L’Esercito algerino spara ai saharawi in fuga, sdegno dei capi tribù

di Belkassem Yassine –

tindouf campoCostretti a vivere in condizioni di sequestro da decenni in Algeria, i saharawi si sono sollevati contro l’inaccettabile situazione di negazione dei diritti e hanno deciso di abbandonare i campi di Tindouf anche a costo della vita.
Dopo gli scioperi della fame delle prime settimane di gennaio e le manifestazioni davanti alla sede dell’Acnur a Rabouni, ufficio del capo dell’organizzazione separatista “Polisario” Mohamed Abdelaziz, il movimento di protesta si è esteso ai campi di Aouessred, Smara, Laayoune, Boujdour, presso i quali era già alto il risentimento nei confronti delle milizie del Polisario, sostenute dalla gendarmeria nazionale algerina.
Quella che è stata una vera e propria rivolta ha preso il via quando l’Esercito algerino ha sparato contro un certo numero di abitanti dei campi in fuga verso la Mauritania: due giovani della tribù R’Guibat sono stati uccisi, diverse ferite ed altre scomparse nel nulla.
I manifestanti hanno quindi intonato slogan contro l’Algeria e il Polisario ed hanno chiesto all’Acnur di assumersi la responsabilità, come dovrebbe essere, di garantire la sicurezza e la tutela dei loro diritti.
I capi tribù saharawi delle province meridionali del Marocco riunitisi sabato a Laayoune hanno condannato i crimini barbari perpetrati dall’esercito algerino e dalle milizie del Polisario nei confronti dei manifestanti, ed hanno lanciato un appello all’Onu e alle organizzazioni internazionali di recarsi presso i campi di Tindouf per indagare su questi crimini e di prendere visione della situazione in cui vivono i marocchini obbligati nei campi.
In particolare il presidente del Consiglio provinciale di Laayoune, nonché Capo della tribù Azerguyine, Mouloud Alouate, ha sottolineato che lo Stato algerino è il responsabile delle violazioni commesse contro i saharawi marocchini a Tindouf, ed ha chiesto alla Comunità internazionale di “aprire un’indagine per determinare le circostanze dell’assassinio di due giovani saharawi e sulla repressione esercitata nei confronti dei sahrawi marocchini sul suolo algerino”.
Tali concetti sono stati ripresi anche dal capo Abdou Ould Salama della tribù Ould Naffaa, mentre
Mustapha Salma Ould Sidi Mouloud, ex ispettore generale della polizia polisariana, poi allontanato dai campi perché favorevole al Piano marocchino di autonomia del Sahara, ha fatto il punto sull’allarmante situazione drammatica in cui vivono gli esseri umani nei campi, caratterizzata da gravi violazioni dei diritti umani da oltre 37 anni: detenzioni arbitrarie, tortura, sequestri, sparizioni, schiavitù, negazione dei diritti fondamentali di espressione, circolazione, sfruttamento della popolazione da parte degli algerini; ha poi puntualizzato che una settimana fa “Christopher Ros, inviato dell’Onu, ha terminato la sua visita senza incontrare i rappresentati dei manifestanti radunati nei sit-in ad oltranza davanti agli uffici del Commissariato per i Rifugiati”. Mustapha Salma Ould ha poi aggiunto che “il mondo è preoccupato del caso dell’embargo al campo di Yarmouk che raccoglie i profughi palestinesi in Siria, il quale non è tuttavia diverso dalla situazione dei campi di Tindouf in Algeria. Serve quindi un interessamento della comunità internazionale attraverso i media, e che le organizzazioni impegnate nei Diritti umani possano recarsi nei campi per vedere la repressione adottata dal Polisario e dalle autorità algerine per prevenire ogni forma di protesta nel quadro delle Primavere arabe”.