Spagna: fallisce il tentativo di svolta a destra

di Alessio Cuel

Il vento di destra, che sembrava soffiare forte in tutta Europa, non intacca ad oggi la Spagna, storicamente il più filoeuropeista tra i grandi paesi del continente. Le elezioni di ieri, infatti, hanno sì visto l’ascesa del Partito Popolare (che è emerso come primo partito con il 33% dei consensi e 136 rappresentanti al Congresso). Tuttavia, la possibile coalizione preconizzata prima del voto tra i popolari e gli estremisti di destra di Vox non sarebbe sufficiente per totalizzare una maggioranza al Congresso dei Deputati (la sola tra le due camere che vota la maggioranza): Vox si è infatti fermata al 12% dei consensi e, con i suoi 33 deputati, non permetterebbe a una coalizione di destra di raggiungere la fatidica soglia di 176 deputati, conditio sine qua non per ottenere una maggioranza.
Il premier in carica Pedro Sanchez, nonostante il secondo posto del suo Partito Socialista (32% dei consensi e 122 seggi), esulta. Dopo la batosta subita alle amministrative e regionali dello scorso maggio, e la conseguente convocazione di elezioni anticipate, il principale partito di centrosinistra spagnolo riesce a resistere all’avanzata dei partiti di destra e a candidarsi per un ruolo decisivo nella formazione del nuovo esecutivo.
Quello attuale di Sanchez è un governo di minoranza, che ha potuto contare fino a oggi sull’astensione o l’appoggio esterno di alcuni partiti autonomisti quali, ad esempio, Sinistra Repubblicana di Catalogna e il Partito Nazionalista Basco. Proprio alcuni tra i partiti regionalisti che hanno supportato Sanchez fino a ora, insieme a nuovi alleati autonomisti/indipendentisti e alla coalizione di forze di sinistra Sumar messa in piedi dalla ministra del Lavoro Yolanda Díaz, potrebbero unirsi ai socialisti per “sfondare” quota 176 e dare così vita a un nuovo esecutivo. In particolare, sarà decisivo l’appoggio dei 7 deputati di Junts per Catalunya, la coalizione di forze indipendentiste guidate dall’ex presidente catalano Carles Puigdemont: senza di loro, sarebbe concreto il rischio di andare a nuove elezioni.
Nel discorso tenuto domenica sera di fronte ai militanti del proprio partito, lo stesso Sanchez si è detto profondamente sollevato per il mancato raggiungimento della maggioranza al Congresso da parte dei partiti di destra, nonché convinto del mandato conferito dagli spagnoli a un fronte progressista in grado di proseguire nell’azione del Governo Sanchez II.
Nel paese iberico, a poco più di un mese dalla morte dell’ex Presidente del Consiglio italiano, era diffusa tra gli osservatori l’ipotesi di assistere, per la prima volta, all’applicazione del “modello Berlusconi” al di fuori dei confini italiani, con la coalizione tra forze di centrodestra e destra radicale. In questo senso, Madrid avrebbe potuto fungere da laboratorio per i futuri equilibri europei, in ottica elezioni per il rinnovo dell’Europarlamento dell’anno venturo.
Ad oggi, una coalizione di destra per il futuro governo di Madrid appare invece poco probabile. Assisteremo, nelle prossime ore, alle febbrili trattative per la formazione di un nuovo esecutivo che, gattopardescamente, potrebbe non discostarsi granché da quello vecchio. L’alternativa, qualora le consultazioni non dovessero portare ad alcun risultato concreto, è la convocazione di nuove elezioni.