SIRIA. Scambio di accuse regime-opposizione, ma si tratta

Agi

al-muallim walidPer la prima volta in tre anni di guerra seduti l’uno di fronte all’altro, i nemici siriani hanno mostrato quanto sarà lungo e difficile il cammino verso la pace. Invitati a Montreux per cogliere la “storica opportunità” del tavolo della pace, nella giornata inaugurale della cosiddetta Ginevra 2 – la conferenza di pace che rappresenta lo sforzo più corposo messo in campo dalla diplomazia per dare una soluzione al sanguinoso conflitto – sotto gli occhi del mondo hanno gridato il loro odio.
Il segretario generale dell’Onu, Ban ki-moon, aveva aperto i lavori con un appello a mettere da parte le differenze per “rendere un servizio al popolo siriano”. E invece l’opposizione, arrivata a Montreux con un solo obiettivo, ha dichiarato subito che Assad e i suoi uomini se ne devono andare; gli emissari del regime hanno risposto he il rais rimarra’ al suo posto, e che anzi quella è una ‘linea rossa’ invalicabile. E’ stato un botta e risposta andato in scena in diretta. Il ministro degli Esteri, Walid Muallem, ha accusato l’opposizione di essere “traditori” e agenti al soldo di potenze straniere, le monarchie sunnite del Golfo, mai nominate, che “usano i petroldollari per comprare le armi” e che vogliono mettere in ginocchio la Siria; l’opposizione ha tuonato che quel che sta accadendo ricorda l’orrore dei crimini nazisti e ha chiesto alla delegazione siriana di firmare subito il piano internazionale per la transizione del potere, in pratica un appello alla diserzione. Quel che si è visto al Montreux Palace, sulle rive del Lago Lemano, è il presagio di un processo che – come dice Emma Bonino – sarà sicuramente tutto in salita, “un cammino duro, lungo e a tratti anche conflittuale”. Ma lei non si è lasciata impressionare: “Una discussione cosi’ esplicita e’ un dato positivo”, ha commentato in una pausa dei lavori, parlando ai giornalisti, “le mezze parole non portano da nessuna parte e non mi aspettavo un inizio diverso”. Anche perchè la via negoziale è “l’unica possibilità, un filo conduttore che dobbiamo continuare a sostenere con grande determinazione”.
Straripante Muallem, protagonista di un discorso-fiume che neanche Ban Ki-moon, è riuscito a limitare ai 10 minuti concessi ad ogni oratore: “Loro sostengono di rappresentare il popolo siriano, ma se vogliono parlare a nome dei siriani, non dovrebbero essere traditori, agenti al soldo dei nemici”, ha tuonato, facendo un agghiacciante resoconto delle atrocità commesse dai “terroristi” appoggiati dai Paesi arabi e occidentali, tutti presenti anch’essi nella stanza. L’opposizione ha chiesto ispettori internazionali che possano documentare nei luoghi di detenzione le torture commesse. Sono volate parole forti, dunque, ma almeno i due contendenti hanno cominciato a parlarsi: “Sono stati seduti nella stessa stanza, ed è stata la prima volta i tre anni, un risultato storico”, come ha detto Ban. Adesso, a partire da venerdì prossimo si comincia a negoziare, nei tavoli tecnici a Ginevra, con la mediazione dell’inviato di Onu e Lega Araba, Lakhdar Brahimi. Il diplomatico algerino ha dovuto ammettere di non sapere ancora come procederà: oggi incontrerà separatamente le due delegazioni, forse capirà se potrà rivederli venerdì insieme in una stessa stanza oppure ancora separatamente. Loro, i siriani, in chiusura di giornata, dopo le parole forti hanno mostrato toni più concilianti: “Nonostante i ritornelli e le ripetute accuse, non ce ne andiamo”, ha detto Muallem. “Abbiamo sofferto troppo, ora è tempo di negoziare”, gli ha fatto eco Jarba. Non è chiaro quali saranno i primi passi. Ban Ki-moon, e la Bonino con lui, hanno chiesto si parta dal dramma umanitario: cessate-il-fuoco anche locali per proteggere i civili, per portare cibo, farmaci e aiuti alle popolazioni stremate, per far uscire dalle zone assediate donne e bambini siriani stremati da quasi tre anni di guerra.
In chiusura l’ambasciatore del regime di Damasco all’Onu, Bashar Jaafari, ha provato ad ostacolare qualsiasi tentativo.
Prima ha espresso “la delusione” a nome del il regime per il formato con cui si è tenuto il confronto di Montreux: “abbiamo avuto 40 Paesi apparentemente pre-selezionati in un modo che molti di loro fossero delegazioni anti-siriane, ossia rappresentanti di governi che hanno adottato politiche ostili verso il governo siriano”. Non solo Jaafari ha sottolineato che il regime ha bisogno di segnali di incoraggiamento per impegnarsi “nel sincero ed onesto” applicazione dell’accordo di Ginevra 1 (raggiunto il 30 giugno del 2012 ma mai entrato in vigore) aggiungendo che un accordo politico non può essere raggiunto “mano nella mano con terroristi”, la dizione con cui da sempre il regime di Assad ha definito l’opposizione. Il nodo resta paradossalmente l’intesa del 30 giugno 2012 che prevederebbe un sì ad una transizione – in teoria con Assad, per la delegazione siriana, e rigorosamente senza per l’opposizione. Una parte lasciata a suo tempo volutamente nel vago nella speranza che prima si partisse dal cessate il fuoco, mai iniziato, e poi si potesse iniziare a trattare sul futuro.