Tanzania. Giuramento del nuovo presidente, ma l’opposizione boicotta

di Valentino De Bernardis – 

magufuli john pompeRitorno graduale alla normalità del dibattito politico, in pieno rispetto all’unità nazionale. Questo potrebbe essere il messaggio più chiaro lanciato dal neopresidente della repubblica John Pombe Magufuli durante la cerimonia per il suo giuramento all’Uhuru Stadium, nella capitale commerciale Dar es Salaam. Un invito alla riconciliazione, che sebbene abbia trovato il totale apprezzamento dai numerosi capi di stato e delegazioni governative in rappresentanza di diversi paesi africani (come Zimbabwe, Uganda, Rwanda, Etiopia, Repubblica Democratica del Congo, Zambia, Sud Africa e Mozambico), non è certamente arrivato all’interlocutore principale a cui era diretto, Edward Lowassa, candidato dei partiti di opposizioni alla carica presidenziale ed uscito sconfitto dall’appuntamento elettorale dello scorso 25 ottobre.
L’opposizione parlamentare tanzaniana difatti lo scorso 5 novembre ha boicottato il giuramento del quinto presidente della Tanzania da quando il paese ha raggiunto l’indipendenza nel 1961. Nonostante l’omologazione dei risultati elettorali, le opposizioni continuano a denunciare brogli e a perpetrare la richiesta di un nuovo conteggio delle schede, che hanno assegnato al candidato governativo 8.882.935 voti (58,6%) contro i 6.072.848 di Lowassa (39,9%), decisi a continuare la battaglia politica con tutti i mezzi a loro disposizione. Faccenda particolarmente difficile come ammesso anche dagli osservatori dell’Unione Europea, che sebbene abbiamo riconosciuto come le elezioni siano state ben organizzate, hanno altresì riscontrato lacune nella trasparenza delle stesse, che hanno minato la fiducia delle opposizioni in tutto il processo elettorale
Se da una parte la vittoria di Magufuli ha significato il prolungamento del controllo del partito della rivoluzione sull’apparato statuale nazionale, dall’altro evidenzia anche alcune criticità del partito di governo, forse logorato dalla lunga permanenza al potere. Le contestazioni delle ultime settimane, l’abbandono di esponenti politici di primo piano, come lo stesso Lowassa (il candidato delle opposizione è stato primo ministro in quota CCM dal 2005 al 2008, partito da cui poi è fuoriuscito per non essere stato scelto come candidato presidenziale alla successione di Jakaya Kikwete giunto al termine del suo secondo mandato), e la perdita di molti seggi in parlamento, testimoniano come il partito ancora non abbia completamente metabolizzato la perdita del padre fondatore Julius Nyerere, e di come sia ancora alla ricerca di un forte leader carismatico.
Di tale tensione politico-istituzionale non fanno eccezione le isole dell’arcipelago di Zanzibar, impegnate ad emettere un proprio presidente provinciale ed altri rappresentanti amministrativi locali. Le elezioni insulari rappresentano da sempre un fertilissimo terreno di scontro tra istanze autonomiste, portate avanti dal partito di opposizione Civic United Front (CUF), e il partito della rivoluzione (Chama Cha Mapinduzi-CCM) rappresentante delle istanze governative della terraferma, ed alfiere della unità nazionale e dello status quo. Scontro acuito lo scorso 25 ottobre, quando all’annuncio del candidato del CUF, Seif Sharif Hamad, di aver vinto le elezioni prima che venissero comunicati i risultati ufficiali, è seguita la decisione delle autorità di invalidare il voto, e di richiamare circa 500 mila elettori alle urne. Tutti elementi che hanno contribuito alla creazione di una situazione di stallo dall’esito imprevedibile, con la minaccia di Hamad a non riconoscere l’autorità del presidente uscente (Ali Mohamed Shein del CCM) con il quale guida l’arcipelago all’interno di un governo di ampia coalizione.
Pacificazione politica e sociale e definitivo rilancio economico del paese, sono queste le tre principali sfide da cui il primo mandato di Magufuli dovrà ripartire. Le promesse elettorali di lotta senza quartiere alla corruzione dilagante (con riferimento agli scandali nel comparto energetico), la riduzione della disoccupazione e del tasso di povertà (la Tanzania è uno dei paesi più poveri del continente africano, con quasi metà della popolazione che vive con meno di due dollari al giorno) e il miglioramento delle infrastrutture, saranno il banco di prova su cui il nuovo esecutivo dovrà dimostrare la propria tenuta, per allontanare il fantasma di una opposizione che sebbene uscita sconfitta alle urne, sembra godere di una popolarità sempre crescente nella popolazione. Per il momento, il primo effetto positivo della presidenza Magufuli è stata l’apprezzamento dello scellino sul dollaro, a dimostrazione di una positiva apertura di credito nell’operato del futuro nuovo governo.

@debernardisv
Le opinioni espresse in questo articolo sono a titolo personale.