Tunisia. Migranti: l’esperto, il mondo si mobiliti e salvi vite’

Talbi (Forum diritti), ‘il governo non aiuta e tratta anche morti come numeri’.

Agenzia Dire

Neanche la storia dei pescatori che in Tunisia tirano su con le reti i corpi senza vita dei migranti smuove il dibattito politico sull’emergenza: abbiamo scoperto che per la disperazione alcuni si fanno costruire barchini con lamiere di metallo. Si parla tanto delle cifre, ma nessuno pensa ad aiutare le persone che stanno dietro a quei numeri“. Alaa Talbi è direttore del Forum tunisino per i diritti economici e sociali (Ftdes) e all’agenzia Dire mostra la foto di quella che sembra una barca in metallo adagiata su un prato. Non è chiaro se sia stata utilizzata, ma di certo è emblema di ciò che lui definisce “una crisi umanitaria“. L’occasione dell’intervista è la testimonianza di un pescatore che alla Bbc ha raccontato di come “pescare corpi” sia diventata la prassi, e che una volta il mare gli avrebbe restituito anche quello di un neonato.
Le partenze dalla Tunisia, che nell’ultimo anno sono aumentate a causa delle conseguenze economiche della pandemia di Covid prima, e della guerra russo-ucraina poi, riguardano “soprattutto i tunisini – continua l’esperto – ma anche i migranti subsahariani, sebbene questi ultimi continuino a partire soprattutto dalla Libia. Vogliono raggiungere l’Italia perché la situazione economica qui è catastrofica” spiega Talbi, denunciando che sebbene le cifre ufficiali indichino la disoccupazione al 16%, “i giovani sono molto più colpiti, soprattutto i diplomati e i laureati. Lo Stato da anni non assume e anche il settore privato è fermo“. Anche per chi ha un lavoro è sempre più difficile arrivare a fine mese, a causa dell’impennata dei prezzi causata dalla crisi del grano, del carburante e dei fertilizzanti.
Per questa ragione le organizzazioni come il Ftdes hanno lanciato un appello alla comunità internazionale: “gli Stati devono stanziare fondi per la Tunisia per sostenere le persone, affinché più nessuno sia costretto a rischiare la vita in mare. Ma purtroppo al governo arrivano soldi solo per militarizzare le frontiere e per rafforzare la Guardia costiera“.
Il dirigente avverte che da quando Italia e Francia hanno rafforzato la cooperazione con il governo del presidente Kais Saied, la guardia costiera tunisina da gennaio a maggio è riuscita a riportare a terra 18mila persone, una cifra “enorme: dal 2011 al 2021- continua Talbi- sono stati 25mila“.
Aver scongiurato eventuali naufragi sarebbe una buona notizia, se non fosse che “emigrare attraverso vie irregolare in Tunisia è reato, quindi una volta riportate a riva le persone vengono arrestate e incarcerate. D’altro canto non esistono leggi o piani per assistere le persone in difficoltà. Ecco perché chiediamo aiuti dall’estero. Non basta finanziare le guardie costiere“.
Secondo Talbi, “la disperazione continuerà sempre a incoraggiare le partenze: una volta abbiamo incontrato una donna del Ghana con due bambini che ha tentato sette volte di raggiungere l’Europa via mare“. Lei, come in generale i subsahariani, “in Tunisia subiscono anche razzismo. Ci dicono che morire qui o in mare non fa più differenza, sono disposti a tutto per andarsene“. Anche, forse, a pagare un fabbro per saldare lamiere di metallo con cui ricreare una barca che non galleggerà mai: “Sembra assurdo, ma ci provano“, conclude l’esperto.