Recensione. “Il potere costituito secondo Philip Roth”

di Giovanni Ciprotti –

gang fuoriCon il pretesto della sicurezza nazionale, i governi hanno intercettato le conversazioni di persone comuni e personaggi pubblici, spiato e imprigionato i propri cittadini, bombardato villaggi e città troppo spesso sulla base di semplici sospetti, costruito false prove per motivare operazioni discutibili, come fece l’amministrazione Johnson con l’incidente del Golfo del Tonchino nel 1964 per strappare l’autorizzazione del Congresso Usa all’intervento in Vietnam oppure l’amministrazione Bush jr. quando presentò le “prove” delle armi di distruzione di massa di cui Saddam Hussein sarebbe stato in possesso per giustificare l’invasione dell’Iraq nel 2003.
Oggi, nel nome della sicurezza nazionale, la Francia bombarda le postazioni Isis in Siria, la Turchia abbatte un aereo militare russo e la Russia attacca dal cielo le postazioni ribelli in Siria (in questo caso per difendere la sicurezza nazionale del legittimo regime siriano di Assad).
Einaudi ha recentemente pubblicato un libro scritto da Philip Roth nel 1971, in cui viene rappresentato in maniera irriverente e grottesca il modus operandi dei governanti. Il protagonista è il presidente statunitense Tricky E. Dixon (bizzarra caricatura del presidente statunitense di quegli anni), ma il lettore potrebbe riconoscervi molti dei capi di governo di oggi.
La fantasia di Roth attribuisce al presidente Dixon una serie di propositi ed azioni folli o incomprensibili quali l’invasione della Danimarca da parte dei marines americani, la crociata contro l’aborto che sfocia nell’intenzione di dare il diritto di voto ai “non-nati” oppure la sanguinosa repressione, per mano degli “eroici” militari statunitensi, della protesta a Washington di diecimila giovanissimi boy-scout.
Ciascun episodio viene presentato ai cittadini americani attraverso discorsi televisivi a reti unificate, nei quali il presidente spiega le motivazioni che hanno condotto alla scelta fatta. Sono le pagine più belle del libro, nel quale l’autore dà il meglio di sé e confeziona pretesti straordinari che nella mente del presidente dovrebbero giustificare le decisioni della Casa Bianca. Così, l’inconfessabile tentativo di recuperare consenso elettorale riconoscendo il diritto di voto ai “non-nati” viene presentato come difesa di una minoranza trascurata fino a quel momento. E l’invasione della Danimarca, che sembra quasi anticipare quelle vere di Grenada, decisa da Reagan nel 1983, e di Panama, autorizzata da Bush sr. nel 1989, viene comunicata in questo modo alla pubblica opinione americana:
“Qualunque notizia possiate aver sentito riguardo a un’invasione americana del territorio danese, è categoricamente falsa, e costituisce una deliberata distorsione dei fatti.
La verità è questa: lo sbarco su veicoli anfibi di un reparto di mille valorosi marines americani avvenuto appena qualche ora fa, a mezzanotte ora danese, non è stato un’invasione del territorio danese, ma la liberazione dall’oppressione danese di una località sacra da secoli ai popoli di lingua inglese di tutto il mondo, e in particolare agli americani.
Sto parlando della liberazione della cittadina di Elsinore, dove sorge la fortezza popolarmente nota ai turisti come “il castello di Amleto”. Dopo secoli di occupazione e di sfruttamento turistico da parte dei danesi, stanotte la cittadina e il castello, che devono la propria fama esclusivamente a William Shakespeare, il più grande scrittore di lingua inglese della storia, sono stati occupati da soldati americani, che parlano la lingua del bardo immortale”.
Un libro scritto un anno prima dello scandalo Watergate, un libro attualissimo: da usare come filtro per cercare di leggere tra le righe dei comunicati ufficiali che ogni giorno i governi di tutto il mondo ci propinano.

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