Le conseguenze della “missione di pace in Iraq”: bambini deformi per il fosforo

di C. Alessandro Mauceri –

iraq bambino deformeChiunque pensi che quelle denominate eufemisticamente “missioni di pace” o “azioni di polizia internazionale” non siano violente e coperte dal sangue di migliaia di innocenti si sbaglia di grosso.
La prova di questo, di solito, la si ha anni dopo la fine dei conflitti, quando i riflettori, che per anni sono stati puntati sulla vicenda, sono ormai spenti e i media, distratti da nuove guerre e nuove “missioni di pace”, non ne parlano più.
Come in Iraq. La guerra scatenata contro il “dittatore” Saddam Hussein partì dall’accusa della presenza nel paese di armi chimiche. “Le armi ci sono – affermò George W. Bush – le cercheremo e sveleremo la verità al mondo”. Nessuno, però, né prima del conflitto né dopo, riuscì mai a trovare prove concrete di tutto ciò. Ad ammetterlo fu la stessa Dia, la Defence intelligence agency americana.
Al contrario, sono molte le prove dei crimini di guerra commessi dagli americani e dagli alleati nel corso della “missione di pace”. Torture sui prigionieri nella prigione di Abu Ghraib, denunce di episodi di abusi e di bombardamenti indiscriminati. Nel 2005 un’inchiesta di Rainews24 denunciò che, dopo i bombardamenti, i soldati Usa avevano ricoperto Fallujah di quantità enormi di fosforo bianco; inizialmente il Dipartimento di Stato americano negò, poi, viste le prove prodotte, fu costretto ad ammettere le proprie colpe. Eppure nel 1997 gli Usa avevano firmato la convenzione contro l’utilizzo delle armi chimiche, salvo poi essere i primi ad utilizzarle in Iraq. Fallūja venne quasi rasa al suolo, furono distrutti 2/3 degli edifici senza tener conto della presenza dei civili. E dopo i bombardamenti, la città venne ricoperta di fosforo bianco.
Le prove (e le conseguenze) di questo comportamento sono saltate fuori solo molti anni dopo. Oggi a Fallujah sono migliaia i bambini che nascono con malformazioni al cuore, allo scheletro e al sistema nervoso a causa delle armi adoperate dagli “alleati” impegnati a portare la pace e la democrazia nel paese. A dimostrarlo è uno studio che sarà pubblicato sul prossimo numero dell’International Journal of Environmental Research and Public Health: dopo l’attacco americano a Fallujahh, le nascite di bambini maschi sono improvvisamente diminuite del 15%, le malformazioni nei neonati sono undici volte superiori alla norma. Ma questa potrebbe essere solo la punta dell’iceberg: a Fallujah la maggior parte delle donne non partorisce in ospedale e il numero di decessi di bambini malformati nati fuori dagli ospedali è incalcolabile. Come ha confermato Chris Busby, professore dell’Università dell’Ulster, che ha esaminato circa 5mila persone a Fallujah. “Alcune forti esposizioni ad agenti mutageni sono sicuramente avvenute nel 2004, quando avvennero i bombardamenti”, aveva denunciato già due anni fa. Il report del dottor Busby, scritto insieme a Malak Hamdan e a Entesar Ariabi, afferma che la mortalità infantile a Fallujah è di 80 bambini morti ogni mille nati, un numero molto maggiore rispetto a quello di altri paesi: sono 19 in Egitto, 17 in Giordania e solo 9,7 in Kuwait.
Uno studio epidemiologico ha dimostrato che fra il 2004 e il 2009 il numero di tumori e leucemie è stato addirittura superiore a quello registrato fra i sopravvissuti di Hiroshima e Nagasaki!
Per gli alleati la guerra in Iraq è finita, il “dittatore” è stato deposto e la democrazia regna sovrana. Nessuno però ha detto quale è stato il costo in vite umane che questa “missione di pace” ha comportato.
Sono molti i medici iracheni che, da anni, cercano di richiamare l’attenzione della comunità internazionale sulla vicenda. Ma invano. “Secondo Lancet, i caduti furono 600 mila (di cui oltre 60mila civili, n.d.r.). Ora in Iraq il numero delle anomalie congenite è abnorme. Sarebbero necessari studi epidemiologici, ma nessuno si muove”, ha detto, un paio d’anni fa, Kypros Nicolaides, direttore del reparto di Medicina prenatale del King’s College Hospital. Ma né gli iracheni né gli americani né gli inglesi né le Ong sembrano disposti ad aiutarli. “L’aspetto criminale di questa tragedia è che, all’epoca della guerra, americani e inglesi non si presero nemmeno la briga di spendere qualche migliaio di dollari per comprare computer e tenere il conto dei morti”.
Anche il ministero della Salute di Baghdad pare fingere di non conoscere il problema. A Fallujah un medico ha deciso di comprare a proprie spese alcuni macchinari per la rilevazione prenatale delle anomalie congenite.
Il numero dei bambini nati con deformazioni congenite è altissimo e continua a crescere. E nessuno fa niente per aiutarli; negli ospedali manca tutto. Ormai nessuno crede più negli aiuti promessi e mai arrivati. ”Ora sapete che esiste un paese arabo che ha un numero di malformazioni o tumori maggiore di quello dell’Europa intera e avete bisogno di un adeguato studio epidemiologico. Sono sicuro che queste deformazioni sono in relazione con l’uso di armi da parte dei soldati americani. Ma ora abbiamo un “Dio sa quale” governo in Iraq e non disponiamo di alcuno studio epidemiologico. Chiudere gli occhi è molto facile per chiunque, tranne che per qualche professore pazzoide e sensibile come me che, da Londra, cerca di fare qualcosa”, ha detto il dottor Kypros Nicolaides, primario in Medicina fetale presso il King’s College Hospital, che con la Foetal Medicine Foundation (Fondazione per la medicina fetale) cerca di fornire l’aiuto che può.
Delle conseguenze di alcune “missioni di pace” non parla nessuno. Anzi pare che si stia facendo tutto il possibile per censurare le notizie: decine di esperti del mondo scientifico, intellettuali, operatori sanitari e difensori dei diritti umani, tra cui Noam Chomsky, Ken Loach, John Tirman, la dottoressa Mozhgan Savabieasfahani e organizzazioni come Human Rights Now Giappone, Health Alliance International e molte altre persone eminenti del mondo scientifico e intellettuale, hanno sottoscritto una richiesta formale all’Oms e al ministero della Sanità iracheno, nel 2013, chiedendo la pubblicazione di un rapporto del 2012 dell’Oms sugli effetti devastanti dei bombardamenti all’uranio impoverito sulla salute della popolazione irachena. Solo un paio d’anni dopo è emerso che anche un’altra relazione scritta in collaborazione con il ministero della Sanità iracheno e relativa alle conseguenze dei bombardamenti statunitensi e britannici sulla popolazione dell’Iraq non era stata resa pubblica. Hans von Sponeck, ex vice segretario generale delle Nazioni Unite, ha dichiarato che “Il governo degli Stati Uniti ha fatto di tutto per evitare che l’Oms indagasse nelle zone del sud dell’Iraq, dove è stato utilizzato l’uranio impoverito che ha causato gravi danni alla salute e rischi ambientali”.
Secondo numerosi medici, la contaminazione da munizioni all’uranio impoverito sta causando un’impennata di deformazioni alla nascita, tumori e altre malattie in gran parte dell’Iraq. La dottoressa Mozhgan Savabieasfahani, tossicologa presso la Scuola di medicina dell’Università del Michigan, ha dichiarato che “l’Iraq è avvelenato e tale indagine approfondita sulla salute pubblica deve essere pubblicata e ampiamente diffusa per richiamare il supporto e l’esperienza internazionale”. Secondo lei “dovrebbero essere convocati con urgenza medici esperti, tossicologi, epidemiologi, igienisti ed esperti ambientali per risolvere questa crisi e salvare vite umane”.
Sulla vicenda è stato eretto un muro di gomma che rende la tragedia di Fallujah ancora più spaventosa di quanto già non è. Nell’Iraq “democratizzato” e “pacificato” continuano a nascere bambini deformi.