Usa. Acciaio: più export per l’Europa

La revisione della Section 232 ha aperto uno spazio di crescita di 150mila tonnellate l’anno per l’Italia. Se ne è parlato nel webinar di siderweb “Section 232 addio: una nuova era per l’acciaio”.

Red –

La revisione della Section 232, che fino a dicembre 2021 ha imposto un dazio del 25% sull’acciaio esportato dall’Ue agli Stati Uniti, appare positiva per la siderurgia europea e italiana. Se saranno confermati i volumi storici, lo spazio di crescita potrà essere di circa 1 milione di tonnellate l’anno per l’Ue e di 150mila tonnellate per l’Italia. Lo ha spiegato Stefano Ferrari, responsabile dell’Ufficio Studi siderweb, nel webinar “Section 232 addio: una nuova era per l’acciaio”, che si è tenuto questa mattina.
Per l’Italia infatti la perdita di volumi conseguente all’introduzione della Section 232 nel 2018 era stata di circa 150mila tonnellate annue. Di queste, 40mila sono state appannaggio dell’acciaio al carbonio, 55mila dell’acciaio inox, 40mila dei tubi e 16mila degli acciai speciali. “Si notano, a fianco di una generale diminuzione dei volumi, alcune situazioni peculiari. In positivo – ha specificato Ferrari – si segnalano le esportazioni di barre a caldo, decuplicate nonostante la Section 232, di vergella inox (+180%) e di fili di acciaio al carbonio (+170%). Di contro, sono collassate le vendite di coils a caldo (-91%), lamiere a caldo e a freddo (-94%), coils rivestiti (-97%), vergella in acciai speciali (-98%), rotaie (-99%) e vergella di acciaio al carbonio (-100%)”.
L’accordo tra Stati Uniti e Ue per la revisione della Section 232 che è stato raggiunto lo scorso ottobre al G20 di Roma prevede, lo ha ricordato Carlo Muzzi, giornalista del Giornale di Brescia ed esperto di geopolitica, la rimozione dei dazi “su circa 5,5 miliardi di dollari di acciaio dell’Ue e 1,2 miliardi di dollari di esportazioni di alluminio dell’Ue”. Un’intesa che, ha chiarito Muzzi, è stata “costruita su misura per colpire la Cina a livello sistemico”, perché ha sancito, per esempio, anche «l’intenzione di negoziare una qualche forma di standard sul contenuto di carbonio sulle importazioni di acciaio e, allo stesso tempo, affrontare la sovraccapacità”, indirizzando la politica internazionale verso la sostenibilità, insieme alla volontà di USA e Ue di “rimettersi al tavolo per ridare forza al WTO”.
Secondo Paolo Sangoi, presidente di Assofermet Acciai, “lo smantellamento della Section 232 non porterà una variazione sostanziale nei flussi di acciaio dall’Europa agli Stati Uniti, visto che fino al 2023 sono previsti 3,3 milioni di tonnellate all’anno, che saliranno di un altro milione dal 2024”. “Più che una concessione degli USA – ha continuato – è stata una scelta interessata, perché alcune tipologie di acciaio europeo lì non si trovano”. «Sono rientrati i timori di un’energica attività di vendita europea verso gli USA – ha aggiunto –, con conseguente carenza di acciaio sul mercato continentale. I benefici maggiori potrebbero essere quelli per i prodotti della manifattura europea che utilizza acciaio”.
“Quella che l’Europa ha ottenuto – ha detto Flavio Bregant, direttore generale di Federacciai – è una piccola e parziale apertura sulla Section 232, che nella sua interezza resta ancora in piedi. Nel concreto, è un piccolo rilascio di quote. Si parte dai 3,3 milioni di tonnellate senza dazio concessi all’Ue, che per l’Italia significano 360mila tonnellate l’anno. Il che vuol dire che l’1,5% della produzione italiana può essere esportato negli Stati Uniti senza dazio. Il tutto con regole decisamente complesse, che non sono certo quelle della Salvaguardia europea”. Peraltro, ha aggiunto Bregant, i player italiani non starebbero sfruttando appieno questa apertura: “Siamo al 42% del trimestre ma i dati delle esportazioni negli Stati Uniti mostrano che viene utilizzato meno del 30% delle quote e, addirittura, nei piani l’1,7%”.