Tunisia. Vince il “sì” al referendum di Saied, ma l’affluenza è bassissima, solo del 27,5%

La società tunisina resta spaccata: dopo un anno tumultuoso il prossimo passo sono le elezioni.

di Mohamed Ben Abdallah

Si è tenuto in Tunisia il sospirato referendum costituzionale voluto dal presidente Kais Saied per chiudere un processo politico burrascoso, che ha visto continui colpi di scena e il susseguirsi di manifestazioni a favore e di protesta.
Il dato che è sotto gli occhi di tutti è la bassissima affluenza alle urne nel paese che ha inventato la Primavera araba: solo il 27,5% degli elettori si è presentato ai seggi (2.458.985 su 8.929.665), segno di disinteresse o di rassegnazione, ma anche di protesta per un cambiamento definito dalle opposizioni come un colpo di stato.
Saied ha sostanzialmente voluto trasformare la Repubblica da semipresidenziale a presidenziale, soprattutto per prevenire le continue situazioni di paralisi politica dovute alla frammentazione del Parlamento, con i partiti pronti a cambiare di continuo alleanze ma soprattutto, anche se piccoli, capaci di bloccare i lavori del governo.
Per comprendere il clima di tensioni nel paese, già attanagliato dalla povertà, dalla corruzione diffusa, dal caro vita, dall’alto tasso di disoccupazione giovanile, dal livello di criminalità e dai debiti contratti con gli organismi sovranazionali, è necessario percorrere gli ultimi 12 mesi: esattamente un anno e un giorno fa Saied ha sospeso il Parlamento e licenziato il governo di Hisham al-Mechich rifacendosi all’articolo 80 della Costituzione, per gravi motivi di sicurezza; contestualmente ha revocato l’immunità parlamentare, sospeso la Costituzione ed accorpati su di sé i poteri. La Corte costituzionale, organo necessario per equilibrare i poteri, non è mai stata nominata. Nonostante lo scadere del periodo di un mese concesso dalla Costituzione, il 23 settembre 2021 il presidente ha annunciato l’intenzione di non reintegrare il Parlamento e di governare attraverso decreti.
Dopo aver nominato un governo con a capo l’attuale premier Najla Bouden, il presidente tunisino ha annunciato il 14 dicembre dello stesso anno che il Parlamento sarebbe rimasto sospeso anche per il 2022; tuttavia in marzo i deputati si sono ritrovati extra moenia per decidere come reagire, ma tra accuse e controaccuse di golpe Saied ha risposto sciogliendo il Parlamento ed annunciando il referendum che si è tenuto ieri, vinto dal “sì” con oltre il 90% delle preferenze.
Un anno di fuoco sul piano politico per la Tunisia, caratterizzato tuttavia da numerosi arresti di esponenti politici e di deputati, nonché dal licenziamento di funzionari pubblici, tra cui lo scorso giugno di 57 giudici. Provvedimenti determinati, secondo la leadership del paese, dalla lotta alla corruzione e al malaffare, mentre per le opposizioni basati su motivi politici.
L’ultimo arresto eccellente è avvenuto solo pochi giorni fa: l’ex direttore dell’intelligence, Lazhar Longo, nominato alla guida degli 007 nel 2015 e riconfermato da al-Mechichi nel 2021, è stato fermato dall’intelligence algerina mentre cercava di espatriare e consegnato alle autorità tunisine. Persona molto influente, deve affrontare diverse accuse in tribunale, ma anche quella politica di essere vicino al partito Ennahda, che voci darebbero con una propria intelligence interna, illazione da lui sempre respinta.
Tornando al voto di oggi, la reazione delle opposizioni è stata di fuoco: la coalizione del Fronte di Salvezza Nazionale, che comprende anche il partito islamico Ennahda, ha parlato di “farsa” ed ha visto nella bassa affluenza “un fiasco”, con “i tunisini” che si sono “rifiutati di adottare una Costituzione dispotica”. Altri hanno continuato a puntare il dito contro il “colpo di stato in atto”, mentre a parlare di “processo fraudolento” è stato Abir Moussi dei desturiani.
Sull’altro fronte, quello pro Saied, ci sono da registrare manifestazioni di sostegno con cortei snodatisi lungo la Avenue Bourghiba di Tunisi, con slogan dal tenore “l’era della corruzione è finita!”.
Il prossimo passo ora è l’introduzione della nuova Costituzione, nuove elezioni e la nomina della Corte costituzionale, ma difficilmente la politica tunisina conoscerà a breve un periodo di tranquillità.