Migranti: i governi non sanno cosa fare

di C. Alessandro Mauceri

Il tema delle migrazioni è al centro della politica internazionale, come pure di quelle dei singoli paesi. In Italia Save the Children ha sottolineato le criticità dell’accordo con il governo albanese che prevede la realizzazione di due centri “delocalizzati”, definiti Centri per i Rimpatri (come se già si sapesse che le richieste di asilo presentate dai migranti saranno respinte), per la gestione delle procedure d’asilo delle persone salvate nel Mediterraneo. Ormai è chiaro che questo accordo come quelli simili, adottati da altri paesi europei, presenta molte criticità. Secondo numerosi giuristi che si occupano di migrazioni, viola il principio di uguaglianza, il diritto d’asilo e di difesa, garantiti da norme nazionali, comunitarie e internazionali. Tra le norme previste dal “pacchetto” alcune riguardano i minori stranieri non accompagnati. Secondo Save the Children alcune di queste misure “pongono i minorenni a serio rischio di respingimento, detenzione ed espulsione illegittimi causati da un’errata valutazione dell’età”.
“C’è la tentazione di andare a caccia di soluzioni rapide”, ha detto Rashmin Sagoo, direttore del programma di diritto internazionale presso il think tank Chatham House di Londra. “Ma la migrazione irregolare è una questione estremamente impegnativa. E risolverla richiede un pensiero politico a lungo termine al di là dei confini nazionali”.
In Gran Bretagna il primo ministro Rishi Sunak è sotto pressione a causa delle migrazioni. Anche all’interno del suo partito. Alle ultime elezioni, il partito aveva ottenuto notevoli risultati anche grazie alle promesse di “riprendere il controllo” dei confini del Regno Unito. Nell’ultimo periodo, il Regno Unito ha registrato cifre record di migrazione netta e le misure adottate dal governo per fermare le piccole imbarcazioni cariche di richiedenti asilo che attraversano il Canale della Manica sono state del tutto inefficaci. La situazione appare sempre meno chiara: le misure del premier sono state dichiarate illegittime e in violazione degli accordi sui diritti umani.
Situazione analoga in Francia dove il presidente Macron ha dovuto subire una sonora sconfitta: la Camera bassa del Parlamento ha respinto il suo disegno di legge sull’immigrazione. La norma proposta da Macron cercava di essere “bipartisan” e di accontentare conservatori e centro-sinistra adottando un mix di misure repressive e liberali. Invece, l’Assemblea nazionale, ha immediatamente bocciato la proposta di legge già il primo giorno di dibattiti.
Anche nei Paesi Bassi, i pragmatici centristi olandesi hanno perso contro un radicale anti-migranti.
In Germania la situazione non è certo migliore. L’opposizione di centrodestra ha fatto notevoli passi avanti verso l’adozione della linea dura sull’immigrazione: ha presentato un nuovo programma politico che chiede una revisione radicale delle regole sull’asilo.“Vogliamo riprendere il controllo dell’immigrazione”, ha detto Mario Voigt, capo dell’Unione cristiano-democratica (CDU),“Siamo un paese cosmopolita e ospitale. Ma ospitalità non significa togliere la porta d’ingresso. Significa decidere da soli chi e quanti entrano nelle nostre case”. Il suo partito ha presentato un documento intitolato “Vivere in libertà” nel quale si parla di limitare il numero di ammissioni di richiedenti asilo sia in Germania che in Europa.
Anche oltremare il tema migranti è sempre in primo piano. Nel 2023, il numero di migranti dalla Tunisia verso l’Europa è raddoppiato. E così il numero delle intercettazioni in mare. Secondo i dati del Ministero dell’Interno italiano, tra gennaio e novembre 2023, sono state circa 146.000 gli arrivi in Italia su piccole imbarcazioni. Per la metà partiti dalla Tunisia. Sull’altro fronte, la Guardia costiera tunisina ha comunicato di aver bloccato quasi settantamila (69.963) persone che cercavano di raggiungere l’Italia via mare. Eppure, secondo Ramadan Ben Omar, funzionario del Forum tunisino dei diritti economici e sociali, da ottobre i flussi migratori sono diminuiti. Non grazie agli aiuti che la Commissione Europea (e l’Italia) avrebbe voluto concedere al governo tunisino. “Le autorità tunisine hanno rafforzato i controlli alle frontiere e avviato campagne di sicurezza contro i contrabbandieri e le officine di produzione di barche”, ha detto Ramadan Ben Omar. I flussi migratori e le scelte adottate dal presidente sono diventati un tema politico caldo. Secondo Hager Ali, dell’Istituto tedesco per gli studi globali e di area, “è probabile che le dinamiche migratorie non abbiano avuto molto a che fare con l’accordo sulla migrazione”. L’aumento o il calo dei flussi migratori non sono influenzati né dalle scelte dei paesi europei né da quello che avviene in Tunisia (o in Libia). Riflette la situazione politica di paesi come Burkina Faso, Mali, Guinea, Costa d’Avorio, Sudan, Eritrea e Libia. “Paesi che hanno visto un’impennata di colpi di stato militari, volatilità politica ed economica, violenza estrema, persecuzioni e sfollamenti interni negli ultimi due anni, che hanno spinto molte persone ad andarsene”, ha aggiunto Hager. A confermare questa teoria il fatto che la percentuale di tunisini tra i migranti che cercano di raggiungere l’UE è diminuita considerevolmente passando dal 41% nel 2022 al 22% nel 2023.
Tutto questo non potrà non avere un peso sulle prossime elezioni presidenziali del novembre 2024. Gli analisti prevedono che i temi caldi su cui si confronteranno i candidati saranno due: migrazioni e crisi economica. Concentrare l’attenzione sul primo servirà a distrarre l’attenzione dell’elettorato dai problemi economici(molto più difficili da risolvere). “Abbiamo visto negli ultimi anni di elezioni europee che diffamare i migranti, soprattutto dall’Africa sub-sahariana, funziona bene come strategia di campagna elettorale perché indirizza erroneamente la frustrazione degli elettori verso le persone vulnerabili che forniscono un facile bersaglio”, ha detto un ricercatore.
Anche oltreoceano le migrazioni e il modo di gestirle è un tema delicato. Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha già problemi legati al modo di gestire questo problema. Ma negli USA la posta in gioco è molto più alta. E anche gli elettori americani dovranno valutare come il governo ha gestito il fenomeno migranti.