Russia. Putin si proclama zar a vita

di Elisabetta Corsi

Quando la Costituzione impone all’uomo forte limiti al proprio mandato, basta cambiare la Costituzione. E’ avvenuto nella Turchia del “sultano” Recep Tayyp Erdogan, è avvenuto nella Russia dello “zar” Vladimir Putin, che da 21 anni fa il bello e il cattivo tempo nel paese dagli 11 fusi orari, e che potrà continuare a farlo teoricamente fino al 2036.
Il referendum del 1 luglio in Russia ha sancito infatti l’azzeramento dei mandati per Putin (quello attuale scadrà nel 2024) e quindi la possibilità per il leader del Cremlino di ripresentarsi alle elezioni per altre due volte e di guidare il paese fino a quando avrà 83 anni.
Il 77,9 % degli elettori ha votato a favore della modifica della Costituzione e solo il 21% si è detto contrario. L’oppositore politico Alexei Navalny si è scagliato contro il risultato affermando che Putin vuole essere “il sovrano eterno della Russia” per comandare insieme “alla sua cerchia di amici”, e da più parti sono volate accuse di irregolarità, basti pensare al sospetto plebiscito dei voti arrivati dalla Cecenia.
Gregory Mekonyants, capo dell’associazione politica “Golos” (Movimento per la difesa degli elettori), ha fatto sapere che “Mai così tante persone ci hanno contattato perché messe sotto pressione per votare”, e che “questo è il voto più manipolato e meno trasparente della storia del Paese”. Il politico dell’opposizione Ilya Yashin ha dichiarato che “Putin vuole rimanere al potere fino alla fine della sua vita. Vuole più poteri, la subordinazione diretta di tutti i rami del potere. In sostanza, è un colpo di stato”.
Brogli o meno, certo è che che quei due milioni di voucher promessi agli elettori dal Comune di Mosca ufficialmente per “sostenere i consumi” lasciano una certa perplessitài, come pure i premi in auto e sconti ai ristoranti messi in palio dai governatori delle regioni fra chi andava a votare.
Se può essere eccessivo parlare di “colpo di stato”, certo è che il referendum cambia molte cose, e non è detto che tutti gli elettori ne abbiano percepito la portata nel mare di populismo messo sul piatto, a cominciare da quei temi etici per cui i russi sono molto sensibili. La “fede in Dio” entra così a far parte del fondamento dello Stato, e viene stabilito che il matrimonio è solo tra uomo e donna; la Crimea, annessa nel 2014 con un referendum farlocco, entra a far parte definitivamente del territorio della Federazione, ma contestualmente viene vietata qualsiasi espropriazione del territorio russo. In costituzione vi sono anche il salario minimo garantito e l’indicizzazione annuale della pensione, ma anche il divieto per gli alti funzionari di detenere passaporti esteri e di avere la residenza o conti bancari all’estero. Viene assicurato un atteggiamento responsabile verso gli animali, ma anche la supremazia delle leggi russe su quelle internazionali.
I russi si sono trovati a votare in una volta sola su 206 emendamenti e per certi aspetti a scatola chiusa, tanto che i media locali hanno fatto notare come i cittadini abbiano votato spesso senza conoscere il contenuto della proposta di riforma costituzionale.
Nell’Ue il referendum russo è stato vito con tiepidezza, e il portavoce della Commissione per le questioni estere Peter Stano ha fatto contare che “Il mandato di un presidente è qualcosa che spetta ai Paesi stabilire”, mentre “Un emendamento a cui guardiamo con attenzione è quello che conferisce alla costituzione supremazia giuridica su trattati internazionali e sentenze di Corte internazionali”.