Presidenziali USA … un secolo fa

di Giovanni Ciprotti –

debs eugeneDopo il ritiro di alcuni candidati repubblicani, ultimo in ordine cronologico Ben Carson, e i risultati del “Super Tuesday”, la corsa di Donald Trump verso la nomination repubblicana sembra ormai in discesa, benché non sia ancora riuscito a conquistare l’appoggio dell’establishment del Grand Old Party. Potrebbe essere lui a sfidare il candidato democratico: sarà la prima volta di una donna, Hillary Clinton, o di un socialista, Bernie Sanders, a conquistare la nomination del partito dell’Asinello? Negli Stati Uniti non si è mai verificato il primo evento e soltanto pochissime volte alle presidenziali ha partecipato un candidato socialista, ma non come esponente del Partito Democratico.
Accadde circa un secolo fa. Eugene V. Debs, uno dei leader socialisti tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del XX secolo, partecipò per ben cinque volte, tra il 1900 e il 1920, alla corsa per la Casa Bianca.
Debs era figlio di una coppia di immigrati provenienti dall’Alsazia, che in America avevano aperto una drogheria. Interrotti gli studi a 14 anni, il giovane Eugene svolse diversi lavori manuali, prevalentemente nel mondo delle ferrovie, dove dopo alcuni anni iniziò la sua carriera di sindacalista. Nel 1893 fondò un sindacato, la American Railway Union (ARU), che si proponeva di difendere anche i diritti degli operai non specializzati, una categoria trascurata dai sindacati dell’epoca. Debs aveva intenzione di includere anche i lavoratori neri, ma lo statuto approvato durante il congresso fondativo escluse tale possibilità per pochi voti di scarto.
Era l’epoca dei “robber barons”, delle fusioni delle imprese che portarono alla nascita dei grandi poli industriali, dei Morgan, dei Carnegie e dei Rockefeller. Era il periodo delle città costruite dai magnati attorno agli impianti produttivi, nelle quali gli operai vivevano e spendevano praticamente tutto il loro salario; non di rado la paga consisteva in buoni spesa utilizzabili solo all’interno delle città-dormitorio per l’affitto e il vitto, i cui prezzi erano superiori a quelli di mercato ed erano imposti dal datore di lavoro, proprietario sia degli alloggi sia degli spacci.
Nel 1894 la ARU guidò lo sciopero contro la Pullman Palace Car Company, l’impresa di George Pullman costruttrice di vagoni ferroviari, per protestare contro i tagli di salario agli operai, tra l’altro non accompagnati da corrispondenti riduzioni degli affitti e dei prezzi che gli operai pagavano per l’uso di abitazioni e servizi nella “città modello” di Pullman.
Il governo federale appoggiò la compagnia: prima con un’ingiunzione del Ministro della Giustizia Richard Olney (che aveva trascorsi di avvocato al servizio delle grandi compagnie ferroviarie) il quale, con il pretesto di salvaguardare la continuità del servizio postale, mise fuori legge lo sciopero in corso; successivamente, davanti alla resistenza degli operai, il presidente Grover Cleveland inviò le truppe federali per stroncare l’agitazione. Debs, in quanto capo dell’ARU, fu ritenuto colpevole di essersi opposto alla ingiunzione federale e condannato a sei mesi di reclusione.
Le riflessioni e le letture durante il periodo di prigionia lo trasformarono in un militante socialista. Qualche anno dopo ebbe un ruolo di rilievo nella fondazione sia del partito socialista americano sia del sindacato Industrial Workers of the World (IWW). A chi lo acclamava come leader del movimento socialista, una volta in un comizio rispose:
“Non vi guiderei nella terra promessa neanche se potessi, perché se io riuscissi a condurvi fin lì qualcun altro potrebbe guidarvi per farvi uscire.”
Nel giugno 1918, a pochi mesi dalla fine della Prima Guerra Mondiale, Debs tenne un discorso pubblico nel quale spiegava la sua contrarietà alla guerra in corso e per questo fu accusato di violazione dell’Espionage Act del 1917 (in base al quale era proibita qualsiasi dichiarazione che si opponesse alla coscrizione decisa dal governo, ostacolasse lo sforzo bellico in atto e diffondesse sentimenti anti-governativi tra la popolazione) e condannato a dieci anni di carcere.
L’anno seguente, la Corte Suprema respinse l’appello e Debs fu rinchiuso nel penitenziario federale di Atlanta. Durante il processo di appello, si era rivolto al giudice ribadendo le sue idee, ma accettando con dignità la sentenza:
“Se c’è una classe più umile io vi appartengo, se un animo langue in carcere io non sono libero. […] Vostro onore, io non chiedo clemenza e non adduco alcuna immunità. Capisco che il diritto deve prevalere.”
Negli anni precedenti aveva partecipato quattro volte alle presidenziali e nel 1912 aveva ottenuto 897.000 voti, corrispondenti al 6% dei votanti. Nella sua piattaforma politica proponeva la proprietà pubblica delle ferrovie e del sistema bancario, il sussidio del governo ai disoccupati, una legislazione per la riduzione dell’orario lavorativo e un salario minimo, e l’introduzione di una imposta progressiva.
Durante la prigionia nel carcere di Atlanta fu ancora una volta il candidato socialista alla presidenza. Benché fosse impossibilitato a condurre una ordinaria campagna elettorale, riuscì ad ottenere quasi un milione di voti. Il presidente democratico Woodrow Wilson gli negò la grazia, mentre nel 1921 il nuovo presidente, il repubblicano Warren Harding, fece scarcerare Debs, forse per inviare un segnale di distensione alla classe operaia e contribuire ad attenuare le tensioni sociali.
Ma il clima dei Roaring Twenties, i ruggenti anni Venti, non era favorevole alle idee propugnate dal leader socialista. Alcune di esse trovarono terreno più fertile nel New Deal rooseveltiano, altre saranno incluse nella agenda politica americana soltanto decenni dopo, spesso per stemperare gli effetti più duri di crisi economiche particolarmente pesanti e di lunga durata.
Gli Stati Uniti odierni non sono ancora usciti completamente dalla crisi scoppiata nel 2008. L’economia si sta riprendendo ma larghe fasce della popolazione vivono ancora in condizioni difficili. La tendenza al peggioramento del tenore di vita della “middle class” non è stata né arrestata né tanto meno invertita. L’emarginazione e la discriminazione che ancora colpisce la popolazione afroamericana e il brutale trattamento subito dai giovani neri da parte delle forze dell’ordine danno vita ad episodi di guerriglia urbana che ricordano in alcuni casi le rivolte nei ghetti neri degli anni Sessanta del secolo scorso. Gli effetti della immigrazione, regolare e irregolare, sulla stabilità dell’equilibrio sociale inducono gli esponenti politici a dichiarare quali soluzioni intendano adottare. I recenti, sanguinosi episodi legati al terrorismo di matrice islamica che hanno colpito il territorio statunitense contribuiscono alla diffusione di un senso di insicurezza nella popolazione, che alcune forze politiche, in America come in Europa, sfruttano per suggerire misure drastiche in difesa dei cittadini: nuovi muri, respingimenti, discriminazione degli ultimi arrivati, pugno duro nel controllo dell’ordine pubblico.
La figura e la visione della società di Debs, improntata ai principi di eguaglianza, equità sociale, rispetto e inclusione delle minoranze, sembrano quanto di più lontano ci possa essere dai profili e dalle idee dei candidati alle presidenziali statunitensi di oggi, tra i quali l’unica eccezione potrebbe forse essere costituita, sul fronte democratico, da Bernie Sanders.