Venezuela. Fallisce attentato con droni contro Maduro

Ma resta la situazione economica disastrata: inflazione al 40mila per cento

di Guido Keller

Il presidente venezuelano Nicolas Maduro è scampato ad un clamoroso un attentato e per rassicurare il paese circa le sue condizioni di salute è apparso in diretta tv. L’attentato è stato clamoroso per la dinamica con cui si è svolto, dal momento che per far esplodere ordigni esplosivi contro di lui alla parata dell’81mo della fondazione della Guardia nazionale chi ha voluto colpire si è servito di droni. La deflagrazione è tuttavia avvenuta con troppo anticipo, per cui il presidente venezuelano è rimasto illeso, come pure dei 17mila militari che assistevano al discorso ne sono rimasti feriti solo sette.
Maduro ha dichiarato pubblicamente “di non avere alcun dubbio che l’estrema destra e Juan Manuel Santos siano dietro a quello che è accaduto”, ma dall’ufficio di Juan Manuel Santos è stato risposto che “Il presidente è concentrato sul battesimo di sua nipote Celeste e non sul rovesciamento di governi stranieri”.
Una rivendicazione è invece giunta dal “Movimento nazionale di soldati in camicia”, descritto sul proprio profilo Twitter come un movimento “di patrioti militari e civili, leali al popolo venezuelano che cerca di salvare la democrazia in una nazione sotto dittatura”. La giornalista venezuelana Patricia Poleo, autoesiliatasi negli Usa, ha letto sul suo canale YouTube un comunicato di rivendicazione del gruppo, il quale riporta che “Se lo scopo di un governo è raggiungere la maggior felicità possibile, non possiamo tollerare che la popolazione soffra la fame, che i malati non abbiano medicine, che la moneta non abbia valore, e che il sistema dell’istruzione nè istruisca nè ma solo indottrini al comunismo”. Il testo del comunicato ha poi invitato il popolo a scendere in piazza contro Maduro e il suo regime.
Maduro, che è stato riconfermato con le elezioni di maggio (da più parti sono stati denunciati brogli) e che ha voluto una riforma costituzionale che rasenta la formula dittatoriale e che ha esautorato il parlamento eletto nel 2015 dove non godeva più della maggioranza, continua tuttavia ad essere a capo di un paese disastrato economicamente e socialmente, con l’inflazione fuori controllo e sommerso dalle sanzioni dei paesi americani e dell’Unione Europea. Gli investitori esteri non arrivano per il timore di vedersi nazionalizzare le aziende (sempre in maggio è stato arrestato l’intero vertice della principale banca privata) e per sopravvivere il popolo assale i camion che portano i generi alimentari ai negozi; chi può fugge nei paesi confinanti le proteste sono represse dai “colectivos”, miliziani paramilitari sostenitori di Maduro che si sono distinti per l’efferatezza.
Da tempo l’agenzia di rating Standard & Poors ha dichiarato il Venezuela in default parziale, ma a lasciare di stucco sono i dati dell’inflazione, oggi data intorno al 40mila per cento, la contrazione del pil del 15% e gli stipendi che non arrivano ai due euro al mese, tutte cose che rendono fiorente la corruzione, il mercato nero e la criminalità. La corrente elettrica non è garantita nell’arco della giornata e gli uffici pubblici, comprese le scuole, funzionano solo alcuni giorni della settimana in quanto non ci sono soldi per pagare i dipendenti pubblici.
Una situazione di cui Maduro ritiene nella sua retorica infuocata responsabili gli Usa, ma in realtà siamo davanti al fallimento di una dittatura a causa di una classe dirigente incapace e inconcludente, evidentemente interessata solo a mantenere il potere. Verso la quale chi può e ha il coraggio cerca di ribellarsi.