Senkaku: la Cina reclama lo spazio aereo. Giappone ed Usa sorvolano. E Pechino manda una portaerei

di Guido Keller –

senkalu grandeSale la tensione nel mar Cinese Orientale a causa della contesa sulle Senkaku, il piccolo arcipelago di cinque isolotti e tre scogli disabitati (ma ricchi di gas), conteso da Cina, Giappone, Taiwan e Corea del Sud: dopo mesi di battibecchi, azioni dei nazionalisti con tanto di sbarchi sulle isole, pescherecci e guardia costiere, boicottaggio dei prodotti giapponesi in Cina e persino una sassaiola contro l’auto dell’ambasciatore nipponico a Pechino, nei giorni scorsi la Cina ha proclamato unilateralmente una “zona di identificazione per la difesa aerea” che comprende anche i cieli delle Senkaku, avvertendo le varie compagnie aeree della necessità “fornire precise indicazioni sui loro piani di volo, di mantenere aperte le comunicazioni e di rispondere in modo rapido e chiaro” alle richieste di identificazione.
In tutta risposta gli Stati Uniti due giorni fa hanno fatto sorvolare le isole da due bombardieri B-52, cosa confermata dal Pentagono che, appunto, ha fatto sapere di non aver chiesto i permessi di volo a nessuno. Ovvio il gesto di sfida, al quale la Cina ha risposto rigirando la frittata grazie ad un comunicato emesso dal Ministero della Difesa in cui si leggeva che “gli aerei statunitensi hanno sorvolato la zona aerea del mar della Cina orientale; hanno volato da sud a nord e da nord a sud; e a 200km a est dalle Diaoyu (nome cinese delle isole)”. “La Cina ha la capacità di vigilare e controllare”, era scritto ancora nel testo, dove tuttavia non venivano specificate eventuali rappresaglie nei confronti degli Usa.
Lo scorso 3 ottobre sulla pertinenza delle Senkaku era intervenuto anche il Segretario di Stato Usa John Kerry, il quale aveva riconosciuto l’amministrazione giapponese sull’arcipelago, invitando la Cina a non compiere “azioni unilaterali” che avrebbero potuto contribuire ad innalzare il livello dello scontro. Da notare che nel 1972, secondo quanto stabilito nel 1951 dal Trattato di pace di San Francisco e dal Trattato di reversione delle Okinawa del 1969 tra USA e Giappone, le isole ritornarono sotto il controllo dell’amministrazione giapponese e quindi tornarono, com’era sempre stato, a far parte della Prefettura di Okinawa.
Dopo i B-52 statunitensi, nella giornata di ieri a sfidare il divieto di volo cinese sono stati sia jet giapponesi che sudcoreani: “Non abbiamo cambiato il modo di pattugliare l’area dichiarata zona di identificazione aerea dalla Cina – ha dichiarato Yasutaka Nonaka, portavoce della Guardia costiera nipponica – e non abbiamo incontrato jet cinesi”.
Tuttavia oggi la Cina ha alzato i toni ed ha spostato dal porto orientale di Qingdao la portaerei Liaoning, l’unica della Repubblica popolare cinese, nella base di Sanya, nella provincia insulare dell’Hainan, nel mar Cinese Meridionale. Con la portaerei viaggiano anche i cacciatorpedinieri Shenyang e Shijiazhuang e le fregate Yantai e Weifang.
La situazione si sta quindi di giorno in giorno deteriorando e fra le due nazioni, la Cina ed il Giappone, le relazioni sono ormai ai minimi: anche la dura reazione espressa attraverso i canali diplomatici alla visita del mese scorso del primo ministro giapponese Shinzo Abe e del ministro dell’Interno Yoshitaka Shindo al santuario shintoista Yasukuni di Tokyo, dove è custodito il Libro delle anime di quasi 2,5 mln di caduti, tra i quali 14 criminali di guerra di Classe A (crimini contro la Pace) e 1.068 condannati per crimini di guerra, coinvolti anche in massacri durante l’occupazione della Penisola coreana e della Cina, è da leggersi in chiave della contesa per la sovranità sulle isole. C’è da augurarsi che, visto il crescere delle tensioni non dia il via ad una reazione a catena incontrollabile: già agli inizi di novembre la televisione nazionale giapponese aveva informato della dislocazione da parte di Tokyo per la prima volta di missili antinave SSM-1 a Miyako, nel Mar Cinese Orientale, e presso l’isola di Okinawa, dopo che in agosto cinque navi militari cinesi avevano circumnavigato il Giappone, passando lo stretto di La Pérouse, che separa l’isola di Hokkaido (nord del Giappone) dall’isola di Sachalin (Russia) e lo stretto di Corea.

Da Wikipedia

Secondo fonti cinesi, le isole furono scoperte ed esplorate da cinesi nel 1403, considerate da allora sotto la giurisdizione dell’isola di Taiwan e la pesca nelle loro acque fu di esclusiva competenza di cinesi fino a dopo la fine della seconda guerra mondiale. Nel 1683 la Cina imperiale, allora retta dalla dinastia Qing, si annetté Taiwan ed il territorio venne assegnato alla Provincia di Fujian. Nel 1885 entrò a far parte della nuova Provincia di Taiwan.
In seguito alla sconfitta cinese nella prima guerra sino-giapponese (1894-1895) e al conseguente Trattato di Shimonoseki (aprile 1895), nel 1895 Taiwan ed altre isole vicine passarono sotto la sovranità dell’Impero giapponese. Le Senkaku furono esplorate, misurate ed incorporate nel territorio nazionale quello stesso anno. Attorno al 1900, l’imprenditore giapponese Koga Tatsushirō costruì uno stabilimento per la lavorazione del tonnetto striato, trasferendo nelle Senkoku 200 lavoratori. L’impresa fallì nel 1940 e da quel momento le isole rimasero deserte;
Con la sconfitta nipponica nella seconda guerra mondiale e l’occupazione del Giappone, Taiwan e le Senkoku diventarono parte dell’Amministrazione civile degli Stati Uniti d’America per le Isole Ryukyu, pur rimanendo formalmente sotto la sovranità giapponese. Da quel momento iniziarono le esercitazioni della United States Navy nelle Senkaku. Sconfitte nella guerra civile cinese, nel dicembre 1949 le truppe di Chiang Kai-shek fuggirono dalla Cina continentale ed occuparono Taiwan. Da questo momento, sia Pechino che Taipei reclamarono la sovranità su tutta la Cina, comprese le Senkaku. In forza dei trattati di San Francisco (1951) e di Taipei (1952), il governo giapponese formalmente rinunciò alla sovranità su Taiwan. I trattati fanno riferimento ad altre isole prossime a Taiwan ma non alle Senkaku che, pur sotto il controllo americano, continuarono a far parte della Prefettura di Okinawa.
Nel 1969, la commissione economica e sociale per l’Asia ed il Pacifico delle Nazioni Unite identificò potenziali riserve di petrolio e gas in prossimità delle isole; Nello stesso anno venne siglato il Trattato di reversione delle Okinawa tra gli Stati Uniti ed il Giappone.
Negli anni Settanta, i discendenti di Koga Tatsushirō vendettero 4 delle isole Senkaku alla famiglia Kurihara della Prefettura di Saitama. Nel 1972, secondo quanto stabilito nel 1951 dal Trattato di pace di San Francisco e dal Trattato di reversione delle Okinawa del 1969 tra USA e Giappone, le isole ritornarono sotto il controllo dell’amministrazione giapponese. Il governo giapponese assegnò la giurisdizione delle isole al comune di Ishigaki ma, per non creare turbative con Pechino, proibì lo sfruttamento, lo sviluppo e l’accesso alle isole.
Conflitto per la sovranità sulle isole[modifica | modifica sorgente] Per approfondire, vedi Crisi sino-giapponese per le isole Senkaku.
Fu in questo periodo che la Repubblica Popolare Cinese e la Repubblica di Cina (Taiwan), che non avevano firmato il trattato di San Francisco, contestarono con maggiore durezza i diritti di Tokyo sulle isole. I cinesi sostennero che oltre al punto di vista storico, secondo cui le Senkaku fanno parte di Taiwan, dal punto di vista geologico le isole non fanno parte delle Ryūkyū, dalle quali sono separate dal profondo canale di Okinawa. Il governo di Taiwan protestò ufficialmente con gli Stati Uniti definendo un errore l’assegnazione delle Senkoku al Giappone. Nello stesso periodo si registrarono diverse manifestazioni di espatriati cinesi negli Stati Uniti per la restituzione a Taiwan delle isole. Il governo americano ribatté che aveva restituito il diritto di amministrazione delle isole a Tokyo, ma non si era pronunciato sul diritto di sovranità. Il governo giapponese affermò che nel trattato di Shimonoseki del 1895 non sono specificate le Senkaku, che furono incorporate allo Stato indipendentemente dal trattato stesso.
Nel 1979, una missione governativa giapponese si accampò per circa 4 settimane nelle isole per valutare la possibilità di eventuali insediamenti umani e per studi scientifici; Dal 2002 il Ministero degli Interni e delle Comunicazioni Giapponese prese in affitto dai Kurihara le isole Uotsuri, Minami Kojima e Kita Kojima. Il Ministero della Difesa prese in affitto l’isola di Kuba, che continuò ad essere usata dalle forze armate statunitensi. L’isola di Taisho era già di proprietà dello Stato giapponese.
Nel 2010 si acuirono le schermaglie tra i giapponesi ed i cinesi con il verificarsi di incidenti sulle isole. Il conflitto si è allargato nel 2012, dopo l’annuncio del governo giapponese di voler comprare dai Kurihara le Senkaku, che diventerebbero così ufficialmente parte dello Stato.
L’acquisto, ufficializzato l’11 settembre del 2012, ha provocato una serie di violente proteste in molte città cinesi. Tra le varie iniziative al vaglio del governo cinese, la richiesta di un arbitrato per ottenere di espandere fino al canale di Okinawa la propria zona economica esclusiva, che attualmente arriva fino alla linea intermedia fra le coste giapponesi e quelle cinesi. Tale eventualità farebbe ricadere le isole nella zona economica esclusiva cinese e consentirebbe a Pechino di sfruttare i giacimenti.