Tunisia. Saied licenzia premier e sospende parlamento

di Mohamed ben Abdallah

TUNISI. Si aggrava la crisi politica in Tunisia a dieci anni dalla “Rivoluzione dei Gelsomini”, che ha portato alla destituzione del presidente – padrone Ben Ali. Governo, parlamento e presidenza della Repubblica non vanno d’accordo da mesi, tra le proteste della piazza e una crisi economica che sta avvitando il paese su se stesso e che è a rischio di default. Ieri, 64mo anniversario dell’Indipendenza, nelle strade di Tunisi, Susa, Monastir, Gafsa, Tozeur e Kairouan si sono riversati in migliaia per manifestare, chi contro il parlamento, chi contro il premier Hichem Mechichi, chi contro il presidente Kais Saied, il quale per mesi si è rifiutato di firmare la lista dei ministri a seguito di un rimpasto, di fatto bloccando i lavori del governo. Il tutto nel momento difficile della pandemia, con la disoccupazione giovanile alle stelle, il fardello della corruzione diffusa, il caro vita, l’alto tasso di criminalità, i servizi che non funzionano e i debiti contratti con il Fmi e altri organismi sovranazionali che pesano.
Un quadro allarmante, al quale il presidente Saied ha risposto ieri sera dando il benservito al primo ministro Mechichi, ed oggi al ministro della Giustizia, a quello della Difesa e ai vari quadri dello stesso dicastero, ma anche sospendendo i lavori del parlamento. Licenziato anche il capo dei servizi segreti e diversi dirigenti al ministero dell’Interno, in pratica tutti quelli nominati da Mechichi. L’esercito è nelle strade, fonti riportano della chiusura del media panarabo al-Jazeera, mentre i deputati che si sono presentati al parlamento hanno trovato la strada sbarrata dai militari.
Intervenendo alla tv di Stato dopo una riunione con il comitato di sicurezza al Palazzo di Cartagine, Saied ha spiegato che “la Costituzione non permette lo scioglimento del parlamento”, ma che per “pericolo imminente”, come previsto dall’articolo 80, “sono stati sospesi i lavori parlamentari”. Ha inoltre affermato che verrà tolta l’immunità ai deputati, e che vi sarà un nuovo governo guidato da lui e da un premier nominato da lui.
Dalla sua Saied ha la realtà di una classe politica incapace di amministrare il paese per via della frammentazione in una moltitudine di partiti e partitelli ciascuno con i propri interessi, nonché per la corruzione che erode lo stato sociale. Certo, era imbarazzante vedere i deputati che in parlamento venivano alle mani, i continui battibecchi e quant’altro, ma dall’altra c’è da dire che se quello di Saied non è un colpo di stato, poco ci manca: le dittature iniziano sempre così. Il presidente ha fatto sapere che “verranno prese misure per garantire la sicurezza”, già ci sono stati arresti, ed in un braccio di ferro interminabile il numero uno del partito islamico moderato Ennahda, Rached Ghannouchi, ha detto che “le istituzioni sono al loro posto”: già i deputati si sono incontrati in videoconferenza per discutere della situazione. Ghannouchi, che è presidente del parlamento, ha insistito che “siamo davanti a un colpo di stato, difenderemo la Rivoluzione”, un’affermazione alla quale Saied ha risposto affermando che “chi parla di colpo si stato dovrebbe rileggersi la Costituzione o tornare alle elementari: io ho sofferto con il popolo tunisino, la pazienza è finita”.
Esponenti di Ennahda hanno affermato che a Ghannouchi è stato vietato di uscire dal paese e di lasciare la propria abitazione.
Ai tanti problemi della Tunisia mancava solo quello della contrapposizione dei poteri istituzionali, ed ora il rischio è che lo scontro si porti, pesante, nella società civile. Il tutto mentre manca da diversi anni la Corte costituzionale, mai nominata per mancanza di accordi, in un paese semipresidenzialista dove presidente della Repubblica e parlamento sono eletti dal popolo.
Dall’Unione Europea è stato rivolto un appello al rispetto della Costituzione, delle istituzioni e della sovranità della legge, dalla Turchia il presidente Recep Tayyp Erdoganha fatto sapere attraverso il suo portavoce che “respingiamo la sospensione del processo democratico e il disprezzo del volere del popolo della fraterna Tunisia”, dello stesso avvisto Tripoli. Il portavoce del Cremlino Dmitri Peskov ha detto in conferenza stampa di “sperare che nulla rappresenti una minaccia alla stabilità e alla sicurezza della popolazione”. Prudente il comunicato della Farnesina, dove si legge che “L’Italia segue con grande attenzione l’evolvere della situazione in Tunisia”, e che “la natura e la portata delle decisioni assunte nelle scorse ore dovrà essere attentamente valutata”. “L’Italia – continua la nota – esprime altresì preoccupazione per la situazione e per le sue potenziali implicazioni e rivolge un appello alle istituzioni tunisine affinché venga garantito il rispetto della Costituzione e dello stato di diritto”.