Rwanda. Paul Kagame guarda al terzo mandato

di Valentino De Bernardis –

Kagame paulNella sessione del 14 luglio il parlamento ruandese ha discusso la richiesta di modifica costituzionale, circa i termini del mandato presidenziale, presentata attraverso una petizione popolare firmata da oltre 3,7 milioni di persone (su una base elettorale di circa sei milioni).
La mobilitazione dell’elettorato attivo ha come obiettivo quello di poter permettere al presidente della Repubblica in carica, Paul Kagame, di correre per la terza volta, nel 2017, alla carica istituzionale più alta del paese.
L’ostacolo da rimuovere è rappresentato dall’articolo 101 della costituzione ruandese che, senza possibilità alcuna di duplice interpretazione, specifica come il presidente della Repubblica rimanga in carica per la durata di sette anni, rinnovabile una sola volta, e che in nessuna circostanza ad una persona può essere permesso di ricoprire la carica per più di due mandati consecutivi.
La proposta popolare di modifica costituzionale è riuscita quindi ad ottenere un primo supporto dall’organo legislativo dello Stato. Nel Senato si sono potuti contare difatti 24 voti a favore (su un totale di 26, con due senatori assenti per motivi di salute e per missioni istituzionali improrogabili), mentre nella Camera bassa i voti a favore sono stati 79 su 80, con un solo voto dichiarato nullo.
L’unico partito che si è dimostrato contrario alla possibile riforma costituzionale è il Partito Democratico Verde, che non ha esitato a presentare ricorso alla Corte Suprema affinché il parlamento non proceda alla modifica della costituzione, come ribadito dal suo segretario generale Jean-Claude Ntezimana.
Ad ogni modo, nonostante l’azione politica intrapresa dai democratici, il sostegno ottenuto da oltre due terzi dei rappresentanti in entrambe le Camere, ha rappresentato il primo passaggio ufficiale necessario affinché il normale iter legislativo abbia inizio, e data la solida maggioranza su cui può poggiare il Presidente, molto probabilmente non troverà ostacoli insormontabili durante il percorso.
La modifica della Costituzione è regolata dall’articolo 193 della stessa, dove è specificato che ogni emendamento alla carta fondamentale deve essere proposta dal Consiglio dei Ministri e da ciascuna Camera del Parlamento con una risoluzione approvata coi i due terzi dei voti della maggioranza dei suoi membri (come accaduto il 14 luglio). Nel caso specifico viene altresì specificato che trattandosi di una modifica al mandato presidenziale, essa dovrà essere approvata anche da un referendum, dopo l’adozione da ciascuna Camera.
In un tale contesto, sembra sempre più chiaro come Paul Kagame rimanga quindi il leader di riferimento per tutto il panorama politico ruandese. Padre nobile della patria, dopo la guerra civile 1990-1993 e il genocidio del 1994, Kagame ha preso la testa del paese nel periodo di transizione del 2000 prima di essere eletto con ampio mandato alla presidenza della repubblica nel 2003 e nel 2010, non affatto intenzionato ad abdicare nei confronti di nessun delfino o alleato.
Il successo incassato con il voto quasi all’unanimità del 14 luglio testimonia come non vi sia attualmente alcun esponente dell’opposizione forte abbastanza per attentare alla sua leadership.
Se con le elezioni politiche del 2010 è riuscito letteralmente ad annichilire le possibilità di successo del suo avversario principale (Kagame 93,1%; Jean Ntawukuriryayo 5,1%) una sua eventuale candidatura per un terzo mandato, molto probabilmente si tramuterà in una vittoria assicurata, nonostante alcuni rumors non confermati hanno fatto il nome forte di Donald Kaberuka, attuale presidente della Banca Africana di Sviluppo (AfDB), che dovrebbe portare a compimento il suo mandato il primo settembre 2015, come suo possibile antagonista.
Sebbene negli ultimi due anni, la ricerca di un terzo mandato abbia conosciuto alterne vicende in molti paesi dell’Africa Sub Sahariana, sfociati in scontri di piazza o in denuncia di brogli elettorali (basti pensare a Burkina Faso, Togo e in ultimo al Burundi), in Rwanda la questione potrebbe avere un esito ben diverso, dato che almeno formalmente la richiesta parte dalla base elettorale, e non calato dall’alto.

Nella foto: Paul Kagame.

@debernardisv