Tensioni Russia-Usa: fotografia di un’escalation

di Francesco Cirillo –

Putin 4 grandeDopo due anni di accuse, sanzioni e tentativi di riconciliazione tra il Cremlino e la Casa Bianca, Russia e Usa sono ai ferri corti e la tensione si sente soprattutto in Europa. La crisi Ucraina, l’annessione russa della Crimea e l’intervento militare russo in Siria al fianco di Bashar al-Assad hanno compromesso le relazioni diplomatiche.
La crisi Ucraina è divenuta il problema principale per Mosca e Washington dal momento che le due potenze hanno si sono dimostrate propense a due politiche differenti per l’Ucraina. Mosca voleva tenere l’Ucraina fuori dalla Nato e inglobarla nella sua sfera d’influenza, come teorizzava la politica del vicinato russa, secondo la quale paesi confinanti dovevano essere trasformati in “stati cuscinetto” attraverso proposte, poi raggiunte, di accordi economici e di cooperazione militare. L’Armenia, il Kazakistan, la Bielorussia e altri stati dell’Asia centrale ancora oggi sono fortemente legati alla Russia non solo per il loro legame storico di ex paesi dell’Urss, ma per la presenza di basi militari del Cremlino nelle rispettive nazioni.
La crisi Ucraina le cui le proteste filoeuropee costrinsero il presidente filo-russo Viktor Yanukovich a lasciare il paese, fu l’inizio della fine per i rapporti di amicizia russo-americani. La creazione di un governo filo-occidentale determinò l’inizio di un periodo di destabilizzazione nell’Ucraina orientale e forti proteste nella penisola della Crimea. In questo clima il presidente russo Vladimir Putin decise che era il momento di muoversi per, secondo le sue dichiarazioni, proteggere la minoranza russofona della Crimea. Tra il febbraio e marzo 2014, mentre a Kiev si concludeva la rivoluzione “Maidan”, truppe non identificate occuparono le città di Simferopoli e di Sebastopoli, quest’ultima sede della flotta russa del Mar Nero. Solo dopo si scoprì che quelle forze militari, senza distintivo di riconoscimento, appartenevano alle forze armate della Federazione Russa di stanza nella base navale di Sebastopoli. Mosca annunciò, dopo lo svolgimento di un referendum per la indipendenza della Crimea, l’annessione della penisola.
Il presidente Usa Barak Obama dopo questi eventi decise di attuare sanzioni economiche alla Russia “obbligando” anche l’Unione Europea a fare lo stesso. In Europa lo scetticismo per la nuova politica antirussa divise la comunità e la stessa Alleanza Atlantica. Paesi come l’Italia e la Germania vedevano Mosca come un fondamentale partner economico per il vecchio continente e mantengono tutt’ora, nonostante le sanzioni, canali diplomatici aperti. Al contrario la Polonia e le repubbliche baltiche hanno dimostrato una politica diametralmente opposta, accogliendo con entusiasmo le sanzioni e obbligando i paesi Natp a rafforzare le truppe dell’Alleanza nell’Europa dell’est e nei paesi baltici.
Mosca ha denunciato una politica distruttiva nei propri confronti e Putin ha deciso di rispondere intensificando le truppe al confine ucraino, come pure di attuare operazioni di supporto indiretto ai ribelli filorussi del Donbass; ha poi ospitato il cambio della strategia economica guardando verso oriente, tanto che sono stati rafforzati i trattati bilaterali con Pechino anche per quanto riguarda la cooperazione militare aumentando le esercitazioni congiunte.
Nel maggio del 2014 Mosca e Pechino hanno firmato un accordo da 400 miliardi di dollari in 30 anni per il gas e il petrolio. L’accordo firmato tra Gazprom e Cnpc rappresenta il vero punto di svolta di una Cina che è determinata a diversificare l’approvvigionamento energetico puntando sul gas russo, rispetto all’inquinante carbone che ancora rappresenta i due terzi della produzione energetica cinese, cioè il caro Lng e le limitate forniture da Birmania, Kazakistan e Turkmenistan, impegnandosi ad acquistare con clausola “take or pay” 1000 Gcm di gas naturale entro il 2048 attraverso “Power of Siberia”, un nuovo gasdotto che passerà proprio per il suddetto confine, escludendo costosi transiti presso altri stati.
russia bombardiere grandeLa nascita dell’Isis nel giugno del 2014, l’intervento militare degli Stati Uniti nel nord dell’Iraq hanno dato in un certo qual modo respiro alla Russia. Mosca ha rafforzato i suoi legami con l’Iran e aumentato le truppe in Crimea; ha poi iniziato a svolgere esercitazioni militari nei distretti occidentali. Nel settembre del 2015 Putin ha inviato una task force aereo-navale in Siria a supporto delle truppe di Damasco legittimandola come un’operazione militare anti-Daesh. I raid russi colpiscono le posizioni dei jihadisti, ma anche dei ribelli siriani, cosa che ha portato ad un ulteriore gelo delle relazioni tra Mosca e la Turchia, a causa dell’abbattimento il 24 novembre dello corso anno di un jet russo da parte di caccia turchi. Per Ankara il jet di Mosca aveva superato il confine turco-siriano, per 17 secondi. La Russia ha così deciso di applicare sanzioni economiche alla Turchia bloccando le esportazioni dei prodotti alimentari turchi e lo stop die vacci verso il paese mediorientale, colpendo gravemente il settore del turismo.
Nei primi sei mesi del 2016, grazie al supporto aereo russo, le truppe siriane hanno ottenuto importanti successi militari sul campo, compresa con la vittoria a Palmira nel marzo del 2016, strappata allo Stato Islamico. Il supporto del Cremlino non è solamente aereo ma anche logistico. Forze speciali russe degli spetnaz supportano le truppe di al-Assad e addestrano le forze siriane. Inoltre Mosca ha rafforzato l’armamento delle truppe siriane con nuovi equipaggiamenti e mezzi. Tra marzo e settembre i russi hanno intensificato le esercitazioni militari e deciso di ridurre la task force in Siria lasciando al largo delle coste siriane il gruppo navale russo per operazioni di raid, sotto il comando dell’incrociatore lanciamissili Moskva, i bombardieri Tu-160 a Latakia, e qualche migliaio di unità spetnaz.
Intanto Putin ha riallacciato le relazioni diplomatiche con il presidente turco Recep Tayyp Erdogan nell’estate del 2016. Il tentativo di golpe, stroncato da Erdogan,tra il 15 e il 16 luglio, ha peggiorato i rapporti con Washington dopo le accuse che vedono gli Usa essere il principale sponsor del putsch. Al contrario il leader del Cremlino Vladimir Putin nelle prime ore del golpe ha inviato messaggi di sostegno al “Sultano” di Ankara, che vengono apprezzati.
Nei primi mesi post-golpe la Turchia e la Russia si sono avvicinate nel quadro di un completo disgelo seguito alla visita di Erdogan a Mosca nell’agosto 2016. Nello stesso mese Erdogan ha deciso di intervenire militarmente in Siria. All’alba del 24 agosto le truppe di Ankara, appoggiando i ribelli siriani dell’Esl (Esercito Siriano Libero), hanno oltrepassato il confine con la Siria e preso il controllo di alcune parti del nord del paese con l’operazione “Scudo dell’Eufrate”. L’obiettivo primario dell’intervento militare turco e la cacciata dei curdi dal confine turco-siriano ad ovest dell’Eufrate, un piano che ha visto il via libera sia della Casa Bianca che del Cremlino.
Tra settembre e ottobre la Russia ha intensificato i raid sulla città di Aleppo, principalmente su Aleppo est, cosa che ha fatto irritare Francia, Regno Unito e Stati Uniti, i quali hanno accusato Damasco e Mosca di crimini di guerra. La violazione della tregua, firmata il 10 settembre tra Russia e Stati Uniti, ha incrinato ulteriormente i rapporti diplomatici tra le due nazioni: il casus è l’attacco aereo, mai provato, degli aerei russi e siriani su un convoglio umanitario della Croce Rossa. All’assemblea generale dell’Onu sia il segretario Ban Ki-moon sia il presidente Usa Barack Obama hanno attaccato Mosca, accusandola di usare la forza per ritrovare la sua antica potenza. John Kerry, segretario di Stato Usa, ha chiesto l’apertura di un’inchiesta internazionale per Crimini di guerra nei confronti della Siria di Bashar al-Assad e della Russia. Il Cremlino, sia al consiglio di sicurezza dell’Onu sia per voce del ministro degli Esteri Sergei Lavrov ha respinto al mittente tutte le accuse. Tra fine agosto e il mese di settembre Putin ha organizzato importanti esercitazioni militari in tutti i distretti della Federazione Russa, aumentato i contingenti militari in Crimea, al confine russo-baltico e a quello Ucraino. Ha quindi firma accordi di cooperazione militare con i paesi dell’Asia centrale, raddoppiato le truppe russe dislocate in Tagikistan e in Transnitria, regione separatista della Moldova. Inoltre le truppe russe hanno compiuto esercitazioni militari congiunte con la Cina in ambito navale, con il Pakistan sull’antiterrorismo e con l’Egitto( 15-16 ottobre) in un quadro di cooperazione tra le forze speciali.
La Russia, nonostante le sanzioni economiche, tra il 2015 e i 2016 si è abilmente mossa tra le cancellerie internazionali. Gli accordi firmati con Israele per una futura collaborazione tra le agenzie di intelligence e il tentativo, riuscito, di bloccare il crollo del petrolio ratificando un accordo con l’Arabia Saudita, sono gli ultimi successi diplomatici di Mosca. Tra il 10 e l’11 ottobre Putin si è recato in Turchia per ricambiare la visita di Erdogan dell’agosto 2016. A Istanbul, durante la conferenza sull’energia, Putin ed Erdogan hanno ratificato l’accordo per la costruzione del Turkish Stream, il gasdotto che attraverserà la Turchia per portare, almeno nelle intenzioni, il gas in Europa tagliando fuori l’Ucraina. Con questo accordo Putin ha rafforzato ulteriormente l’Asse Mosca-Ankara a discapito degli Stati Uniti. Nel weekend del 15-16 ottobre Putin, al vertice Brics di Goa (India) ha concluso accordi economici e tecnico-militari con Nuova Delhi,per la costruzione di nuove centrali nucleari nel paese e l’acquisto da parte dell’India di batterie missilistiche antiaeree S-400 e S-300, dimostrando al mondo il fallimento della politica anti-russa di Washington.
Mentre all’orizzonte si avvertono nuove sanzioni contro il Cremlino per la politica militare in Siria, Putin ha deciso di inviare una nuova task force navale composta dalla portaerei Admiral Kuznetsov, dall’Incrociatore a propulsione nucleare “Pietro li Grande” e da altre unità minori. L’inverno del 2016 e i primi mesi del 2017 saranno forse i più caldi dall’inizio della tensione Washington-Mosca.