Perù. Rivolte nelle carceri a causa del Coronavirus

di Alberto Galvi –

Perù. Le rivolte nelle carceri a causa del coronavirus
Lo scorso lunedì nel carcere peruviano di Miguel Castro Castro de San Juan de Lurigancho, a Lima, si è verificata una violenta rivolta di detenuti, in cui sono stati bruciati materassi e sono stati appesi cartelli con i quali i carcerati chiedono la libertà, per paura di contrarre il Covid-19. Questa prigione ospita 5.500 detenuti, sebbene la sua capacità sia di soli 1.140.
La rivolta ha provocato 9 morti tra i detenuti e 67 feriti tra guardie, polizia e altri prigionieri. Il giorno precedente in quel carcere si è registrata la morte di 2 reclusi per Covid-19. Dopo 3 ore dall’inizio della rivolta più di 200 poliziotti sono riusciti a riprendere il controllo all’interno e all’esterno del penitenziario.
Nel carcere di San Pedro di Lurigancho, il più capiente del paese, alla fine della protesta i detenuti hanno firmato un accordo con la direzione riguardante le cure mediche e sono tornati nelle loro celle. I detenuti hanno protestato a torso nudo e con i manifesti sul soffitto. Il carcere di Lurigancho nel suo insieme ospita più di 10.000 detenuti anche se la sua capacità è di solo 2.500.
Sempre lo scorso lunedì un’altra rivolta è scoppiata nel carcere della città di Huancayo, anch’essa repressa dalle autorità, dopo la morte di 2 prigionieri per Covid-19. I detenuti di questa prigione hanno iniziato la protesta per chiedere di poter essere sottoposti ai tamponi dopo i morti dei giorni scorsi. La prigione di Huancayo ospita 2.100 detenuti ma con una capacita di soli 680 posti.
Nella prigione della città di Chiclayo, 2 prigionieri sono morti, provocando un’altra rivolta causata dalla paura del virus. La prima protesta in un carcere peruviano a causa della diffusione del Covid-19 si è verificata il 22 marzo. In totale si sono registrati finora almeno 21 prigionieri uccisi dalla malattia e circa 650 infettati.
Secondo l’Inpe (Instituto Nacional Penitenciario) nelle carceri peruviane ci sono 97.500 detenuti divisi tra 68 istituti, con una sovrappopolazione di 50.000 unità rispetto alla loro capienza effettiva. Inoltre 169 guardie carcerarie sono risultate positive al virus e 7 sono morte.
All’inizio di questa settimana, il presidente Martin Vizcarra ha prolungato la quarantena fino al 10 maggio, ma non è stato presentato alcun piano per i detenuti. Il Perù ha confermato di essere il paese dell’America Latina con il maggiore numero di casi di questa pandemia dopo il Brasile.
Il governo peruviano ha intanto annunciato la scorsa settimana che concederà l’indulto a 3.000 detenuti per rallentare la diffusione da Covid-19 nelle carceri del paese.
Con la quarantena in vigore da metà marzo, le prigioni sembravano un luogo sicuro per tenersi isolati dalla pandemia, soprattutto dopo che le visite dei parenti erano state sospese; i focolai si sono invece accesi a causa dei contagi di alcuni funzionari delle carceri, che hanno di fatto introdotto il virus all’interno degli istituti.
Il governo di Lima punta adesso al contenimento della pandemia attraverso la quarantena e l’utilizzo dell’esercito per evitare gli assembramenti di persone nelle strade e gli spostamenti non necessari da un luogo all’altro del paese.