Ue. Immigrazione: la risposta umana dell’Europa

a cura di Vanessa Tomassini

“Non ci sono scorciatoie quando ci occupiamo della questione della migrazione. È un fenomeno globale e massiccio che non si riferisce solo all’Unione europea. È un fenomeno globale, con più movimenti di persone in continenti come l’Africa o l’Asia rispetto all’Unione Europea. Non ci sono scorciatoie, c’è una complessità che deve essere affrontata così com’è. Il secondo fatto è che le misure finalmente avviate hanno cominciato a mostrare i primi risultati. Credo che non dobbiamo mai dimenticare il punto di partenza, i fondamenti e tornare alle basi, che è la dimensione umana del fenomeno”. Sono queste le parole dell’Alto rappresentate e vicepresidente Ue Federica Mogherini durante il suo discorso alla sessione plenaria del Parlamento europeo sui recenti sviluppi in materia di migrazione. In un nostro precedente articolo avevamo raccontato le storie dei bambini, raccontate dall’Unicef nel report “Viaggi Spaventosi”, a tal proposito la Mogherini ha dichiarato che “Dietro ogni numero che si sente sulla tv, ci sono persone – uomini, donne, bambini – con nomi, storie, speranze, paure, aspettative e talvolta storie terribili da raccontare, quando riescono a raccontarle. Il punto di partenza per noi è la continua sofferenza e la morte di essi, uomini, donne e bambini, che hanno lasciato le loro case in cerca di una vita migliore. Ho sentito, e credo che molti di voi abbiano fatto la stessa cosa, storie dai campi di detenzione in Libia. Quando parliamo ai migranti o ai lavoratori di aiuto a Lampedusa, sentiamo cose che nessuno dovrebbe sentire e che nessuno dovrebbe vivere”. Per cercare di fare il punto sulla situazione, soprattutto sulle scelte percorribili intraprese, abbiamo contattato la Commissione Europea. A risponderci è Catherine Ray, portavoce per Politica estera e sicurezza, aiuti umanitari e gestione delle crisi, cooperazione e sviluppo internazionale.

– Dopo le politiche adottate dall’Italia e dall’Ue che hanno apparentemente bloccato i flussi migratori, quali sono le condizioni dei minori non accompagnati nei centri di detenzione migranti in Libia?
“Vorrei sottolineare che le condizioni in cui i migranti, compresi i minori, sono detenuti continuano ad essere spaventose e noi non possiamo chiudere un occhio. La priorità della nostra politica è quella di salvare vite, proteggere i migranti, e rompere il modello di business dei trafficanti e contrabbandieri di migranti con cui le persone che sono state portate in Libia e vengono poi intrappolate nei campi e nei centri di detenzione. L’Ue è profondamente preoccupata per questa situazione, e l’Alto rappresentante ha chiesto la chiusura dei centri di detenzione nella loro forma attuale”.

– Quali sono le politiche portate avanti dall’Ue e dai suoi partner?
“Negli ultimi mesi, abbiamo adottato una serie di misure per affrontare la situazione nei centri e aumentare la protezione e l’assistenza ai migranti vulnerabili, per rispondere con particolare attenzione alle esigenze dei bambini e in particolare proteggere le donne. È proprio per questo motivo che stiamo già lavorando a stretto contatto, non solo con l’Unhcr e l’Oim, ma anche l’Unicef, per aiutare i migranti. E tra loro i bambini non accompagnati. Siamo in costante collaborazione con le agenzie delle Nazioni Unite”.

– Ci può dire concretamente quali progetti avete intrapreso?
“Concretamente abbiamo adottato un programma del valore di 90 milioni di euro sotto il fondo fiduciario Ue per l’Africa, finalizzato appunto a fornire assistenza e protezione ai migranti vulnerabili in Libia, in particolare nei punti di sbarco e nei centri di detenzione, che viene realizzato dai nostri partner internazionali che hanno accesso ai centri, come l’Unhcr, Unicef e l’Oim. I loro servizi di assistenza e protezione nel quadro del programma comprendono ad esempio la documentazione, l’assistenza sanitaria di base e interventi di cassa base. È prevista assistenza mirata e specifica per la protezione dei bambini quando tenuti in stato di detenzione. Unicef rimane un partner importante in Libia per assicurare un adeguato rinvio ad un centro di cura di transizione, seguito con la fornitura di servizi adeguati, tracciare la famiglia, migliorare la valutazione di interesse e determinazione, e di conseguenza di riferimento per il rimpatrio o reinsediamento, se applicabile”.

-State lavorando per l’apertura di vie legali in Europa per coloro che necessitano di protezione internazionale?
“Si tratta di una parte importante del nostro lavoro per aiutare i più vulnerabili e impedire alla gente di finire nelle reti di trafficanti criminali. Abbiamo lavorato con successo con gli Stati membri nel corso degli ultimi anni per aumentare gli sforzi di reinsediamento e per fornire percorsi sicuri e legali in Europa. Più di 22.500 persone sono state reinsediate verso l’Ue finora dal luglio 2015. Nel mese di luglio, abbiamo lanciato un nuovo programma di reinsediamento per il 2018 e abbiamo invitato gli Stati membri ad informarci su quanti rifugiati sarebbero disposti a reinsediare nel corso dell’anno successivo. La Commissione sostiene il reinsediamento di ogni persona con 10mila euro. Abbiamo già accantonato 377 milioni di euro per circa 37mila nuovi impegni di reinsediamento. Proprio oggi il presidente della Commissione europea ha dichiarato che “”Io sostengo l’appello dell’Alto commissario delle Nazioni Unite per il reinsediamento di altri 40mila rifugiati dalla Libia e dai paesi circostanti””.