Le proteste di piazza nel 2019 tra partecipazione e condivisione dei diritti

di Alberto Galvi –

L’anno appena concluso ha visto come attore principale della politica globale le proteste di piazza. In molte parti del mondo le persone hanno condiviso qualcosa in comune, una ferma convinzione che le cose possono cambiare e che bisogna essere in tanti per farlo.
Negli ultimi mesi in molti paesi dell’America Latina come Cile, Venezuela, Bolivia e Argentina si sono scatenate le proteste, che hanno costretto i governi a invertire le misure prese. I movimenti minacciano ancora in diverse parti del mondo regimi come in Ecuador, Polonia, Egitto, Georgia, Haiti, Perù e Zimbabwe.
In Francia migliaia di manifestanti si sono opposti al piano deciso dal presidente Macron di rinnovare il sistema pensionistico francese. Gli scioperi dei gilets jaunes sono durati per settimane e hanno interrotto i trasporti attraverso la Francia e oltre. Gli scioperi sono stati avvertiti soprattutto in questi giorni di festa.
A Hong Kong le proteste si sono diffuse dallo scorso giugno a causa di una controversa legge che avrebbe estradato Hong Kongers condannato per crimini nella RPC (Repubblica Popolare Cinese) e in Taiwan. Gli scontri sono in corso da 6 mesi con centinaia di migliaia di persone che hanno riempito le strade a sostegno a un movimento antigovernativo senza nessun colore politico, contro il governo e la polizia, alimentato dai timori per il crescente controllo da parte del partito comunista cinese.
In Algeria il movimento di protesta popolare Hirak, è iniziato il 22 febbraio scorso e dopo aver ottenuto le dimissioni di Abdelaziz Bouteflika, ha chiesto dei veri cambiamenti, negando ogni legittimità al presidente eletto. In Spagna i separatisti catalani si lamentano del fatto che la loro regione invia troppi soldi alle parti più povere della Spagna, dal momento che le tasse vengono riscosse dal governo centrale spagnolo di Madrid.
La comunicazione moderna ha contribuito ad alimentare la rabbia della popolazione e ad aiutare notevolmente l’organizzazione e il reclutamento di manifestanti tanto da riuscire ad abbattere alcuni leader eletti democraticamente, o dittatori al potere da decenni come in Iraq, Libano e Sudan. Altre proteste sono scoppiate in Iran, Repubblica Ceca, Etiopia, Russia e Malta ecc.
Le manifestazioni di piazza hanno riguardato anche temi come l’immigrazione e l’ambiente. In India sono scoppiate proteste dopo l’approvazione della legge che estende i privilegi di cittadinanza indiana ai migranti dei paesi vicini, purché questi non siano musulmani. In Sudafrica sono aumentati gli attacchi razzisti contro i lavoratori stranieri suscitando indignazione e rivolte in molte città del paese.
Per quanto riguarda l’ambiente la sedicenne svedese Greta Thunberg ha svolto un ruolo di primo piano verso l’attivismo climatico dei giovani, ispirando migliaia di proteste in 125 paesi. I politici che hanno aizzato manifestazioni di protesta sulle tematiche ambientali, sono stati sicuramente il presidente statunitense Donald Trump dopo aver dato l’avvio al processo di revoca degli Stati Uniti dall’accordo di Parigi e il presidente brasiliano Bolsonaro, per aver contribuito ad accelerare la distruzione della foresta amazzonica a favore delle aziende multinazionali.
C’è da credere che il minimo comun denominatore di tutti questi accadimenti sia soltanto uno, la necessità delle persone di voler essere protagonista delle proprie scelte, di esprimere la propria opinione e di poter incidere in qualche modo sulle sorti dei propri governi, diritto che ormai la democrazia partecipativa non è più in grado di garantire a causa della dilagante corruzione. Nei paesi dove invece la democrazia è solo un’utopia le proteste di piazza sono diventate l’unico strumento per ribaltare i regimi, che altrimenti sarebbero stati difficili da abbattere in modo pacifico.
Il 2020 sarà sicuramente l’anno della conferma di questo vecchio strumento di far politica, anche se è stato modernizzato in questi anni dall’utilizzo dei social network, che ne hanno amplificato l’efficacia.