Tunisi. Riapre l’Università islamica di Al Zaytouna: intervista al teologo sceicco Farid Al Beji

di Saber Yakoubi ed Enrico Oliari –

Religione e laicità: un tema da sempre vivo in tutte le società, sia occidentale che orientale, un dibattito infinito, spesso di altro profilo, che può sfociare nel confronto, ma anche nello scontro ideologico; improntato sulla tradizione, può fare il carattere di un’intera popolazione e condizionarne le scelte future e quindi teologi e politici possono cimentarsi in un continuo sfoggio di teorie e di ricette idonee per governare secondo i diversi princìpi.
In Iran, ad esempio, per gestire al cosa pubblica è necessario prima ricevere la benedizione degli ayatollah dell’istituto di Al Hawza di Qom, mentre in Italia vi è lo Stato Vaticano, in grado in influenzare in modo determinante la politica dell’intera nazione.
In Egitto ha un ruolo centrale Al Azhar, un’università che ha formato diversi capi di partito e insegnanti per altre scuole del pensiero islamico, basti pensare a Jamal Al Din Alafghani, ideatore del pensiero salafita, o a Al Hassan Al Banna, fondatore dei Fratelli Musulmani: si tratta dei due partiti con il più alto numero di seggi all’Assemblea del Popolo, in grado di esprimere, probabilmente, il prossimo presidente del paese. 
Prima della fondazione, in Egitto, dell’università di Al Azhar, esisteva fin dal 737 dopo Cristo a Tunisi l’Istituto di Al Zaytouna, creato sotto la dinastia degli abbasidi, dal quale sono usciti importanti intellettuali del calibro di Abdorrahman Ibn Khaldoun (1332 – 1406), il più grande sociologo del mondo islamico di tutti i tempi, autore di diversi studi tra i quali “l’Introduzione”, e Tahar Al Haddad (1889 – 1935),  autore de “La nostra donna nella legge e nella società”; tra gli allievi contemporanei dell’Istituto vi à il leader del partito Ennahda, Al Ghannouchi.
La Francia, potenza colonizzatrice, era cosciente del fatto che non sarebbe stato possibile ritirarsi dal Nordafrica senza un progetto definito per il futuro, ma era anche dell’avviso che tale disegno non poteva essere realizzato per via della presenza dell’Istituto di Al Zaytouna: impose quindi al primo presidente fantoccio, Boughuiba, la chiusura del centro di studi islamici, cosa che avvenne nel 1976, a 21 anni dall’indipendenza della Tunisia dalla Francia.
Lo scorso 21 aprile si è tenuta a Tunisi, presso il centro dei congressi, un’affollatissima conferenza stampa alla quale hanno preso parte i teologi “zaytouniani”, i quali hanno annunciato di aver vinto la causa sostenuta presso un tribunale e quindi di aver avuto il via libera alla riapertura dell’Istituto, passato indenne per oltre 12 secoli e chiuso solo grazie agli interessi occidentalisti. 
Notizie Geopolitiche era presente all’incontro ed ha potuto intervistare il teologo sceicco Farid Al Beji:
–         Sceicco Al Beji, cosa ha significato per il mondo islamico la chiusura dell’Istituto di Zaytuna e che opportunità può offrire oggi?
Questo evento non può essere meno del 14 gennaio 2011, giorno della rivoluzione tunisina: noi consideriamo quello di oggi il giorno del trionfo della conoscenza e della sapienza, assai più importanti dello sviluppo materiale. I teologici che avete ascoltato e visto oggi saranno la locomotiva di un cambiamento radicale in tutta la nazione araba islamica, mentre fino a poco fa noi potevamo neppure affacciarci dalla finestra di casa senza aver paura: l’assemblea di oggi dei teologi dimostra quindi che le cose in Tunisia sono cambiate veramente”.
–         Chi osserva la società tunisina non può fare a meno di notare la spaccatura che vi è tra i giovani. Inoltre sempre più si sentono espressioni neologistiche come “Islam light”, “Islam radicale”, “Islam talibano”: secondo lei perché nel mondo arabo si sta sviluppando questo tipo di cultura?
Le dittature che hanno governato in precedenza sia qua che in altre parti del mondo islamico  hanno la responsabilità di questo. L’Università di Al Zaytouna formava i giovani in modo corretto, attraverso un programma testato e ben definito. Chiuso l’Istituto, si sono dati vita ad incontri formativi clandestini, guidati da personaggi provenienti dall’estero, cosa che ha portato alla nascita di gruppi radicali, a volte con interpretazioni errate del messaggio religioso”.
–         Il Vaticano, Al Azhar in Egitto ed Al Hawza di Qom in Iran hanno da sempre avuto un ruolo importante, se non decisivo, nella scena politica: anche Al Zaytouna, oltre alla scienza, si adopererà in questo campo?
L’Università di Al Zaytouna è cosa diversa di un partito politico e, per certi versi, è più importante. In passato ha contribuito alla formazione di grandi uomini politici, di grandi riformatori ed economisti. Ha steso il codice penale già 8 secoli fa, ha disegnato il sistema economico e l’ha reso materia universitaria. Per quanto riguarda la politica, daremo i nostri consigli ed il nostro punto di vista, tutto qua”.
–         La chiusura di Al Zaytouna era nei disegni della Francia ed è stata messa in atto da Bourghiba. Come pensa vedrà Parigi la rinascita dell’Istituto?
Il nostro ruolo è sempre stato riformatore ed anticonformista, non violento e promotore del dialogo: se l’Occidente vorrà aprirsi alla nostra scienza,  troverà che il nostro ‘prodotto’ non è buono solo a questo paese, ma per l’intera umanità, specialmente di questi tempi”.
–         Recentemente Ali Jomaa, che fa capo ad Al Azhar, ha visitato la moschea di Gerusalemme, un’iniziativa contestata poiché ha comportato il timbro di Israele sul passaporto, atto che corrisponderebbe al riconoscere lo Stato ebraico. Come vede Al Zaytouna questo fatto?
Al Azhar ha i suoi giuristi e noi li rispettiamo; se però chiede a noi se saremmo disposti compiere gesto, risponderei che potremmo anche recarci a Gerusalemme, ma solo senza il timbro di Israele sul passaporto”.
–         Che messaggio vuole lanciare attraverso il nostro giornale a chi non vi conosce?
E’ il benvenuto: il dialogo è la migliore ricetta per avvicinarsi”. 

Nella foto: Saber Yakoubi intervista Farid Al Beji