogno di diversificare i propri compratori di petrolio in modo da non essere dipendente da un solo mercato ed attualmente il Venezuela ha una produzione destinata alla Cina di quasi 600 mila barili di petrolio, all’India di 400 mila barili, agli Stati Uniti di 800 mila barili e all’Europa di circa 100 mila barili. In questo modo allargando e diversificando il mercato il Venezuela si è reso indipendente da un solo compratore e potrà quindi rispondere in futuro ad eventuali crisi economiche che investiranno una parte dei compratori e quindi del mercato.
Inoltre grazie ad una politica di solidarietà è stata creata un’istituzione importante per l’America Latina chiamata Petrocaribe, un’alleanza tra i paesi dei Caraibi con il Venezuela istituita per favorire l’acquisto del petrolio a condizioni di pagamento preferenziali oppure tramite lo scambio con prodotti specifici che hanno favorito l’acquisto da parte dello Stato venezuelano di macchinari ed equipaggiamento utili per lo sviluppo nazionale. Nel 2013 Petrocaribe ha creato un collegamento con la Alianza Bolivariana para los Pueblos de Nuestra America (Alba), organizzazione intergovernativa basata sull’idea di integrazione sociale, politica ed economica dei paesi dell’America Latina e dei Caraibi che, come si evince dal nome, fa riferimento al bolivarismo di Simón Bolívar il quale nel XIX secolo promuoveva l’idea di una America Ispanica unita in una unica grande nazione.
Il posizionamento internazionale del Venezuela non interessa soltanto l’America Latina grazie a istituzioni come Petrocaribe, la Alba oppure Unasur e Petrosur, ma anche potenze mondiali come la Cina, la Russia, l’India e fondamentalmente anche una parte importante dell’Europa. In questo caso non si parla però soltanto di un ruolo internazionale economico, ma anche geopolitico: il Venezuela ha una valenza così importante attualmente che lo pone al centro della “guerra mediatica, dell’informazione e del petrolio”, che mira a screditare a livello mondiale il nostro paese descrivendolo come uno Stato a rischio sicurezza e non libero e ad abbassare il prezzo del petrolio riducendo quindi i proventi utili per il nostro sviluppo nazionale.
Ritornando all’America Latina vorrei sottolineare come il posizionamento internazionale venezuelano ha permesso alle organizzazioni ed associazioni internazionali sudamericane di guadagnare importanza e prestigio a livello mondiale e tale evento può essere ricondotto all’eredità che Chávez ha lasciato non solo al proprio paese ma al continente sudamericano intero favorendo la creazione di istituzioni che fungessero da contraltare al potere che alcuni paesi occidentali, grazie alla forza dell’economia e dell’esercito, hanno esercitato a livello mondiale per interi decenni. Non è infatti una novità che alcune delle recenti invasioni militari, come quella dell’Iraq o dell’Afghanistan, siano state effettuate senza unanimità del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, grazie al potere politico ed economico giocato da alcuni; attualmente, invece, c’è un maggiore equilibrio nel mondo nel perseguire la pace, nell’orientare l’espressione del mercato e dell’economia, Pensiamo, ad esempio, al recente caso della Russia e alle sanzioni degli Stati Uniti e dell’Unione Europea dirette a contrastare Mosca dopo il suo intervento nella Crisi Ucraina ed al direzionamento della Federazione Russa verso altri mercati come quello asiatico e sudamericano.
Il mondo di adesso è molto differente da quello precedente a Chávez ed è caratterizzato da diverse potenze che giocano un ruolo importante a livello mondiale: la Cina grazie alla sua crescita economica, la Federazione Russa grazie anche ai suoi rapporti con le ex repubbliche socialsovietiche, il Brasile, l’India. Personalmente Io credo che l’Europa stia facendo il possibile per riscattare la propria sovranità ed identità dalla dipendenza che ha avuto nei confronti degli Stati Uniti; questo non vuol dire che si è definitivamente liberato del giogo statunitense, ma la direzione sembra essere questa grazie anche ad una leadership culturale che il continente europeo può far valere a livello mondiale. Secondo la mia opinione sarebbe molto interessante vedere il Vecchio Continente riscattare il proprio ruolo e la propria leadership ricordando, inoltre, che le due Guerre Mondiali si sono combattute in Europa, con le relative perdite umane ed economiche, ma hanno visto trionfare realmente un paese lontano come gli Stati Uniti.
In conclusione posso dire che Chávez ha cercato di costruire una alternativa al capitalismo, ossia una società che noi abbiamo chiamato “socialismo del XXI secolo”, che è diversa dal vecchio socialismo perché è assimilabile da altri paesi grazie al grande ruolo giocato dalla popolazione ed al processo elettorale pacifico che persegue. Il Venezuela sta quindi offrendo una alternativa che ovviamente presenta molti problemi i quali necessitano di una soluzione, ma che è caratterizzata da una maggiore democrazia, minore disoccupazione, maggiore eguaglianza sociale, maggiore opportunità e maggiore sovranità che permettono ad uno Stato di prendere le decisioni per il bene nazionale e non di sottostare al potere di un paese che agisce come “poliziotto” del mondo.
Questa eredità di Chávez è ora passata in mano a Nicolas Maduro; spesso si pone la domanda se tale eredità sia ben conservata oppure no dall’attuale presidente venezuelano. Io credo che nel caso di Maduro non c’è abbastanza esperienza sufficiente che aveva il presidente Chávez per superare alcuni problemi e pericoli internazionali. Senza dubbio in questo momento Maduro ha ottenuto una leadership sul quadro civico e militare del paese; le statistiche dichiarano che l’attuale presidente ha più del 50% del favore pubblico ed il partito più importante della opposizione non raggiunge il 5%. Attualmente Maduro sta affrontando una guerra mediatica ed economica che era stata preparata per Chávez e che sta colpendo invece il Venezuela post-Chávez mirata, come evidenziato poco fa, a danneggiare direttamente il nostro Stato dal punto di vista economico e politico”.

– Continuando a parlare di Maduro, attuale presidente del Venezuela: il mondo ha assistito alle immagini di rivolta e violenza avvenute all’inizio dell’anno che hanno indotto gli specialisti del settore ad avere dubbi sulla sicurezza del paese. Considerato quanto da Lei detto in merito proprio alla sicurezza nazionale ed economica venezuelana, è giusto, come sottolineato da alcuni analisti, parlare di una “guerra mediatica e di comunicazione” volta ad aumentare la pressione e l’attenzione internazionale sul Venezuela favorita dall’appoggio di attori esterni stranieri?
“Gli anni sono passati ma la metodologia utilizzata da alcune potenze straniere è rimasta invariata, anzi tecnologicamente e con l’esperienza maturata in altri paesi, gli attori esterni (gli Stati Uniti in primis) hanno adottato questo tipo di guerra definita “guerra di quinta o sesta generazione” che sfrutta dei soldati e mezzi invisibili che non permettono di “sentire e vedere“ il conflitto. Tale guerra ha come obiettivo quello di destabilizzare il paese internamente agendo sul mercato nazionale, favorendo l’aumento dei prezzi, la mancanza di prodotti e portando quindi ad una sorta di autodistruzione del paese.
Andando ad analizzare gli eventi storici attuali potremmo dire che quanto avvenuto in Ucraina è riconducibile agli eventi dell’Honduras, oppure precedentemente in Cile, in Nicaragua e a Cuba con il blocco economico.
Nel nostro caso questa rivoluzione, che si chiama Rivoluzione di colori, si è tentato di attuarla all’interno del paese attraverso azioni dirette a livello economico (incremento dei prezzi, abbassamento del prezzo del petrolio, attività di comunicazione di massa, propaganda) con lo scopo ovvio di destabilizzare il Venezuela mettendo in luce l’opposizione venezuelana la quale, dopo l’insuccesso iniziale della strategia mediatica ed economica esterna, ha giocato un ruolo chiave nella tattica di terrorismo interno grazie ai finanziamenti esteri. I finanziamenti sono derivati nel nostro caso da fondazioni ed organizzazioni nordamericane i cui propositi sono quelli di difendere la democrazia attraverso fondi i quali vengono poi utilizzati per poter destabilizzare il governo interno e per descrivere una situazione interna di difficoltà.
Questo tipo di metodologia non ha però avuto gli effetti desiderati a tal punto che la stessa opposizione ha dovuto ammettere i propri errori e ritornare sui propri passi segnalando coloro che hanno utilizzato la strategia del terrorismo come persone non facenti parte del programma politico dell’opposizione stessa. Attualmente l’opposizione risulta molto frazionata e non ha la capacità di destabilizzare la figura del presidente Nicolás Maduro il quale, grazie al lascito di Chávez di cui abbiamo parlato, è stato in grado di arginare il problema delle proteste senza l’uso della forza estrema.
Al giorno d’oggi i mezzi di comunicazione stanno creando degli spazi nuovi in America Latina in modo da controbilanciare l’attività di propaganda mirata a destabilizzare la regione; pensiamo ad esempio a RT (Russia Today) emittente televisiva che trasmette in lingua inglese, russa, araba e spagnola e che permette di contrastare l’azione delle numerose emittenti occidentali.
Inoltre l’odierna situazione internazionale vede diversi attori intenti nel prendere parte nel processo comunicativo e geopolitico internazionale: la Russia, dopo la Guerra Fredda e dopo la caduta dell’Unione Sovietica, è riuscita a riprendere un programma politico in grado di affrontare la presenza statunitense ed occidentale nelle aree di storico interesse grazie alla leadership politica di Vladimir Putin, l’Europa stessa, grazie all’Unione Europea, sta pianificando una propria politica interna ed estera che non sia dipendente direttamente da quella statunitense, mentre gli Stati Uniti, invece, hanno perso quel ruolo di primo piano internazionale a causa non solo degli insuccessi militari, ma anche ad una instabilità interna che vede il presidente Obama non avere la maggioranza al Governo e quindi imbrigliato nel suo operato politico”.

– Negli ultimi tempi si stanno affermando a livello regionale dei modelli politici differenti da quello capitalista che stanno riscontrando buoni risultati (Revolucion Ciutadana in Ecuador, il comunismo in Cina volto alla crescita economica, il chavismo in Venezuela ) opponendosi oppure non assecondando le organizzazioni internazionali; quale è il ruolo del Venezuela in questo processo di cambiamento politico?
“Io credo che il ruolo del Venezuela debba essere quello di attore fautore della pace in America Latina; in secondo luogo lo Stato venezuelano, grazie alla propria riserva di petrolio (la più grande al mondo) può agire come stabilizzatore degli equilibri economici e geopolitici mondiali (insieme alla Russia), divenendo il fattore di bilanciamento nel caso in cui paesi come l’Arabia Saudita si allineassero con il volere del sistema capitalista. In terzo luogo noi come Paese stiamo offrendo una possibilità distinta come società e forma di governo volta a favorire il cittadino, ovvero il miglioramento dell’istruzione, della sanità, della redistribuzione degli introiti e dei capitali”.

– Parlando di Italia e Venezuela, quali sono le relazioni esistenti tra le due parti ed in che modo è possibile dialogare con lo Stato italiano?
“Innanzitutto vorrei dire che al momento Spagna ed Italia sono paesi molto vicini all’America Latina: il primo grazie all’utilizzo della stessa lingua, lo spagnolo, mentre il secondo per lo stato d’animo ed emotivo che le caratterizza. Credo infatti che sia l’Italia che il Sud America abbiano un “disordine organizzato” che li denota e siano due “mondi” dove la popolazione parla con il cuore, è impulsiva. Queste analogie di carattere sociale mi inducono a pensare che il vostro paese possa giocare un ruolo di primaria importanza nello sviluppo dell’America Latina ed ovviamente del Venezuela; il continente sudamericano possiede risorse naturali ed umane in grande quantità che necessitano però di tecnologia e know how in grado di ottimizzare la produzione ed i guadagni e l’Italia, in special modo nel settore agroalimentare e della tecnologia, può essere visto come il paese in grado di rispondere a questa esigenza. Si tratta di uno scambio che permetterà all’Italia di avvicinarsi maggiormente al mercato dell’America Latina riuscendo quindi a ritagliarsi una propria fetta di mercato, a differenza di quanto non è riuscita a fare in Europa; la possibilità di approdare sul mercato sudamericano, vagliata dalla Cina anche se ancora in ritardo nei tempi, è supportata per il vostro paese dalla presenza di una grande comunità di italiani in America Latina e non è una follia pensare che questo sviluppo del continente potrà vedere come motore trainante il Venezuela. Io credo che l’IILA in Italia potrà giocare un ruolo importante per lo sviluppo delle relazioni economiche e commerciali con l’America Latina.
Per favorire questi commerci e questi scambi dovrà essere data grande importanza allo studio geopolitico, economico e sociale del nostro continente il quale, a differenza di quello europeo, cresce rapidamente; il Sud America di quindici anni fa era un continente caratterizzato dalle dittature, controllato dal capitalismo statunitense con uno Stato come il Brasile “dormiente” e l’Argentina vista come il “gigante economico”. Il petrolio, arma economica e politica, ha permesso di modificare gli assetti dell’America Latina e penso che questo possa continuare ad esercitare un ruolo significativo nei rapporti con l’Italia, paese, ricordiamolo, dipendente dal punto di vista energetico dalla Federazione Russa per quel che concerne i fornitori europei oppure dall’Algeria. Non solo il petrolio, ma anche il ferro e l’alluminio possono giocare un ruolo importante per lo sviluppo nazionale e per costruire relazioni con l’Europa e l’Italia”.

bifolchi fuoriGiuliano Bifolchi è analista geopolitico specializzato nel settore Sicurezza, Conflitti ed Energia. Laureato in Scienze Storiche presso l’Università Tor Vergata di Roma, ha conseguito un Master in Peace Building Management presso l’Università Pontificia San Bonaventura. Email di contatto: g.bifolchi@notiziegeopolitiche.net