Sudan. Ancora sangue nel conflitto dimenticato

di Enrico Oliari

Il conflitto in corso da tre mesi in Sudan, quasi rimosso dall’attenzione della stampa internazionale, è sfociato oggi in un grave fatto di sangue: le forze aeree regolari hanno infatti colpito il quartiere di Dar es Salaam a Omdurman, città situata poco a nord della capitale Khartoum, uccidendo almeno 22 persone e ferendone un alto numero ancora imprecisato.
Le autorità militari hanno riferito di aver centrato posizioni della Forza di Supporto Rapido (Rsf) e di aver ucciso una ventina di combattenti, ma per la Rsf a perdere la vita sarebbero stati 31 civili in un quartiere residenziale.
Sono salite così a 1.150 le vittime del conflitto che vede contrapposte le forze del generale Abdel-Fattah al-Burhan, capo del Consiglio sovrano del paese, e i combattenti hemedti che si rifanno Mohamed Hamdan Dagalo, l’ex vicecapo del Consiglio sovrano licenziato a metà aprile. Sono invece tre milioni i profughi costretti ad abbandonare le loro case e a cercare rifugio in zone più tranquille del Sudan o nei paesi vicini, ma le organizzazioni internazionali denunciano atrocità, abusi sessuali e torture. Uccisi in maggio anche tre operatori del Pam, il Programma alimentare dell’Onu.
Quello in corso è il terzo golpe in quattro anni, ufficialmente iniziato a seguito del tentativo del governo di inquadrare gli uomini della Rsf nell’esercito regolare, ma in realtà i due signori della guerra al-Burhan e Dagalo hanno convissuto nella medesima guida del paese nonostante gli atavici dissidi solo perchè a loro conveniente al fine di contrastare insieme le spinte democratiche della società civile.
Dopo il golpe del 2019, che aveva deposto il dittatore Omar al-Bashir, al governo militare sarebbe dovuto succederne uno civile, ma i due non hanno mai pensato di cedere il potere. Tra l’altro la milizia di Dagalo, creata nel 2013, ha assorbito gli uomini armati Janjaweed, che negli anni della dittatura di al-Bashir avevano sterminato intere popolazioni inermi nel Darfur. Dagalo è anche accusato di avere in corso affari con la compagnia russa Wagner, che nel paese estrae oro per conto della Russia.
Nonostante la benedizione degli Usa, che hanno coinvolto il Sudan negli Accordi di Abramo, Dagalo e al-Buhran hanno oggi come obiettivo primario il prevalere dell’uno sull’altro e di prendere in modo esclusivo la guida del terzo paese per estensione dell’Africa, oggi nel baratro economico. Il tutto a scapito della popolazione e dell’atteso processo democratico.