Libia. al-Serraj accusa Haftar di tradimento. E convoca l’ambasciatrice francese

Forze di Haftar bloccate ad una cinquantina di chilometri da Tripoli.

di Enrico Oliari

Più dei carri armati e degli aerei, le armi del governo di Accordo nazionale che stanno tenendo i militari dell’esercito di Khalifa Haftar fuori da Tripoli sono quelle della diplomazia internazionale. Questa al momento si è limitata, almeno ufficialmente, a chiedere la fine degli scontri, il dialogo fra le parti e a ribadire la fiducia al governo “di Tripoli”, ma nulla toglie ora al presidente Fayez al-Serraj di chiedere l’intervento straniero contro il generale “di Tobluk”. Spingendosi a occidente e cioè contro il governo riconosciuto dalla comunità internazionale, Haftar si è di fatto messo in una posizione di debolezza, tant’è che ieri sera, in occasione di un intervento televisivo, al-Serraj lo ha accusato apertamente di “tradimento”.
Il presidente del governo di Accordo nazionale giocherà la carta del coinvolgimento delle forze straniere solo se veramente necessario, anche perché le milizie della potente tribù di Misurata, in particolare la Brigata 166, hanno inchiodato i militari di Haftar ad una cinquantina di chilometri da Tripoli e già ieri l’aeroporto della città è stato ripreso dai governativi.
Al-Serraj intanto ha accusato Haftar di essere venuto meno ad ogni accordo raggiunto durante le conferenza di Parigi e di Palermo, nonché alle intese di Abu Dhabi dello scorso 27 febbraio, ed ha dichiarato che “Abbiamo teso le mani verso la pace, ma dopo l’aggressione delle forze di Haftar e la sua dichiarazione di guerra alle nostre città e alla nostra capitale, lui non troverà che forza e fermezza”. Ha quindi convocato l’ambasciatrice francese in Libia, Béatrice du Hellen, per presentare una “forte protesta” a Parigi: la Francia ufficialmente sta con la comunità internazionale, ma subdolamente supporta insieme agli Emirati Arabi Uniti Haftar in funzione anti italiana.
E così mentre raid aerei colpiscono più in funzione ammonitiva, per quanto vi siano srati una ventina di morti in un attacco, che per distruggere obiettivi ed anche i razzi Grad piazzati a Garian, un’ottantina di chilometri in linea d’aria a sud del centro di Tripoli, hanno colpito senza incutere danni seri, le bordate sono soprattutto sul fronte diplomatico e politico.
Da segnalare l’arresto ieri sera da parte dei miliziani di Misurata e dei governativi nel distretto di Sawani e nei pressi dell’aeroporto internazionale di Tripoli di una settantina di combattenti di Haftar.

Senza essere troppo dietrologisti va detto che da tempo la Francia sta mettendo in Libia i bastoni fra le ruote all’Italia, probabilmente sia per prendere il controllo del mercato del petrolio locale, sia per una sorta di ripicca per quanto avvenne nel 1987, quando il presidente tunisino Habib Bourghiba fu destituito con un piccolo golpe definito “dei camici bianchi”, cioè per “incapacità psicofisica”, ed al suo posto i servizi italiani misero Ben Alì, cosa confermata nel 1999 in audizione dal capo del Sismi Fulvio Martini. La Francia starebbe cercando insomma di fare propria la zona di influenza italiana, tant’è che i bombardamenti francesi sulla Libia di Gheddafi iniziarono tre giorni prima di quelli Usa, appena prima del via libera delle Nazioni Unite.
Haftar, che con il suo esercito si è sostanzialmente messo contro quello che dovrebbe essere il suo governo, è malvisto specialmente dalle milizie islamiste in quanto viene accusato di essere al soldo di Washington poiché, fatto prigioniero nel 1987 dall’esercito ciadiano in occasione della “Guerra delle Toyota”, è stato poi prelevato dalla Cia e portato negli Usa, dove vi è rimasto fino al 2011 per ricomparire in Libia a comandare la piazza di Bengasi nell’insurrezione che ha portato alla deposizione di Muammar Gheddafi.

Fayez al-Serraj (a sinistra) e Khalifa Hafar (a destra).