Regno Unito. Londra sopperisce alla Brexit investendo in Africa

di Alberto Galvi

Il primo ministro britannico Boris Johnson nei giorni scorsi, in occasione del vertice a Londra sugli investimenti del Regno Unito in Africa, ha discusso con diversi leader africani sugli accordi commerciali che il paese vuole prendere con quelle economie in rapida crescita, dopo aver lasciato ufficialmente l’Unione Europea il 31 gennaio.
Il Regno Unito resterà comunque entro la fine di quest’anno un membro dell’Unione doganale e del mercato unico dell’Unione europea mentre per i 2 anni successivi il premier Johnson ha escluso di accettare una proroga. I rapporti tra il continente africano e il Regno Unito rimarranno invariati per tutto il 2020.
Le principali potenze economiche del pianeta come Cina, Stati Uniti e Francia ormai sono anni che investono nei paesi africani, mentre anche le nazioni del Golfo e l’India hanno aumentato la loro presenza diplomatica ed economica in questi paesi.
Lo scorso ottobre al vertice di Sochi persino la Russia di Putin ha deciso di puntare a degli investimenti in Africa. Adesso il Regno Unito vuole ritornare a investire nel continente africano per sopperire alle problematiche derivanti dall’uscita dell’Unione europea.
A questo punto infatti è diventato fondamentale per Londra dotarsi di un apparato economico completamente indipendente dai commerci con l’Unione europea. Altri partners europei come Francia e Germania hanno esportato in Africa nel 2018 più del doppio del valore dei beni rispetto a quello che ha fatto il Regno Unito.
Con l’uscita dalla Brexit, il Regno Unito dovrebbe adottare un approccio di investimento più ampio nei confronti della crescente classe media africana e dei suoi consumatori sempre più sofisticati. L’80% degli investimenti del Regno Unito in Africa si concentra sui servizi minerari e finanziari e il 30% degli investimenti nel continente è destinato a un singolo paese, il Sudafrica.
Nel continente africano ci sono 8 delle 15 economie in più rapida crescita al mondo, ed entro il 2050, ospiterà 1/4 dei potenziali consumatori di prodotti di ogni genere del pianeta. Il Regno Unito ha già avviato un accordo di partenariato economico con la SACU (Southern African Customs Union), che è composta da Sudafrica, Botswana, Namibia, Lesotho, Swatini e Mozambico.
Inoltre il Regno Unito si è impegnato a investire nella crescita in campo ecologico dell’Africa come parte di un impegno più ampio di utilizzare la sua competenza ed esperienza per aiutare l’Africa a passare dai combustibili fossili a forme rinnovabili e sostenibili di energia pulita.
Al vertice di Londra hanno partecipato 21 leader africani come quelli di Nigeria, Congo, Kenya, Egitto, Ghana, Senegal, Malawi, Mozambico, Costa d’Avorio, Uganda e Ruanda insieme a politici britannici, imprenditori africani e rappresentanti della finanza. Il continente africano in questo momento richiede al Regno Unito di migliorare le proprie infrastrutture, diminuire le diseguaglianze tra le persone e avere una politica sui passaporti più tollerante.
Il Regno Unito aumentando i suoi investimenti con i paesi africani non credo possa sopperire alla sua uscita dall’Unione europea. Oramai il continente africano è diventato il campo di battaglia della guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina, che di fatto hanno preso il posto degli inglesi in una buona fetta del continente.
La Francia è riuscita invece grazie ad una continua presenza militare ed economica a conservare un ruolo importante in quei paesi che aveva colonizzato precedentemente, grazie ad una politica di assimilazione da parte dei francesi nei confronti dei popoli colonizzati che ha addirittura portato Parigi a coniare una moneta coloniale come il Cfa (Communauté financière africaine).
Nei paesi anglofoni durante il periodo coloniale c’era invece la tendenza a delegare l’amministrazione ai poteri già preesistenti di tipo etnico tribale. Per questo motivo una volta abbandonate le colonie, gli inglesi hanno perso ogni supremazia a livello commerciale su quelle terre.
Nonostante le ex colonie britanniche siano tutte membri del Commonwealth, sono rimaste poco influenzate dall’adesione del Regno Unito all’Unione europea. Infatti a causa delle sue politiche economiche protezioniste, i britannici non hanno incentivato adeguatamente gli investimenti in Africa, rimanendo indietro rispetto alle altre potenze globali.