La via dell’oro russo e delle riserve auree del Cremlino

di Lorenzo Pallavicini

La banca centrale russa ha attuato, sin dall’inizio dell’era Putin nel 2000, una politica di acquisti aurei volta al ritorno alla grandezza sovietica, che nel 1941 raggiunse il record storico di 2800 tonnellate di riserva aurea. Nel 1991, anno della fine dell’URSS, le riserve auree statali erano pari ad appena 290 tonnellate mentre a settembre 2023 si stima, in base ai dati del World Gold Council, che le riserve auree russe abbiano raggiunto quota 2330 tonnellate, quinto posto nel mondo.
Diversi elementi hanno favorito questo accumulo, tra cui la disponibilità fisica del minerale, che fa della Russia uno dei primi tre produttori al mondo con una estrazione di circa 330 tonnellate annue, pari al 15% della produzione mondiale, grazie anche all’incremento dei siti minerari sul territorio russo, favoriti da una legislazione ambientale in materia assai meno rigida rispetto a quella dei paesi occidentali.
La esclusione di molte banche russe dal sistema SWIFT ha visto la diminuzione di reperibilità in Russia di valuta estera occidentale, le monete più usate negli scambi commerciali mondiali e con cui sono quotate le materie prime di riferimento.
Il Cremlino ha così fatto affidamento sul tesoro accumulato nel ventennio putiniano, una delle garanzie di solvibilità sul debito sovrano russo, visto l’incremento del valore dell’oro, aumentato dai 350 dollari ad oncia del 2003 agli attuali 1900, un aumento annuo del 17% .
L’oro è a prova di congelamento, a differenza dei conti bancari in valuta estera, bloccati dai paesi occidentali come effetto delle sanzioni erogate a seguito dello scoppio del conflitto in Ucraina. Il caveau della banca centrale russa, dove sono detenute oltre il 75% delle riserve auree del paese, consente di avere una moneta di scambio preziosa e meno tracciabile, seppure complessa per la necessità di ingenti misure di sicurezza e la sua non trasferibilità tramite mezzi telematici.
La vendita di oro è uno dei settori colpiti dalle sanzioni occidentali, per un prodotto che prima del conflitto ucraino produceva un scambio commerciale da 18 miliardi di dollari con l’Europa, specie in Regno Unito, dove la city londinese era acquirente essenziale grazie alle grandi corporazioni bancarie e che ha visto, in base alle statistiche britanniche per il commercio estero, vendite pari a oltre 700 tonnellate nel triennio 2019-febbraio 2022 .
Un brutto colpo per Mosca, collaterale alle sanzioni occidentali, è stato il declassamento della London Bullion Market Association, che ha privato i lingotti made in Russia del marchio good delivery, garanzia di qualità e di purezza del prodotto pari al 99,5%, senza la verifica della effettiva quantità di metallo prezioso contenuta nel lingotto, la saggiatura.
Tuttavia, Mosca si è affidata a paesi terzi per il commercio del suo oro, tramite nazioni come gli Emirati Arabi Uniti che ne hanno importato oltre 80 tonnellate in un anno, un aumento esponenziale rispetto alle 1,3 tonnellate del 2021. L’emirato è diventato centro di smistamento per i paesi di maggiore interesse per i lingotti russi, Cina e Turchia che, secondo quanto riportato dall’agenzia Reuters, hanno importato 20 tonnellate a testa in un anno, il 98% del totale delle importazioni di oro russo.
Accanto al mercato esterno, Mosca ha stimolato l’accumulo di oro da parte dei propri concittadini, tramite un decreto datato marzo 2022 di azzeramento dell’IVA del 20% sull’acquisto di lingotti, incoraggiando la detenzione di oro come alternativa alle valute estere come dollari o euro, un sistema che ha visto quadruplicare gli acquisti interni di lingotti.
La mancata applicazione delle sanzioni da parte di molti paesi extra occidentali ha mantenuto vivace la catena dell’oro russo e la futura sfida finanziaria dei paesi occidentali a Mosca dovrà passare anche dalla necessità di convincere sempre più paesi a rifiutare le importazioni del metallo dalla Russia, scegliendo oro di altra provenienza, con paesi come Canada, Stati Uniti ed Australia, tra i primi cinque paesi mondiali per estrazione, la cui qualità nella fusione e realizzazione di lingotti può fornire garanzie e certificazioni più solide di quelle russe.