Junker nel discorso sullo stato dell’Unione, ‘no ai nazionalismi: serve parlare come entità unica’

‘Gli alleati di oggi non è detto che siano alleati di domani’.

di Enrico Oliari

Il capo della Commissione europea Jean-Claude Juncker è intervenuto oggi davanti al Parlamento europeo per il suo ultimo discorso sullo stato dell’Unione, durante il quale ha sottolineato che l’Europa “deve restare un continente di apertura e tolleranza, non sarà mai una rocca in un mondo che soffre”. Per cui è necessario rispettare “meglio l’Ue: non sporchiamo la sua immagine, cerchiamo invece di difenderla, diciamo sì al patriottismo, no al nazionalismo esagerato che detesta gli altri e cerca di distruggerli”.
Il riferimento è al clima di xenofobia e ai populismi che si fanno strada nel territorio dell’Unione, ma ha comunque annunciato la creazione di “un’agenzia europea per l’asilo” e l’implementazione della guardia di frontiera europea “fino a 10mila unità da qui al 2020”.
Per Juncker “i nostri sforzi” per contrastare i traffico di esseri umani e quindi le migrazioni “hanno portato a dei risultati, con meno profughi lungo la rotta del Mediterraneo centrale”. “Tuttavia gli Stati membri non hanno ancora individuato il giusto rapporto fra le responsabilità dei singoli stati membri e la solidarietà, che è necessaria e che deve essere concretizzata se vogliono mantenere lo spazio Schengen senza confini”. Ha poi detto che “Resto contrario alle frontiere interne, e dove sono state istituite, devono essere eliminate”.
Nel giorno in cui il Parlamento europeo ha votato con una maggioranza schiacciante la richiesta al Consiglio europeo di procedure sanzionatorie nei confronti dell’Ungheria per il mancato rispetto dello stato di diritto (rapporto Sargentini), Juncker ha fatto notare che “L’articolo 7 deve essere attivato quando la libertà dei media e lo Stato di diritto sono in pericolo”. “Non c’è democrazia senza una stampa libera – ha aggiunto -. (…..) Rispettare le decisioni giudiziarie non è un’opzione, ma un obbligo”.
Il capo della Commissione ha poi spiegato “L’Ue è un ‘pagatore’ globale, ma deve anche diventare un attore globale”. “Non ci sono garanzie che i nostri alleati di ieri resteranno i nostri alleati di domani”, ha aggiunto riferendosi all’amministrazione Usa di Donald Trump e al suo conclamato euroscetticismo, ed ha affermato che bisogna difendere l’euro come moneta internazionale: “È assurdo che l’Ue paghi l’80% del suo conto per le importazioni di energia in dollari (…) mentre solo il 2% di queste importazioni di energia proviene dagli Stati Uniti”.
Ha poi fatto riferimento all’Africa ed ai 60 miliardi di investimenti cinesi annunciati pochi giorni fa dal presidente Xi Jinping al vertice Cina-Africa di Pechino: “Per quanto riguarda l’Africa, si va nella direzione giusta, ma servono più risorse: almeno 50 miliardi di euro, per offrire prospettive agli africani nella loro terra e fermare l’immigrazione”. Serve insomma “una nuova alleanza tra Europa e Africa per investimenti sostenibili”, un’alleanza che “contribuirebbe a creare fino a 10 milioni di posti di lavoro in Africa solo nei prossimi 5 anni”. “I numerosi accordi commerciali tra l’Ue e l’Africa vanno inoltre trasformati in un accordo intercontinentale di libero scambio”, ha insistito il presidente della Commissione europea.
Juncker ha poi ribadito che “ogni volta che l’Europa parla con una sola voce riesce ad imporsi sugli altri, deve agire come un fronte compatto, e noi lo abbiamo dimostrato quando abbiamo difeso l’accordo di Parigi” sul clima. “Le sfide esterne – ha continuato – si moltiplicano, non possiamo mollare la presa per costruire un’Europa più unita e più forte. Gli allargamenti per me restano un successo, abbiamo conciliato geografia e storia, ma restano sforzi da fare”, come ad esempio “definire l’adesione dei paesi dei Balcani occidentali. In caso contrario saranno altri a dare forma ai nostri vicini”.
Parlare e agire come un’entità unica sulla scena mondiale e difendere i valori democratici europei voltando le spalle al nazionalismo: Juncker, che non si ricandiderà alla guida della Commissione, ha voluto lasciare tali sfide come testamento per il suo successore, chiunque sia.