Messico. Caso Ayotzinapa: cosa c’è di nuovo

di Marco Dell’Aguzzo

messico marcia pro studentiLa Procura generale della Repubblica (PGR) ha reso pubblico il dossier contenente le investigazioni ufficiali sul caso della sparizione dei quarantatré studenti della Scuola Normale di Ayotzinapa, avvenuta nella città di Iguala il 26 settembre di un anno fa.
Nonostante la “verità storica” presentata dalle autorità messicane sia stata più e più volte criticata e discussa, addirittura giudicata “scientificamente impossibile” da un gruppo di esperti che ha indagato indipendentemente sul caso, la lettura del dossier (non privo di contraddizioni) riserva alcune sorprese e contiene delle informazioni inedite.
Uno dei presunti sicari interrogati dalla PGR, un certo “El Jonas”, ha ad esempio affermato che non tutti i quarantatré studenti sono morti, e che circa dieci persone che si presume siano state cremate con un imponente rogo nella discarica di Cocula (questo l’epilogo ufficiale della vicenda) non erano allievi della Normale di Ayotzinapa. Secondo il presunto sicario, i dieci giovani si distinguevano dagli studenti normalisti per il taglio di capelli (li portavano lunghi) e per le calzature che indossavano (scarpe da tennis, e non sandali come gli ‘ayotzinapos’). Secondo “El Jonas”, il 26 settembre una quarantina di giovani, tra studenti e non, sarebbero stati portati nella discarica a bordo di un furgone bianco; giunti nel luogo della cremazione, i ragazzi che non erano morti asfissiati furono uccisi con degli spari in testa da alcuni sicari.
La versione di “El Jonas” coincide sostanzialmente con quella della PGR, che vuole i quarantatré studenti uccisi e successivamente bruciati dai membri del cartello dei Guerreros Unidos, uno dei tanti che operano nella zona di Iguala, che avrebbero scambiato i giovani per appartenenti ad una gang rivale, quella dei Los Rojos. Ma il 6 settembre 2015 il Gruppo interdisciplinare di esperti indipendenti (GIDH), nominato dalla Commissione interamericana dei diritti umani a svolgere indagini autonome, ha scientificamente provato come sia impossibile bruciare così tanti corpi in così poco tempo; la cremazione è un processo lungo ed energeticamente dispendioso, che necessita di enormi quantità di combustile (si parla di oltre trenta tonnellate di legname) e di alte temperature: tutte condizioni che nella discarica di Cocula non possono essere state soddisfatte. A Cocula, comunque, la PGR ha annunciato di aver identificato due dei normalisti dispersi, ma ben più di qualche obiezione è stata sollevata in merito alla affidabilità di questa affermazione. La dichiarazione di “El Jonas” va comunque considerata tenendo conto delle accuse di tortura che sono state mosse alla PGR: esiste la possibilità che le autorità abbiano estorto con la violenza confessioni ai presunti sospettati della strage.
Martedì 13 ottobre la Commissione messicana per i diritti umani (CNDH) ha annunciato di investigare su un sesto autobus coinvolto nel caso. Il 26 settembre 2014 i normalisti si erano infatti procurati irregolarmente alcuni autobus per poter raggiungere, qualche giorno dopo, Città del Messico per una importante manifestazione. Di quanti bus fossero esattamente in possesso gli studenti nella notte dell’attacco è uno dei punti più problematici del “caso Iguala”: inizialmente ne vennero indicati tre; poi quattro; il GIEI scoprì l’esistenza di un quinto mezzo, nascosto dalle indagini ufficiali. Ora la CNDH parla di sei autobus, ma secondo il dossier della PGR i bus sarebbero sette. Secondo la ricostruzione del GIEI, sul quinto autobus che gli studenti avevano dirottato era nascosto un grosso carico di eroina che avrebbe dovuto raggiungere Chicago: un possibile movente della strage.
La PGR presentò come unici responsabili del massacro il cartello dei Guerreros Unidos e la polizia municipale di Iguala. In realtà, come si legge dal comunicato del GIEI, nella notte dell’attacco contro gli studenti (e non solo: morirono anche tre passanti) era presente anche la Polizia federale e l’Esercito. Il governo messicano non ha mai permesso che i soldati del 27° battaglione di fanteria (di stanza ad Iguala) venissero interrogati come testimoni, nonostante il loro coinvolgimento, se non altro per omissione, sia ormai stato appurato. Appena una settimana fa, Salvador Cienfuegos – segretario della Difesa e militare egli stesso – ha confermato il diniego: “Non permetterò che i miei soldati vengano interrogati e che vengano trattati come criminali. È la mia posizione e non penso che potrei o dovrei cambiarla”.

Twitter: @marcodellaguzzo