Ucraina. Nel caos c’è chi intravede la secessione e chi la guerra civile. L’Ue prepara “sanzioni mirate e graduali”

di Enrico Oliari

ucraina manifestante fuoco grandeCi mancavano solo i venti di secessione e la minaccia della guerra civile: l’Ucraina è ormai nel completo caos, dopo le violenze di ieri costate la vita a 26 tra manifestanti e poliziotti. E a soffiare sul fuoco ci si è messa pure la parte occidentale del paese, con il parlamento di Leopoli che condanna il “regime di Kiev” per le azioni di violenza condotte verso il popolo ed annuncia di non voler più stare alle decisioni del presidente Viktor Yanukovich, il quale “dovrà assumersi la piena responsabilità per il destino della regione e dei suoi abitanti”.
Tuttavia anche nelle città occidentali del Paese si susseguono le manifestazioni antigovernative, come a Ivano-Frankivsk e Ternopil, dove gli uffici delle amministrazioni locali sono stati occupati dai giovani in protesta.
Dal ministero della Difesa di Kiev è arrivata l’ennesima minaccia di impiego dell’esercito per sedare le piazze, ma i cortei, i sit-in e gli scontri con le forze dell’ordine sembrano susseguirsi senza interruzione.
Le manifestazioni antigovernative sono iniziate ormai tre mesi fa, quando il premier Viktor Yanukovich ha annunciato la decisione di non cedere alle lusinghe dell’Unione europea e di voler legare l’Ucraina all’Unione doganale ideata e voluta da Vladimir Putin: in realtà, come aveva affermato lo stesso presidente russo il 26 novembre a Trieste, la via di Mosca per l’Ucraina è stata obbligata dal cappio dei 30 miliardi di dollari che Kiev deve sia alla Gazprom (10 miliardi) per le forniture di gas non ancora pagate e il cui termine è scaduto da tempo, sia alle quattro principali banche russe (20 miliardi) per i debiti accumulati.
Nell’occasione Putin aveva spiegato che una posizione di intermezzo fra le due unioni, quella Europea e quella Doganale, sarebbe impensabile in quanto “un paese che ha aderito all’Unione doganale, la quale prevede lo scambio di merci senza dazi, può recedere dagli accordi quando vuole. Un articolo dell’accordo prevede però che se uno dei paesi aderenti intavola rapporti con paesi terzi, può esportare le merci nei paesi dell’Unione doganale con un ribasso sui dazi attualmente dell’85 per cento, ma che arriverà al 95. Potrebbero quindi transitare dall’Ucraina merci verso l’Unione doganale a prezzi ridotti, cosa che metterebbe in crisi la nostra economia. Per coinvolgere l’Unione europea in questo progetto serve gradualità, ovvero tempo e denaro”. “In Europa – aveva poi aggiunto Putin – la disoccupazione ha livelli elevati ed addirittura quella giovanile arriva in alcune nazioni anche al 45 per cento, mentre da noi ha livelli molto bassi, intorno a poco più del 2 per cento: per noi è necessario difendere la nostra occupazione”.
Da allora ad oggi le proteste si sono trasformate da filo-europeiste ad anti-governative, proprio perché una nazione, un popolo, non è fatta solo di economia, ma anche di libertà e di diritti civili, valori che nella Russia di Putin sono di sovente messi in discussione: tanto valeva rimanere nell’Unione sovietica o comunque uno Stato parte della Federazione russa.
Così, mentre in Maidan Nezaleshnosti, la piazza dell’Indipendenza al centro della rivolta antigovernativa, le braci rimangono vive sotto i cumuli di cenere, resti delle tende dei manifestanti incendiate dagli agenti anti-sommossa, e mentre proseguono le cure alle centinaia di feriti, fioccano sulla testa di Yanukovich i molti strali di Europa e Stati Uniti, come pure la un po’ debole pacca sulla spalla di Mosca. Dalla Russia arriva la dichiarazione che è “In atto tentativo colpo di Stato” e se il ministro degli Esteri Serghei Lavrov ha chiesto all’Unione Europea di incoraggiare i leader dell’opposizione Ucraina a collaborare con il governo di Kiev, Putin ha chiamato al telefono Yanukovich e in una nota del Cremlino, dal sapore un po’ sovietico, si legge che “il presidente non ha mai dato né sta dando consigli a Yanukovich su cosa bisogna fare, e quando”.
Anche il vice presidente americano Joe Biden ha telefonato a Yanukovich per chiedergli di ritirare le forze di sicurezza dalle strade, condannando, come hanno fatto Merkel, Hollande, Hague e Bonino, il ricorso eccessivo alla forza per fermare le proteste.
Stati Uniti ed Unione europea stanno pensando a sanzioni “sanzioni mirate e graduali” nei confronti di Kiev e per questo motivo è prevista per domani pomeriggio a Bruxelles una riunione urgente dei ministri degli Esteri dell’Unione europea.