La ‘questione palestinese’, fra il popolo che soffre e le diplomazie internazionali che se ne dimenticano. Intervista a Foad Aodi, presidente di Co-mai.

di Ghazy Eddaly –

Foad Aodi, medico, è palestinese e vive a Roma ormai da anni, dove presiede l’associazione nazionale dei medici stranieri (Amsi) ela Co-mai, la Comunitàdel Mondo arabo in Italia.
Da sempre in prima linea nella lotta per l’integrazione degli stranieri e la convivenza intelligente, è membro del Comitato scientifico del dipartimento della Sanità della Lega Araba, il quale si è ritrovato per la prima vota in Egitto lo scorso 29 febbraio.
A lui, che in queste ore sta vivendo con apprensione le notizie che arrivano dal Medio Oriente, chiediamo un’opinione in merito al crescendo delle tensioni fra Gaza ed Israele.
– Professor Aodi, ancora razzi da Gaza, ancora raid da Israele: la ‘questione palestinese’ si ripresenta con il lato crudo della violenza…
“In realtà si tratta di una questione quasi completamente dimenticata dalle diplomazie internazionali. A Gaza la gente soffre, mancano i generi di prima necessità, la corrente elettrica è razionata, non vi è un’adeguata assistenza sanitaria, manca il lavoro, l’apparato economico-produttivo è vicino allo zero… si tratta di una condizione generale che può esplodere in ogni momento, di tanto in tanto strumentalizzata, ma mai affrontata in modo definitivo.
La stessa Primavera Araba che ha investito diversi paesi del Nordafrica e del Medio Oriente non si è tradotta in una risposta significativa per i palestinesi dei Territori occupati e questo per tre motivi:
primo, perché non vi sono stati cambiamenti sensibili in termini di democrazia e di occupazione neppure nei paesi teatro delle rivolte;
secondo, perché si è fortemente indebolita l’unità del mondo arabo, dove ogni paese deve far fronte ai suoi problemi interni, per cui la questione palestinese è passata in secondo piano;
terzo, per le stesse diplomazie internazionali, intendo dire a livello globale, le quali hanno perso interesse nei confronti del problema mediorientale”.
– E in questo quadro, la disperazione di chi nasce e vive nella Striscia continua…
Certamente: gli abitanti di Gaza vivono di fatto in una prigione a cielo aperto, con difficoltà enormi. Quasi tutti i giorni arrivano alle nostre organizzazioni di solidarietà internazionale richieste di chi non ha il latte per i propri figli, di aiuti umanitari di ogni genere, di assistenza sanitaria. Noi dell’Amsi siamo riusciti ad aiutare, dal 2002, oltre 900 pazienti provenienti non solo dal Medio Oriente, ma anche da altri paesi, quasi tutti bambini bisognosi: la popolazione araba è stata ed è sempre a fianco dei palestinesi, mentre sono gli apparati politici che sembrano dimenticarsene. Settimana scorsa ho incontrato il nuovo ambasciatore della Lega Araba in Italia, il quale ha comunque fatto sapere la sua disponibilità ad intensificare la cooperazione con le nostre organizzazioni”.
– Quale soluzione politica auspica per la ‘questione palestinese’: due popoli, due stati?
Sì, io penso che questa sia l’unica via percorribile. Lo stesso presidente della Camera, Gianfranco Fini, come il Presidente Napolitano ed altri politici internazionali, ha dichiarato in più occasioni che non vi sarà in Medio Oriente pace duratura senza che si arrivi alla creazione di uno stato palestinese accanto a quello di Israele”.
– Ma non teme che, una volta che vi saranno i due stati sovrani, per di più confinanti, possano nascervi tensioni, se non una guerra?
Io penso che la cosa più urgente sia proprio quella di risolvere la drammatica situazione umanitaria degli abitanti di Gaza e della Cisgiordania e a ciò si può arrivare solo una volta che verrà garantita la sicurezza, la quale richiede per forza di cose la via obbligata del riconoscimento ai palestinesi di un proprio paese”.